Grazie alla campagna Diaday di Federfarma individuati 4.000 casi di diabete non diagnosticato

Il diabete è una malattia subdola di alto impatto economico sanitario e che sta dilagando in modo pandemico anche nel nostro Paese, come dimostrano i dati raccolti dalla prima campagna nazionale per lo screening del diabete effettuata dal 14 al 20 novembre nelle oltre 7.000 farmacie che hanno aderito sull’intero territorio nazionale.

La campagna, realizzata da Federfarma in collaborazione con Aild, l’Associazione italiana Lions per il diabete, e Sid, la Società italiana di diabetologia, con il patrocinio di Fofi, Intergruppo parlamentare Qualità di vita e diabete, Fenagifar (Federazione nazionale associazioni giovani farmacisti) e Amd (Associazione medici diabetologi), ha fotografato una realtà che vede, in sintesi, oltre 4.000 casi di diabete non diagnosticato e quasi 19.000 casi di prediabete. Sono cifre che confermano quanto subdolo sia il decorso della patologia e quanto importante sia riuscire a stanarla dall’inconsapevolezza dei soggetti che, sottoposti allo screening senza aver ricevuto in precedenza una diagnosi di diabete, si rivelano a rischio. Ciò consente di curarsi evitando l’aggravamento della malattia e le conseguenti complicanze. Anche da un punto di vista economico intervenire tempestivamente significa poi sostenere minori costi sia per il singolo che per il Servizio sanitario nazionale.

Come si è svolto lo screening: la metodologia

Ai soggetti è stato somministrato un questionario con alcune domande predittive del rischio di sviluppare il diabete nei dieci anni successivi (Diabetes Risk Score DRS, validato dalla comunità scientifica internazionale) ed è stata offerta una autoanalisi della glicemia usufruendo del kit (glucometro, pungidito monouso e strisce reattive) fornito gratuitamente dalle aziende produttrici che hanno collaborato al progetto. Grazie all’elaborazione online la farmacia ha potuto consegnare in tempo reale al cittadino il risultato del test e indirizzare i soggetti a rischio al medico di medicina generale, ovvero direttamente al centro diabetologico, rilasciando al cittadino una stampa dei risultati.

Valutazione del rischio di diabete

Nel questionario Diabetes Risk Score DRS il risultato è dato da un punteggio calcolato in base alle risposte a domande che riguardano lo stile di vita, le abitudini alimentari, la familiarità con la patologia e le caratteristiche personali (es.: età, misura del giro vita).

La finalità

Obiettivo della campagna è stata quella di individuare tre tipologie di casi: soggetti con diabete non diagnosticato, soggetti in condizione di prediabete e soggetti normali comunque a rischio di sviluppare la patologia nell’arco dei prossimi 10 anni.

Il monitoraggio

I soggetti monitorati sono stati per il 60% Donne e per il 40% Uomini.

La preponderanza femminile corrisponde anche a una maggior frequentazione delle farmacie da parte delle donne (sono loro che solitamente si occupano della salute di figli, anziani e coniugi, oltre che della propria).

I risultati

Casi di diabete

Sui 160.313 soggetti esaminati ne sono risultati diabetici 19.077 (11.90% del campione). Di questi, 14.662 sono persone che hanno dichiarato nel questionario di aver ricevuto una diagnosi pregressa di diabete; 4.415 sono persone che non sapevano di avere il diabete (pari al 3% dei soggetti che si sono sottoposti allo screening senza aver ricevuto in precedenza una diagnosi di diabete).

Casi di prediabete

Su 141.236 soggetti esaminati (cioè 160mila casi totali al netto dei 19mila soggetti diabetici), 18.881 persone sono risultate Prediabetiche (13.37%). Di queste, due terzi presentavano valori di glicemia a digiuno compresi tra 100 e 110 mg/dL; un terzo aveva la glicemia a digiuno tra 111 e 125 mg/dL.

Dati statistici

La condizione di prediabete interessa con moderata prevalenza le donne (53%) e in misura leggermente minore gli uomini (47%).

Il 2,57% dei soggetti risultati prediabetici ha meno di 34 anni. La percentuale è contenuta ma di enorme importanza perché queste persone, adottando opportuni comportamenti alimentari e stili di vita potranno in gran parte evitare di sviluppare il diabete a distanza di alcuni anni, quindi in età ancora giovane. La maggior parte delle diagnosi di prediabete riguarda soggetti ultrasessantaquattrenni (55,48%). Se si considerano anche le fasce di età 45-54 e 55-64 si osserva che oltre il 90% dei soggetti esaminati si trova in condizione di prediabete.

Di tutti i soggetti risultati affetti da diabete, il 64,07% ha più di 64 anni e il 19,63% ha tra i 55 e i 64 anni. Ma il dato più interessante è quello che riguarda i giovani adulti: l’1,95% dei soggetti con diabete ha un’età inferiore a 34 anni.

La patologia risulta equamente distribuita tra uomini (50,42%) e donne (49,58%).

La voce dei farmacisti

«Questa iniziativa di educazione sanitaria e di prevenzione sul territorio – spiega Silvia Pagliacci, presidente di Federfarma Perugia e, a livello nazionale, di Sunifar (Sindacato unitario farmacie rurali), che ha risposto alle nostre domande – è riuscita a far comprendere l’importante ruolo che le farmacie possono svolgere sul fronte della prevenzione. Le farmacie, infatti, come fari puntati sul monitoraggio della patologia diabetica, un fenomeno dilagante e che non deve essere sottovalutato viste le sue gravi complicanze, si sono adoperate quale strumento d’indirizzo dei soggetti a rischio verso il medico di medicina generale o direttamente verso il centro specialistico diabetologico, confermando attraverso la capillarità della propria rete, il ruolo primario di presidio per il SSN».

Un successo che fa ben sperare per il futuro dell’iniziativa?

Sì certamente, lo screening ha avuto un respiro nazionale ed è partito mostrando tutta la sua validità attraverso un monitoraggio che da nord al centro al sud dell’Italia nell’arco di soli 11 giorni ha coinvolto oltre 160.000 persone. Proprio perché grazie a questo screening oltre 4.000 persone possono cominciare a tenere sotto controllo il diabete, il’DiaDay’ si dimostra un appuntamento rilevante per tutto il nostro territorio.

Ci sarà bisogno di alcuni perfezionamenti ai fini di una standardizzazione dei dati?

Lo screening ha avuto sin da subito un sigillo scientifico che ne certifica la validità come strumento di prevenzione per la salute a livello nazionale. È a partire dalla scientificità che proseguiremo sulla strada del miglioramento di iniziative come il Diaday, volte alla prevenzione delle cronicità, secondo procedure e protocolli sempre condivisi.

Cosa dicono gli specialisti

«I dati – secondo Giorgio Sesti, presidente SID – confermano quanto già stimato in altri studi di popolazione, ovvero che in Italia vi sono circa 1,5 milioni di persone con malattia conclamata che ignorano di avere il diabete. Infatti, il diabete tipo 2 può restare per anni non diagnosticato e questo ritardo può causare danni gravi a livello del sistema cardiovascolare, dei reni e degli occhi.

«Il valore di una diagnosi precoce – aggiunge Paolo Brunetti, presidente AILD – risiede nella maggiore probabilità di prevenire o ritardare, con una terapia farmacologica instaurata tempestivamente, l’insorgenza delle complicanze cardiovascolari, oculari, renali e neurologiche che rendono temibile la malattia. L’indagine ha inoltre consentito di individuare circa 19.000 persone affette da prediabete (con glicemia compresa fra 100 e 124 mg/dl), pari a oltre il 13% della popolazione esaminata e una quota altrettanto notevole di soggetti che pur essendo normoglicemici (con glicemia <100 mg/dl) hanno un rischio elevato di sviluppare il diabete in tempi relativamente brevi. In tutti questi è possibile realizzare l’ambizioso obiettivo di prevenire l’insorgenza della malattia attraverso l’educazione a un corretto stile di vita sotto il profilo alimentare e motorio. L’età avanzata, la familiarità diabetica e l’obesità addominale appaiono i principali fattori di rischio per lo sviluppo della malattia.»

I risultati del DiaDay non toccano solo la sfera della salute individuale, perché evitare che il soggetto prediabetico diventi diabetico o che chi è diabetico sviluppi complicanze, fa risparmiare il Servizio sanitario nazionale, riducendo il numero dei ricoveri, delle analisi, dei farmaci.

Le voci istituzionali

«La prevalenza non solo del diabete ma in generale delle patologie croniche è aumentata del 50% negli ultimi 10 anni», osserva Paola Pisanti, coordinatore della commissione Cronicità del Ministero della Salute. «Questo pone sfide importanti a un Sistema sanitario nazionale costruito per risolvere soprattutto patologie acute. Dobbiamo quindi uscire dal paradigma ospedalocentrico e valorizzare le risorse esistenti sul territorio, creando una vera rete di sostegno per il paziente cronico, rete nella quale oltre ai medici specialisti, a quelli di medicina generale, ai pediatri e alle strutture assistenziali domiciliari e non, può giocare un ruolo importante anche la farmacia.

La farmacia, grazie alla sua diffusione sul territorio e ai continui rapporti con i cittadini, quindi, si inserisce nei processi informativi che permettono di conseguire significativi obiettivi in termini di prevenzione primaria e secondaria, secondo protocolli condivisi con le cure primarie e con la specialistica, anche per quel che riguarda l’aderenza ai trattamenti a lungo termine.

Pertanto il Piano nazionale della cronicità del 2015 ha proposto la sperimentazione di modalità di coinvolgimento delle farmacie nel percorso di prevenzione primaria e secondaria delle malattie croniche, in risposta ai recenti indirizzi sulla “farmacia dei servizi”, che permetterà di conseguire significativi obiettivi in termini di salute».

L’iniziativa di Federfarma per il senatore Luigi d’Ambrosio Lettieri, presidente dell’Intergruppo parlamentare “Qualità della vita e Diabete”, componente della Commissione Sanità del Senato e vicepresidente Fofi, «si presenta con l’immagine di una farmacia viva, vitale, efficiente e ben sintonizzata con una sanità che investe sul territorio, dove il farmacista è pronto a un nuovo ruolo da protagonista partendo dalle cronicità che sono la vera sfida della politica socio-sanitaria».

A conferma dei molti aspetti qualificanti della professione, il senatore Andrea Mandelli, presidente della FOFI ha sottolineato quanto il successo del DiaDay abbia innanzitutto messo in evidenza «la grande fiducia che il cittadino ripone nel farmacista, basata sul riconoscimento della sua disponibilità e della sua competenza. Ed è una conferma anche dell’importanza del ruolo che questo professionista, presente in modo capillare sul territorio, può svolgere nell’opera di prevenzione primaria e di educazione sanitaria e nelle campagne volte a intercettare le persone affette da condizioni di cui non sono consapevoli e che possono essere affrontate adeguatamente quanto più precoce è la diagnosi. Dobbiamo proseguire su questa strada, standardizzando le metodiche per ottenere dati e risultati incontrovertibili sotto tutti gli aspetti».