Farmaci scaduti: che cosa dispone la legge?

Farmacia e diritto, gli approfondimenti dell’Avvocato Valerio Pandolfini

Facciamo il punto della situazione normativa in tema di detenzione dei medicinali scaduti, in seguito alla modifica dell’art. 123 del Testo Unico delle leggi sanitarie

La Legge 11/1/2018, n. 3, di riforma degli Ordini delle professioni sanitarie (Legge Lorenzin), ha modificato l’art. 123 del T.U. leggi sanitarie (R.D. n. 1265/34) in materia di detenzione di medicinali scaduti nelle farmacie. La nuova regolamentazione, dettata con l’intento di depenalizzare la materia – e quindi di venire incontro alle farmacie – ha suscitato le perplessità, per non dire l’aperta contrarietà, degli addetti ai lavori e delle associazioni di categoria.

La depenalizzazione della detenzione di farmaci scaduti

Prima dell’intervento operato dalla riforma, l’art. 123 prevedeva l’obbligo del titolare della farmacia di curare che i medicinali detenuti non fossero ‘guasti o imperfetti’ – obbligo che, per costante giurisprudenza, comprendeva anche quello di non detenere farmaci scaduti – e l’inosservanza di tale obbligo integrava, sempre e comunque, il delitto di cui all’art. 443 C.p. La previsione costituiva per i titolari di farmacia una seria preoccupazione, poiché, per evitare di incorrere nel reato, occorreva conservare i farmaci in modo da escludere con chiarezza che fossero detenuti per il commercio, il che non era sempre agevole. La legge Lorenzin ha modificato la norma in questione, stabilendo che la detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500,00 euro a 3.000,00 euro “se risulta che, per la modesta quantità di farmaci, le modalità di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve, si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio”.

Dunque, per effetto della nuova norma, in caso di detenzione di farmaci scaduti è prevista solo una sanzione amministrativa pecuniaria, qualora si possa concretamente escludere che i farmaci (scaduti) fossero destinati al commercio, tenuto conto di tre elementi (che devono tutti sussistere):

  • la modesta quantità dei farmaci
  • le modalità di conservazione
  • l’ammontare complessivo delle riserve.

La detenzione di farmaci scaduti in farmacia è stata quindi depenalizzata – e assoggettata alla sanzione amministrativa – solo se ricorrono tutti i presupposti di cui sopra; altrimenti – cioè se non si può concretamente escludere che i farmaci scaduti siano destinati al commercio, alla luce delle circostanze di fatto sopra elencate – scatta in ogni caso il reato di cui all’art. 443 C.p.

Critiche e perplessità sulla nuova normativa

La nuova norma, come si è accennato, ha destato notevoli critiche e perplessità. In primo luogo, i parametri sulla base dei quali si può “concretamente escludere” che i farmaci scaduti detenuti in farmacia non siano destinati al commercio appaiono abbastanza vaghi e indeterminabili, prestandosi così a diverse interpretazioni discrezionali da parte degli organi giudicanti. Ad esempio: sarà sufficiente che i farmaci siano riposti in un contenitore con la dicitura “scaduti” per escludere la destinazione alla vendita (e quindi il reato)?

In secondo luogo, mentre in precedenza qualora fosse esclusa la destinazione commerciale dei farmaci scaduti non vi era alcun illecito (e quindi alcuna sanzione) in capo al titolare di una farmacia, ora scatta comunque una sanzione amministrativa pecuniaria. Ciò significa che le farmacie non possono detenere, neppure per un giorno, farmaci scaduti, anche se gli stessi, invece di essere posti in un cassetto del banco o in una vetrina del locale, siano accantonati – secondo le varie linee guida che individuano in modo puntuale la corretta gestione dei farmaci scaduti nelle farmacie, anche ospedaliere – in un luogo prestabilito, con la chiara indicazione che gli stessi non sono destinati alla vendita; tale accortezza vale infatti solo a schermare i titolari da responsabilità penale, non anche dalla sanzione amministrativa. Il che può essere ovviamente problematico, anche perché, in virtù delle convenzioni attualmente in essere con la società che cura lo smaltimento (Assinde), i farmaci scaduti possono restare di fatto vari giorni, se non mesi, nelle farmacie.

La prima sentenza sulla nuova norma

Sul nuovo testo dell’art. 123 TU leggi sanitarie si è pronunciato con sentenza n. 4538 del 22 marzo 2018 il Tribunale di Roma. Si tratta dell’unica sentenza finora edita che abbia applicato la nuova norma. I giudici capitolini si sono occupati del caso di un titolare di farmacia che aveva tre confezioni di farmaci scaduti in un armadietto, unitamente ad altri farmaci in corso di validità.

Il Tribunale ha assolto il farmacista, rilevando che “anche e non solo sulla base delle dichiarazioni rese dall’imputato vi è un dubbio circa la consapevolezza della presenza dei farmaci scaduti nell’armadietto… e circa la volontà di porli in commercio”; “il valore commerciale dei farmaci era peraltro basso e anche tale limitato valore dei prodotti, unitamente al loro limitato quantitativo in relazione all’ammontare complessivo dei farmaci non scaduti, porta questo giudice a ritenere la sussistenza di una condotta posta in essere per negligenza in assenza di qualsivoglia intenzione …di commercializzare i farmaci scaduti”. I giudici hanno quindi affermato che è “del tutto evidente che la condotta posta in essere (…) rientra tra quelle previste dal sopra indicato illecito amministrativo, così come è evidente che sulla base del principio di legalità degli illeciti amministrativi di cui all’art. 1 della legge n. 689 del 1981 l’imputato non può essere sottoposto a una sanzione amministrativa non prevista alla data di commissione del fatto. Ne consegue che (l’imputato) deve essere mandato assolto dal reato a lui ascritto”.

Come ha commentato anche Federfarma, la sentenza rappresenta senz’altro un precedente utile per fugare alcune perplessità interpretative che la nuova formulazione dell’art. 123 TU leggi sanitarie ha suscitato, anche se si dovranno attendere altre pronunce giurisprudenziali prima che si affermi un filone interpretativo sufficientemente consolidato sull’argomento.