Leishmaniosi cutanea, come si manifesta e possibili terapie

Un flebotomo vettore di leishmaniosi
Un flebotomo vettore di leishmaniosi. Credits WHO/S. Stammers

La leishmaniosi è una zoonosi provocata da protozoi del genere leishmania rinvenibili praticamente in tutto il pianeta a eccezione dell’Oceania e dell’Australia; certi vertebrati, tra cui l’uomo, sono ospiti intermedi d’un ciclo che ha come vettori i flebotomi (o pappataci) i quali li infettano inoculando la forma promastigota, flagellata, del parassita; fagocitata dai macrofagi, questa si trasforma in amasti gota (senza flagello), l’unica capace di sopravvivere e replicarsi all’interno di queste cellule. Il ciclo si perpetua quando l’insetto-vettore succhia i macrofagi infetti col sangue di un animale parassitato.

Un flebotomo vettore di leishmaniosi
Un flebotomo vettore di leishmaniosi. Credits WHO/S. Stammers

L’uomo può contrarre la malattia con la puntura del flebotomo o, con maggiore probabilità, venendo a contatto col sangue d’un animale infetto, selvatico o domestico; il contagio è facilitato dall’immunodepressione, infatti, nelle forme cliniche più aggressive la leishmaniosi coesiste con l’HIV o si manifesta come infezione opportunistica in pazienti che assumono immunosoppressori.

Classificazione dei parassiti che causano leishmaniosi

La classificazione parassitologica distingue due sottogeneri di leishmanie: un gruppo cosiddetto del Vecchio Mondo (Leishmania leishmania) e uno del Nuovo Mondo (Leishmania viannia). La leishmaniosi prevale nelle regioni tropicali e sub-tropicali ma è endemica anche in Italia specie nelle aree costiere e sub-appeniniche del basso Adriatico, nelle isole e nella fascia tirrenica Toscana. Il nostro Paese è interessato da L. infantum presente con ceppi capaci d’instaurare sia la forma viscerale (più grave, mortale se non trattata) sia quella cutanea della patologia. In Italia dopo molti decenni di sostanziale quiescenza la leishmaniosi è adesso considerata riemergente ed è oggetto di monitoraggio da parte del ministero della Salute: ogni anno si registrano intorno a 200 casi totali con un’incidenza media di 0,2 casi/100 mila abitanti per la forma viscerale e 0,1 per quella cutanea. È senz’altro sotto-diagnosticata e in aumento per il cambiamento della diffusione interna della leishmaniosi canina, le infezioni contratte dai viaggiatori in Paesi a maggiore rischio e a causa delle recenti ondate migratorie.

La leishmaniosi cutanea è una forma benigna dovuta a ceppi dermotropici che parassitano i macrofagi cutanei determinando una o più lesioni papulari localizzate per lo più alle parti scoperte; queste evolvono in noduli e poi in ulcere a bordi rialzati. Possono superare i cinque centimetri di diametro e risultare deturpanti creando notevole disagio psico-sociale e compromettendo molto la qualità di vita (vedi fotografia).

Paziente pediatrico con leishmaniosi cutanea a Kabul-Afghanistan.
Paziente pediatrico con leishmaniosi cutanea a Kabul-Afghanistan. Credits WHO/C.Black

Guariscono, però, nel giro di qualche mese e le indicazioni dell’Oms sono per un approccio di vigile attesa verificando che non ci sia coinvolgimento delle mucose o di organi interni. Solo i casi più severi sono trattati con l’applicazione intermittente intra-lesionale, di antimoniali pentavalenti; la somministrazione sistemica di questi farmaci è invece riservata alle leishmaniosi muco-cutanee e viscerali a causa della loro elevata tossicità generale. Un’alternativa efficace, ma costosa, è l’amfotericina B liposomiale.

Gli studi sull’utilizzo di paromomicina in casi di leishmaniosi

La paromomicina è un antibiotico amino-glicosidico analogo strutturale della neomicina con spettro antibatterico sovrapponibile ma, per ragioni finora sconosciute, dotata rispetto a quest’ultima anche d’attività anti-protozoaria. Vari studi clinici, alcuni dei quali randomizzati e controllati con placebo, hanno dimostrato che in 2-4 settimane l’applicazione d’una pomata al 15 % di paromomicina permette un’elevata percentuale di guarigione delle lesioni impedendo che esse, senza intervenire, peggiorino e sfigurino i pazienti in via permanente: una cura facile, ben tollerata e di basso costo. A oggi solo una formulazione topica è stata brevettata e immessa in commercio in Israele, mentre altrove è indispensabile ricorrere alle preparazioni galeniche. Le forme orali commercializzate in Italia sono approvate per il trattamento delle amebiasi, delle infezioni intestinali sostenute da germi sensibili e per sterilizzare il lume, prima d’interventi chirurgici o come terapia coadiuvante nel coma epatico.

L’efficacia della paromomicina topica è influenzata dalla specie del protozoo, dal tipo di veicolo, dall’utilizzo di bendaggi occlusivi, dalla presenza di enhancer che facilitino la penetrazione nel tessuto necrotico, dallo stadio evolutivo delle lesioni.

La paromomicina da sola è attiva verso L. major (la più diffusa in Eurasia e Africa), mentre l’associazione con gentamicina (allo 0,5 %) o metilbenzetonio cloruro (al 12 %) sposta lo spettro anche verso leishmanie del Nuovo Mondo (L. braziliensis, L. panamensis e L. mexicana). La prima è considerata la più promettente in termini d’efficacia e tollerabilità perché l’altra induce frequenti reazioni irritative che hanno comportato l’abbandono della terapia. La gentamicina non ha azione leishmanicida, ma negli esperimenti in vivo e negli studi clinici potenzia l’effetto della paromomicina probabilmente attenuando la vitalità dei parassiti e rendendoli più suscettibili all’attacco da parte dei T-helper dell’ospite.

Crema di paromomicina al 15 %, da sola e associata a gentamicina 0,5 %

Uno studio clinico di fase III multicentrico, randomizzato, in doppio cieco con placebo, è stato condotto in collaborazione da ricercatori americani e tunisini (Università e Istituto Pasteur di Tunisi) per studiare efficacia e tollerabilità della crema di paromomicina al 15 %, da sola e associata a gentamicina 0,5 %. La ricerca è stata sovvenzionata dal dipartimento della Difesa americano (U.S. Army Medical Materiel Development Agency) e vi ha partecipato personale del Walter Reed Army Institute of Research; l’interesse dei militari si spiega col fatto che la leishmaniosi è una malattia professionale ad alta incidenza tra i soldati impegnati in zone d’endemia. Sono stati inclusi 375 pazienti con 1-5 lesioni da L. major randomizzati in due gruppi sperimentali e un gruppo-controllo (solo veicolo). Le lesioni sono state trattate una volta al giorno per 20 giorni e i pazienti seguiti per almeno 168 giorni considerando endpoint primario la guarigione della lesione-indice selezionata. Si intende guarigione la diminuzione almeno del 50% dell’estensione dopo 42 giorni, la completa riepitelizzazione a 98 giorni e l’assenza di recidive a 168 giorni. I risultati (Ben Salah A, Ben Messoud N, Guedri MDE et al. New England Journal of Medicine 2013) hanno mostrato una percentuale di cura del 81 % per la crema con paromomicina/gentamicina, 82 % per quella con sola paromomicina e 58 % per il gruppo-controllo trattato con solo veicolo. La terapia è stata ben tollerata senza segni di tossicità sistemica da ammino-glicosidici e con una modesta reazione infiammatoria registrata nei gruppi sperimentali rispetto al controllo e che è ritenuta parte del processo di guarigione.

Gli autori hanno concluso che la terapia topica è efficace e ben tollerata; l’associazione paromomicina/gentamicina sebbene non offra vantaggi tangibili rispetto alla mono-terapia nei confronti di L. major potrebbe invece essere preferibile per i protozoi del Nuovo Mondo che sono meno sensibili alla paromomicina da sola.

Composizione di alcune preparazioni topiche di paromomicina usate in studi pre-clinici e clinici sulla leishmaniosi

Paromomicina unguento
Formulazione n° 1:

 

Paromomicina (come solfato)           g          15

Metilbenzetonio cloruro                   g          12

Vaselina bianca filante USP  q.b. a   g          100

 

Formulazione n° 2:

 

Paromomicina (come solfato)            g          15

Benzalconio cloruro                          g          12

Vaselina bianca filante USP  q.b. a    g          100

 

Formulazione n° 3:

 

Paromomicina (come solfato)           g          15

Dimetilsolfossido                             g          12

Vaselina bianca filante USP  q.b. a   g          100

 

Preparazione: per diluizione geometrica dei componenti attivi nella vaselina.

 

Paromomicina crema
Composizione:

 

Paromomicina (come solfato)          g          15

Metilbenzetonio cloruro                  g          12

Base emulsionante*                         g          50

Parabeni                                         g          0.15

EDTA bisodico                                 g          0.07

Sodio metabisolfito                         g          0.01

Acqua depurata  q.b. a                    g          100

 

*Composizione della base emulsionante:

 

Alcool cetilico                                  g         13

Acido stearico                                  g         20

Paraffina solida                                g         5

Olio di vaselina pesante                    g         25

Glicerilmonostearato                        g         22

Vaselina bianca filante                     g         15

 

Preparazione della base: fondere i componenti su b.m. a 70°, omogeneizzare e raffreddare.

 

Preparazione della crema: fondere la base a 70° su b.m.; separatamente dissolvere i principi attivi e i conservanti in acqua a 70°e versare a filo la fase acquosa in quella oleosa agitando fino a raffreddamento dell’emulsione.

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