Recupero crediti: dalla messa in mora al pignoramento

Che cos’è un procedimento monitorio? Come si ottiene un decreto ingiuntivo e quali contromisure si possono mettere in atto in seguito alla notifica di un pignoramento? Rispondiamo a queste domande ponendoci nella prospettiva sia del creditore sia del debitore

La procedura di recupero del credito prende avvio con un atto di diffida ad adempiere e messa in mora: si tratta di una lettera che riepiloga le origini del credito e invita il debitore a provvedere al pagamento dello scaduto entro un determinato termine, assegnato dal creditore (solitamente di 10-15 giorni), con l’avvertimento che, in caso del protrarsi dell’inadempimento oltre detto termine, si procederà al recupero coattivo del credito.

In questa fase non è necessario l’intervento di un legale, anche se il più delle volte anche quest’attività sarà affidata a un avvocato, la cui azione può rivelarsi più efficace rispetto a quella, in proprio, del creditore.

Decorso il termine assegnato senza che il debitore abbia provveduto a saldare quanto dovuto, la procedura assume un connotato giudiziale. Il creditore deve munirsi di un ‘titolo’ per procedere al recupero coatto del credito, un provvedimento dell’autorità giudiziaria che attesta il suo diritto di credito: si tratta, quindi, di una sentenza o di un decreto ingiuntivo.

Il decreto ingiuntivo

Nella maggior parte dei casi il creditore presenta un ricorso per ottenere un decreto ingiuntivo. Si tratta di una procedura, detta anche ‘monitoria’, piuttosto snella, che consente di ottenere un titolo nell’arco di circa un mese (ma i tempi variano da tribunale a tribunale). In particolare, a fronte del deposito di documenti che comprovano il diritto di credito, il Tribunale (o il Giudice di Pace, se il credito è inferiore a 5.000 euro) emetterà  il decreto ingiuntivo con cui ordina al debitore di provvedere al pagamento del dovuto entro 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo stesso e lo condanna alla rifusione delle spese legali.

Taluni documenti hanno un valore probatorio rafforzato e consentono di ottenere un decreto ingiuntivo ‘provvisoriamente esecutivo’, con cui si ordina al debitore di provvedere al pagamento immediatamente, senza concessione del termine di 40 giorni; la provvisoria esecutività viene concessa nel caso di deposito di scritture di riconoscimento di debito, quando il credito si basa su atti notarili, cambiali o assegni e nel caso in cui la dilazione del termine di pagamento comporti il rischio di grave danno per il creditore (si pensi al caso del debitore che stia alienando tutti i suoi beni per vanificare le possibilità di recupero). Ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo, il debitore può decidere di opporsi ad esso, ad esempio nel caso in cui il credito o la prestazione da cui il credito ha avuto origine siano contestati oppure la somma dovuta sia inferiore; l’opposizione a decreto ingiuntivo dà il via a un vero e proprio contenzioso, con tempi (e costi) di un giudizio ordinario.

Nel caso il debitore non proponga opposizione al decreto ingiuntivo e l’inadempimento si protragga anche a seguito della sua notifica (e del decorso del termine di 40 giorni), il creditore procede alla notifica del precetto, un atto con cui chiede nuovamente il pagamento del credito, questa volta in forza del decreto ingiuntivo, assegnando un termine di almeno 10 giorni, decorso il quale potrà avviare la procedura esecutiva vera e propria.

L’avvio della procedura esecutiva

L’avvio della procedura esecutiva si ha con la notifica dell’atto di pignoramento che, a seconda dei beni aggrediti, si distingue in:

  • pignoramento mobiliare: riguarda i beni mobili del debitore, quali ad esempio arredi e automobili;
  • pignoramento immobiliare: ha ad oggetto gli immobili di proprietà del debitore;
  • pignoramento presso terzi: va a colpire i crediti vantati dal debitore anche sotto forma di depositi bancari.

In seguito alla notifica del pignoramento si aprirà una fase giudiziale che si concluderà con il pagamento del creditore mediante il ricavato dalla vendita dei beni sottoposti a pignoramento (in caso di pignoramento ‘mobiliare’ e ‘immobiliare’) oppure con l’assegnazione della somma pignorata (in caso di pignoramento ‘presso terzi’).

In caso di notifica di pignoramento mobiliare e immobiliare il debitore può chiedere la ‘conversione del pignoramento’: l’esecutato, cioè, può sostituire ai beni pignorati una somma di denaro, pari all’ammontare del debito comprensivo delle spese legali, che potrà versare anche ratealmente.

Si consideri che fra la notifica del pignoramento e la ripartizione della somma ricavata decorre un lasso temporale che va da alcuni mesi (per il ‘presso terzi’) ad anni (per ‘mobiliare’ e ‘immobiliare’, e ciò per via della necessità, nelle due ultime modalità, di procedere alla vendita dei beni).

Può quindi accadere che in pendenza della procedura esecutiva il debitore decida di presentare domanda di concordato preventivo; per effetto di questa scelta, la procedura esecutiva sarà sospesa fino all’esito del concordato e i beni oggetto di pignoramento saranno destinati al soddisfacimento di tutti i creditori. Si tratta, evidentemente, di una conseguenza che riflette il favor del legislatore per le ipotesi di ristrutturazione collettiva del debito rispetto alle procedure volte al soddisfacimento del singolo creditore.