A Bolzano la spesa per i farmaci è la più bassa d’Italia

Un livello di spesa farmaceutica tra i più bassi d’Europa, costi di gestione estremamente elevati e una conformazione geografica che rende spesso difficile la distribuzione.

I farmacisti della provincia di Bolzano, spiega il presente dell’Ordine Maximin Liebl, non possono certo vivere di rendita, ma hanno una fondamentale risorsa su cui contare: il turismo.

Maximin Liebl
Maximin Liebl

A che livello è la distribuzione per conto nel vostro territorio?

Dal punto di vista dei medicinali questa trasformazione è già stata ampiamente implementata; forse non abbiamo ancora raggiunto i livelli di altre regioni, come la Toscana, ma siamo a buon punto.

A differenza di altre zone, ciò che ancora non è stato attivato è la distribuzione dei presidi. Tempo fa è stata aperta una discussione su questo, ma per ora è stata abbandonata. Sicuramente grazie all’opposizione di Federfarma e dei farmacisti, ma soprattutto in virtù delle oggettive difficoltà del nostro territorio.

Quali sono queste difficoltà?

Innanzitutto ci troviamo nell’area con la minore spesa farmaceutica d’Italia, pari a circa la metà della media nazionale. Le cause sono ben note e sono legate alla cultura della popolazione di lingua tedesca che tende a fare il minor ricorso possibile alle medicine. È un fenomeno osservabile anche a livello europeo: sono infatti generalmente i paesi mediterranei a registrare i valori più elevati di spesa farmaceutica, mentre quelli anglosassoni raggiungono livelli drasticamente inferiori.

Inoltre è evidente che la particolare conformazione geografica crea dei problemi. La struttura montagnosa del nostro territorio fa sì che molte delle nostre farmacie siano di tipo rurale e si trovino dislocate in cima alle montagne o in fondo alle valli; posizioni nelle quali diventa evidentemente più difficile attuare la distribuzione.

A questo vanno aggiunti i problemi di carattere economico: i costi di gestione nella nostra zona sono superiori alla media, innanzitutto per il generale tenore economico della popolazione per cui i prezzi degli affitti e gli altri costi gestionali risultano più elevati del consueto.

Ma l’aspetto forse più critico, da questo punto di vista, è la grave carenza di personale in grado di lavorare nelle nostre farmacie. Questo è dovuto in primis al fatto che abbiamo il tasso di disoccupazione più basso d’Italia (e tra i più bassi d’Europa) per cui la ricerca di personale in qualsiasi campo è particolarmente complicata. Inoltre, nella nostra zona, un requisito essenziale è il bilinguismo per cui diventa difficile anche attirare professionisti da altre regioni. Questa estrema difficoltà nel trovare i giusti collaboratori si traduce, naturalmente, in un aumento dei costi perché, come in ogni settore dell’economia, in carenza di offerta, i prezzi salgono. Si tenga presente che, nella nostra provincia, le farmacie pagano ai propri collaboratori stipendi fino al 40% superiori alla media nazionale. Tutto questo evidentemente restringe i margini commerciali: in questo contesto, l’adozione del sistema in conto terzi anche per i presidi avrebbe potuto essere fatale per molte piccole farmacie.

Quindi le farmacie familiari, che hanno meno costi di personale, possono gestire meglio la loro attività?

Sicuramente le farmacie a conduzione familiare hanno dei vantaggi e, in ogni caso, il titolare di una farmacia nella nostra zona deve essere pienamente operativo e non può delegare la gestione della attività ai propri collaboratori. Da noi non è mai esistito il fenomeno per cui il titolare può seguire l’attività a distanza per lungo tempo proprio per la difficoltà e il costo di assumere collaboratori adeguati. Questo è particolarmente vero per le zone rurali, mentre il fenomeno si attenua un po’ nelle città come Merano e Bolzano.

Come Ordine, che iniziative avete intrapreso per affrontare questa situazione?

Da ormai quasi vent’anni abbiamo attivato un programma di sensibilizzazione e di educazione all’interno delle scuole del nostro territorio per illustrare agli studenti le opportunità offerte dal settore e invitarli a intraprendere questa carriera. In effetti, negli ultimi anni la situazione è sensibilmente migliorata anche se non è ancora del tutto risolta.

È una situazione quasi paradossale perché in molte zone d’Italia si vive invece la condizione opposta con una moltitudine di neolaureati in farmacia che faticano a inserirsi nel mondo del lavoro. Un recente progetto pilota condotto dal ministero della Salute ha permesso di verificare che, per la categoria del farmacista, esiste un forte eccesso di professionisti sul mercato e questa situazione è destinata a peggiorare col tempo. Anche perché si tratta di una professionalità che non offre un ventaglio di alternative particolarmente vasto: sbocchi professionali diversi dall’occupazione in farmacia (come l’insegnamento, l’industria farmaceutica ecc.) rappresentano in genere solamente un ripiego.

In questa situazione come riescono, le farmacie, a mantenere un sufficiente livello di attività?

Abbiamo una grande risorsa a nostro favore: il turismo. È un vantaggio importante soprattutto per le farmacie rurali che generalmente si trovano nelle zone più impervie ma più turistiche. Grazie al notevole incremento dell’attività durante la stagione turistica riescono infatti a compensare le carenze del resto dell’anno, anche perché si tratta di vendite che riguardano in gran parte prodotti con un buon margine come i farmaci OTC, gli integratori ecc.

Probabilmente, senza turismo, molte farmacie non riuscirebbero a sopravvivere.