La medicina di precisione entra in campo nella gestione terapeutica del diabete

Nel corso degli incontri nazionali di Matera con focus sul diabete, è stato proposto nei giorni scorsi un nuovo modo di curare la malattia: entra infatti in campo la medicina di precisione. La terapia contro questa malattia metabolica sarà sempre più personalizzata e coinvolgerà in modo armonico la medicina di base con quella specialistica.

L’orientamento clinico-terapeutico verso il paziente diabetico è cambiato; nell’ottobre del 2018, infatti, la Società di Diabetologia Europea e quella Americana hanno prodotto congiuntamente un documento di consenso che cambia in maniera radicale l’impostazione e la gestione dei malati: al primo posto vengono infatti le necessità di ogni singolo paziente. Esse sono personali e richiedono soluzioni terapeutiche differenziate e da valutare caso per caso tenendo conto delle specifiche patologie, (ad esempio arteriosclerosi, scompenso cardiaco, problemi renali cronici).

Scelta dei farmaci anche in base alle loro proprietà antiglicemiche

il Prof. Francesco Giorgino, Professore Ordinario di Endocrinologia e Direttore della U.O. complessa di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro – A.O.U. Policlinico Corsorziale di Bari, ha detto in merito: “a seconda dei casi vengono utilizzati farmaci di determinate classi. Emerge dunque una terapia sempre più personalizzata. La scelta del farmaco non è più legata solo alla necessità di correggere la glicemia, e quindi alla necessità di dover ridurre il valore di emoglobina glicata, ma considera anche le proprietà extra glicemiche dei vari farmaci, e quindi il fatto che alcune classi di farmaci si sono dimostrate efficaci anche a prescindere dalla riduzione della glicemia”. Poi ci sono anche i nuovi medicinali a disposizione. Nel corso del convegno “Le gliflozine nel diabete mellito: una visione sul presente e oltre gli attuali paradigmi di cura” tenuto a Matera dall’11 al 13 aprile e organizzato con il contributo non condizionato di Mundipharma, vari esperti della materia hanno fatto il punto sulla situazione attuale.

“I nuovi farmaci si sono rivelati utili sia per patologie cardiovascolari che per complicanze renali. Hanno rallentato la progressione delle principali manifestazioni delle complicanze nefrologiche: l’albuminuria, ossia la presenza nelle urine della proteina albumina, e la riduzione dell’azione dei reni” ha dichiarato il prof. Giuseppe Pugliese dell’Università La Sapienza di Roma. Il prof. Bruno Solerte, Professore di Medicina Interna all’Università di Pavia, ha anche aggiunto: “Le nuove molecole saranno in grado di modificare il concetto di irreversibilità, avviando verso la de-cronicizzazione delle malattie. È un obiettivo che necessariamente va perseguito, poiché l’economia mondiale presto non sarà in grado di sostenere i costi di queste malattie croniche. Proprio il diabete è il banco di prova per verificare i passi avanti della farmacologia”. Ma non ci sono solo buone notizie: “non esistono grandi armi per contrastare in maniera efficace le complicanze nefrologiche” conclude infatti il prof. Giuseppe Pugliese, Professore Ordinario di Endocrinologia all’Università La Sapienza di Roma. “E’ possibile ridurne la comparsa e la progressione, ma non eliminarla.