Celiachia, etichette da leggere insieme

Etichette prodotti per celiaciL’analisi degli ingredienti è un momento informativo importante per il celiaco e in farmacia esiste la possibilità di fornire tutte le indicazioni opportune

Si parla tanto di etichette degli alimenti e a partire dal 14 dicembre 2014 è entrato in vigore il Regolamento europeo n. 1169 che ha reso più chiare (certamente più leggibili visto che è obbligatoria una grandezza minima per i caratteri stampati) le etichettature alimentari. Cogliamo lo spunto per parlare un po’ di etichettatura dei prodotti gluten free per celiaci insieme a Letizia Saturni, nutrition coach e docente presso l’Università Politecnica delle Marche nonché autrice del noto blog sulla celiachia focalizzando l’attenzione sugli elementi da valutare per la scelta migliore.

«Quando nel 2005 ho inaugurato il mio blog con la specifica categoria” etichettando”, occupandomi di prodotti senza glutine ero solita fare confronti tra le proposte delle varie aziende», racconta la nutrizionista. «Oggi credo che sia praticamente impossibile: il numero dei dietoterapici per ciascuna categoria merceologica sale vertiginosamente di giorno in giorno. Di conseguenza, credo sia inutile confrontare i vari prodotti credo, invece, sia più opportuno valutare le peculiarità di ciascuno cercando i punti di forza e i punti di debolezza. Questi ultimi saranno motivazione per il consumatore (che potremmo simpaticamente definirlo anche il co-produttore) al non acquisto e di contro spunti di miglioramento o cambiamento per l’azienda produttrice».

Il farmacista, una guida d’eccezione

Ma qual è il professionista che più di tutti può consigliare, educare e informare il celiaco in tema di acquisti consapevoli e salutari? Il medico o il nutrizionista forniscono sì le linee guida per una corretta alimentazione, ma non è certo loro compito valutare la qualità degli alimenti acquistati tutti i giorni dai loro pazienti. E certamente nella grande distribuzione non si trovano figure così specializzate come in una farmacia. «Il farmacista è il professionista per eccellenza che può accompagnare il celiaco nelle sue scelte, stimolandolo anche ad allargare i suoi punti di vista. Per esempio prendendo in considerazione gli aspetti ambientali», puntualizza Saturni. In effetti, già prendendo in mano la confezione di un prodotto si può valutare l’attenzione dell’ambiente dell’azienda produttrice. «Innanzitutto valutando se il contenitore è in materiale riciclabile, se la filiera produttiva valorizza i produttori locali oppure se per la produzione viene segnalato un risparmio energetico o idrico», spiega la nutrizionista. «E anche se l’acquisto non deve basarsi solo su questi elementi è però importante che il farmacista sia portatore di messaggi nuovi».

Un elenco da valutare

Passando all’elenco degli ingredienti, talvolta non è necessario leggere tutta la lista: «Insieme al cliente si può valutare la qualità del prodotto già dall’ordine di comparsa delle varie componenti,» specifica la nutrizionista. «Per esempio, se sto scegliendo una pasta o un pane, al primo posto voglio trovare le farine e non più gli amidi dei cereali perché oramai questi fanno parte di ricette obsolete nelle quali venivano utilizzati per dare consistenza agli impasti o per far sì che la pasta potesse essere trafilata». Peccato però che dal punto di vista nutrizionali gli amidi siano decisamente più poveri di importanti sostanze (vitamine, minerali, fibre) delle farine. Per non parlare del loro impatto notevole sulla glicemia. «Stesso discorso per i numerosi prodotti da forno senza glutine», continua Letizia Saturni, «se in una merendina al primo posto leggo zucchero, oppure mono e di-gliceridi degli acidi grassi, preferisco sceglierne uno che contenga farina al primo posto, anche se nel settore dolciario questi prodotti sono ancora pochi».

Un ulteriore passo avanti riguarda la valutazione del tipo di farina. Se mais e riso sono i cereali storicamente più utilizzati dall’industria alimentare, da qualche anno si sono affacciati cereali minori o pseudocereali con interessanti proprietà nutrizionali. È il caso di miglio, grano saraceno, quinoa, sorgo, teff, amaranto, per fare qualche esempio. «Senza entrare nel dettaglio sulla composizione nutrizionale di questi cereali senza glutine, la presenza delle loro farine tra gli ingredienti è certamente un fatto positivo», afferma Saturni, «tra l’altro con le farine anche la presenza di fibre naturali aumenta. «Un difetto “storico” degli alimenti senza glutine, in effetti, è sempre stato la carenza di fibra. «Perciò in genere venivano aggiunte fibre di sintesi», puntualizza la nutrizionista. «Attualmente, per fortuna, per arricchire di fibra i dietoterapici per celiaci si cominciano a utilizzare fibre naturali estratte da fonti vegetali come i legumi o gli ortaggi come barbabietola o cicoria». Va detto che le nuove formulazioni di paste prodotte non miscele di cereali e non più con gli amidi non hanno più bisogno di queste aggiunte. Passando ai grassi, altro noto punto debole del gluten free, in etichetta va specificato il tipo utilizzato. E come accade nel prodotto convenzionale sarà meglio scegliere oli migliori dal punto di vista nutrizionale preferendo ai grassi idrogenati o quelli tropicali gli oli vegetali provenienti da oliva o girasole, per citare i più conosciuti.

Agli ultimi posti dell’elenco degli ingredienti si trovano gli additivi, che dovrebbero sempre essere ben riconoscibili. «In etichetta si specifica la categoria di additivo, per esempio stabilizzanti o emulsionanti», spiega Saturni, «quindi si scrive il loro nome per esteso che può essere affiancato da una sigla, ossia l’identificativo di categoria. È importante ricordare che non può essere citato solamente l’identificativo e chi lo fa non rispetta il consumatore che non dovrebbe trasformarsi in esperto per capire cosa contiene un alimento».

Un’occhiata all’etichetta nutrizionale

Quella prevista dal Regolamento europeo è composta da sette elementi: calorie, proteine, carboidrati di cui zuccheri, grassi di cui saturi, sale.

«In generale si può dire che un’etichetta nutrizionale con più voci indica una maggiore trasparenza da parte del produttore, che in questo modo comunica attenzione nei confronti del consumatore, e in un certo senso, una maggiore attenzione per la sua salute. Il discorso sottinteso è: sappiamo che i grassi idrogenati fanno male e noi non li mettiamo!», sottolinea Letizia Saturni.

Probabilmente il valore più controllato dell’etichetta nutrizionale dal consumatore è il primo, ossia l’apporto energetico: «Il farmacista può stimolare la lettura anche di questa etichetta», sostiene Saturni, «senza per forza addentrarsi in discorsi troppo complicati. Per esempio mostrando che è meglio scegliere un prodotto nel quale i grassi saturi e gli zuccheri sono pochi. Secondo me, invece, possono essere fuorvianti per il consumatore indicazioni come Gda, Rda, o i valori energetici e nutrizionali espressi per porzioni o addirittura per pezzi.

Un non addetto ai lavori difficilmente sarà in grado di capire l’utilità di quelle informazioni, che lo porteranno magari a scegliere un prodotto meno calorico, ma più povero o sbilanciato dal punto di vista nutrizionale. Anche in questo caso il ruolo di informatore del farmacista è fondamentale».

Un ultima parola sul sale: nelle nuove etichette nutrizionali non si può più scrivere sodio, ma solo sale. Un consiglio facile da dare ai clienti per capire se il prodotto è “salato” è quello di moltiplicare il valore del sodio per 2,5 per trovare l’effettiva quantità di sale presente. E poi preferire il prodotto con meno sale, un ingrediente molto presente nel gluten free non solo nei prodotti salati, ma anche in quelli dolci «Il sale è usato come agente lievitante. E il celiaco, in genere, utilizza così tanti prodotti confezionati che diventa importante controllare la presenza del sale. Un discorso che diventa più serio specie per i bambini celiaci, la cui dieta “in scatola” è spesso risultata troppo ricca di sale, zuccheri e grassi», conclude la nutrizionista.

Barbara Asprea