Studio Gimbe sulle linee guida e le società scientifiche

Una qualità metodologica complessivamente accettabile – valutata attraverso l’aderenza agli standard del G-I-N – caratterizza le linee guida prodotte in Italia dalle società scientifiche, ma con l’importante eccezione della disclosure sui conflitti di interesse: un dato che è riportato solo nel 17% dei casi.

Un terzo circa (31,5%) delle 75 linee guida incluse nella valutazione finale dell’indagine della Fondazione Gimbe, inoltre, sono state prodotte da due sole società scientifiche: l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM, 33 linee guida) e la Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (SICVE, 9 linee guida).

Un paradosso tutto italiano

Un segnale, secondo chi ha condotto l’indagine, che le società che dispongono di un proprio manuale metodologico sono in grado di coniugare i metodi rigorosi con la produzione di risultati eccellenti.

«La legge sulla responsabilità professionale – ha puntualizzato il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – ha affidato un ruolo cruciale alle linee guida, ma dallo studio Gimbe emerge un paradosso che a breve termine ne condizionerà inevitabilmente l’applicazione: le linee guida prodotte dalle società scientifiche italiane potenzialmente utilizzabili sono oggi un numero esiguo e si concentrano in pochissime aree clinico-assistenziali».

Lo studio “Linee guida per la pratica clinica in Italia: qualità metodologica e gestione dei conflitti di interesse”
,è stato presentato nel corso di Evidence Live – evento internazionale che riunisce tutti i player coinvolti nello sviluppo, disseminazione e implementazione delle evidenze scientifiche a supporto della salute -, è stato condotto grazie alla borsa di studio “Gioacchino Cartabellotta” e sotto l’egida dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e del Guidelines International Network (G-I-N), la rete internazionale di organizzazioni che producono linee guida in oltre quaranta paesi.
L’idea dell’indagine, ha ricordato Cartabellotta, è nata nel 2016 durante la discussione parlamentare della legge sulla responsabilità professionale e si pone l’obiettivo di fornire alle Istituzioni un quadro oggettivo sul numero delle linee guida prodotte in Italia e sulla loro qualità, valutata in base all’aderenza agli standard G-I-N su metodologie di produzione e governance dei conflitti d’interesse.

I dati dell’indagine

La prima fase dello studio ha valutato esclusivamente le linee guida prodotte dalle società scientifiche italiane. Delle 403 società identificate, quasi l’80% (322) sono state escluse per le seguenti ragioni:

  • assenza di pagina web dedicata alle linee guida (289);
  • pagina delle linee guida ad accesso riservato (14);
  • link ad altri produttori internazionali di linee guida (13);
  • mancanza di sito web (6).

Sono stati 712 i documenti complessivamente censiti nel corso del progetto, di cui sono la metà (359, pari al 50,4%) sono stati identificati come linee guida prodotte da società scientifiche italiane. Nei restanti casi ancora una volta la parte del leone l’hanno fatta le linee guida di altri produttori internazionali (273), a cui si vanno ad aggiungere la presenza di file non accessibili (9) e di altri documenti (71). La valutazione finale ha csì potuto includere solo 75 delle 359 (21%) linee guida pubblicate nel 2015 e nel 2016.

La governance nazionale del processo di produzione di linee guida è stata affidata all’Istituto superiore di sanità, a cui spetta il compito di definire le priorità ed evitare duplicazioni, di favorire la produzione di linee guida multiprofessionali e multidisciplinari, di standardizzare i criteri di qualità metodologica e di definire le modalità di gestione dei conflitti di interesse. «Anche se le recenti novità normative e giurisprudenziali – ha evidenziato Cartabellotta – hanno rivitalizzato l’interesse per le linee guida in Italia, è indispensabile evitare un loro impiego rigido e strumentale esclusivamente a fini di tutela medico-legale, ma piuttosto utilizzarle sia come base scientifica per lo sviluppo dei percorsi assistenziali, sia come raccomandazioni per supportare decisioni cliniche da condividere sempre con il paziente».