Aveva già suscitato un certo dibattito il subemendamento alla Legge di bilancio firmato da Giorgio Trizzino (M5S) e volto a tutelare la figura del farmacista all’interno delle società di capitale proprietarie di farmacie.

L’emendamento stabiliva che almeno il 51% del capitale sociale e dei diritti di voto fosse di farmacisti iscritti all’albo“Il venir meno di tale condizione – recitava l’emendamento – costituisce causa di scioglimento della società, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci farmacisti professionisti nel termine perentorio di sei mesi. In caso d’intervenuto scioglimento della società, l’Autorità competente revoca l’autorizzazione all’esercizio di ogni farmacia di cui la società sia titolare”. La proposta prevede inoltre, per le società già costituite alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio, l’obbligo di“adeguarsi entro e non oltre 36 mesi dall’entrata in vigore della medesima legge”.

L’approvazione di Federfarma e di Utifar

Plauso di Federfarma, il cui presidente Marco Cossolo affermava in un comunicato: «Appena eletto presidente avevo rappresentato, in una lettera indirizzata al precedente Governo, la necessità di garantire ai farmacisti la maggioranza nelle società di capitali. È questo infatti l’unico modo per far sì che il contributo professionale prevalga rispetto agli interessi economici. Non per niente analogo vincolo vige per altre categorie professionali, come avvocati e commercialisti, anche in proporzioni più solide».

Cossolo Marco
Marco Cossolo, presidente Federfarma

Sulla stessa falsariga i commenti di Utifar. , il cui presidente Eugenio Leopardi chiosava: «Al di là degli aspetti di sostenibilità economica e di occupazione, rispetto ai quali i farmacisti hanno sempre dimostrato di essere pienamente autosufficienti e di non necessitare di capitali esterni – ha precisato Leopardi – ciò che a noi di Utifar interessa maggiormente è il ritorno alla centralità della professione nella gestione delle farmacie».

Il disappunto delle catene

Immediata era stata anche la reazione di Hippocrates Holding, Admenta-LloydsFarmacia e Dr.Max. In una lettera aperta invita al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte e ai vicepresidenti del Consiglio, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, le società spiegavano che la misura “costituirebbe un passo indietro fondamentale rispetto all’evoluzione del settore delle libere farmacie creando al contempo una grave incertezza del quadro normativo tale da minare la capacità di stimolare e attrarre investimenti anche in altri settori“. “Il subemendamento – continua il documento – va infatti in direzione opposta rispetto a un trend che, come già successo a livello globale, vede le farmacie evolversi e arricchirsi (in termini di offerta, di servizi aggiuntivi, di fruibilità e di accesso digitalizzato) sotto la gestione di soggetti specializzati capaci di investire e valorizzare le professionalità che offre il settore al fine di garantire migliori servizi e facilità di accesso ai cittadini, e di raccogliere le nuove sfide proposte dalla stessa Amministrazione Pubblica (si pensi al Piano Nazionale della Cronicità) e rispondere a queste in senso fattuale e concreto. Realtà come le nostre, società italiane e multinazionali, hanno deciso di investire sul tessuto produttivo nazionale creando e mantenendo migliaia di posti di lavoro, e hanno già messo in campo grandi impegni e forti investimenti, palesemente non tenuti in considerazione dal subemendamento suddetto. Sono oltre 300 le farmacie che rischiano di non essere più sostenute da una società a seguito di questo provvedimento, oltre 1.500 i posti di lavoro che sarebbero in grande rischio, e ammontante a circa 500 milioni di euro il fatturato aggregato delle aziende del settore che andrebbe irrimediabilmente a contrarsi, con gravi effetti anche sulla contribuzione all’erario“.

La risposta di Cossolo

Alla lettera – firmata da Davide Tavaniello e Rodolfo Guarino, soci co-fondatori e co-CEO di Hippocrates Holding, Domenico Laporta, CEO di Admenta Italia – LloydsFarmacia, e Paolo Venturi, CEO di Dr. Max – arrivava, con un giorno di ritardo per non interferire nello svolgimento del dibattito parlamentare, la risposta di Marco Cossolo.

Ai soggetti interessati alle catene di farmacie che paventavano la messa a rischio di 1.500 posti di lavoro, il presidente di Federfarma ribatteva: «Tale allarme è strumentale: non mi risulta che esista alcun principio economico per il quale trasferendo parte della proprietà di una azienda si perdano occupati. Sono convinto che tutti i posti di lavoro oggi assicurati dalle farmacie private saranno mantenuti».

E invece un nulla di fatto

Il dietrofront sull’emendamento Trizzino, approvato nella notte del 4 dicembre dalla Commissione Bilancio, è arrivato nella serata del 5 dicembre durante il passaggio in Assemblea:su richiesta del PD, il presidente della Camera Roberto Fico ha espunto la misura, definita ordinamentale e non consentita quindi in legge di bilancio.

Resta il fatto che la questione relativa all’ingresso delle società di capitale in farmacia rimane critica per i farmacisti che sostengono di vedere come prioritaria, rispetto al profitto – obiettivo primario dei capitali – l’affermazione della propria professionalità, a tutela dei cittadini.