Trust, successione e titolarità della farmacia: sentenze a confronto

Trust e farmacia
Sulla compatibilità del Trust con la disciplina speciale sulla titolarità della farmacia, i giudizi sono contrastanti

Farmacia e diritto, gli approfondimenti dell’Avvocato Valerio Pandolfini

Il Trust è uno degli strumenti utilizzati per mantenere o riacquistare la farmacia nel patrimonio familiare, ma sulla sua compatibilità con la disciplina speciale sulla titolarità della farmacia i giudizi non sono univoci

Trust e farmacia
Sulla compatibilità del Trust con la disciplina speciale sulla titolarità della farmacia, i giudizi sono contrastanti

La disciplina della gestione di un esercizio farmaceutico dopo il decesso del titolare della relativa autorizzazione – che ha costituito oggetto di diversi interventi legislativi, l’ultimo dei quali con la L. 27/2012 – si rinviene essenzialmente nell’art. 7, 9° e 10° comma, della L. 362/1991, e nell’art. 12 ultimo comma della L. 475/1968.

In base a tali norme, alla morte del titolare di farmacia, qualora i suoi aventi causa (coniuge o erede in linea retta entro il secondo grado) non siano già in possesso dei requisiti di idoneità per l’esercizio della farmacia (previsti dall’art. 12 della L. 475/1968), gli stessi sono obbligati a trasferire la stessa entro il termine di sei mesi dalla presentazione della dichiarazione di successione (quindi, di fatto, entro diciotto mesi, tenuto conto del termine di 12 mesi, concesso dalla legge per la presentazione della dichiarazione di successione).

La legge prevede quindi un periodo transitorio durante il quale l’erede può continuare la gestione, in regime provvisorio, dell’esercizio farmaceutico, sotto  la responsabilità  di un direttore (farmacista). In tale periodo, l’erede subentra non già nella titolarità della farmacia – dato che il diritto di esercizio della farmacia, derivante da un’autorizzazione, resta nel periodo di tempo sospesa – bensì nella proprietà e nel godimento dell’azienda sottostante, che l’erede può gestire in via provvisoria, in qualità di imprenditore e non di titolare del diritto d’esercizio.

Trascorso tale termine, nel caso l’erede non abbia conseguito i requisiti di idoneità alla gestione della farmacia, vi è l’obbligo di trasferirla a terzi e, in mancanza del trasferimento, l’amministrazione può avviare la procedura per l’assegnazione della sede vacante. Tale norma – ritenuta compatibile con i principi comunitari dalla Corte di Giustizia dell’UE, con sentenza del dicembre 2013 (cause riunite da C-159/12 a C-161/12) – impedisce quindi la conclusione di qualsiasi negozio che abbia come effetto quello di determinare la dissociazione tra titolarità ed esercizio della farmacia (sono quindi vietati, ad esempio, l’affitto e la concessione dell’azienda in usufrutto).

L’erede del farmacista deve, entro il menzionato termine:

  • o acquisire i requisiti soggettivi per la titolarità della farmacia (nel frattempo gestita con un direttore farmacista)
  • o trasferire a terzi l’azienda farmaceutica.

Peraltro, per l’erede privo dei requisiti per l’esercizio dell’attività farmaceutica al momento del decesso del farmacista, è sostanzialmente impossibile soddisfare l’esigenza di mantenere la titolarità della farmacia, essendo impensabile che in 18 mesi si possano conseguire i requisiti di idoneità.

L’utilizzo del Trust

L’istituto del Trust prevede che gli eredi del defunto farmacista, in qualità di disponenti, affidino a un soggetto terzo, idoneo alla gestione della farmacia, l’azienda-farmacia, designando come beneficiari finali colui o coloro che, nel termine stabilito nell’atto istitutivo del Trust, conseguiranno l’idoneità a gestirla.

Il Trust è un atto mediante il quale un soggetto (disponente o settlor) affida un patrimonio (c.d. Trust fund) a un altro soggetto (fiduciario o trustee) affinché quest’ultimo lo gestisca per il raggiungimento di determinati scopi e a beneficio di uno o più soggetti (beneficiari, che possono anche coincidere con il disponente), ai quali dovrà essere ritrasferito al termine del periodo indicato nell’atto costitutivo del Trust.

Il quesito da porre

Il Trust è compatibile con le norme (imperative) in materia di titolarità ed esercizio della farmacia, con particolare riguardo a quelle relative alla successione mortis causa?  La norma che regola il c.d. periodo transitorio impedisce, infatti, che la titolarità della farmacia rimanga in capo al medesimo gruppo familiare senza che vi siano i presupposti di idoneità, per un periodo superiore a quello previsto dalla legge, indipendentemente dallo strumento giuridico utilizzato.

La sentenza del Tar Lombardia

La costituzione in Trust di un’azienda esercente l’attività di farmacia è stata ritenuta legittima dal Tar Lombardia, Sez. Brescia, con sentenza del 30 luglio 2014. Nel caso oggetto di tale pronuncia, gli eredi del titolare, al decesso del padre, non avendo ancora conseguito i requisiti necessari per la prosecuzione dell’attività a causa della giovane età, avevano istituito un Trust nominando in qualità di trustee una società di persone abilitate all’esercizio dell’attività e quali beneficiari finali gli eredi del de cuius, al fine di gestire la farmacia fino all’ottenimento del titolo di farmacista del primo degli eredi e comunque non oltre il compimento del trentacinquesimo anno di età dell’ultimo degli eredi. I giudici amministrativi in tale occasione avevano ritenuto la disciplina di cui al menzionato art. 12 L. n. 475/1968 (che esclude appunto la possibilità di trasferire la gestione senza contestuale cessione dell’azienda) compatibile con l’uso dell’istituto del Trust, sostenendo che intestatario dell’esercizio conferito in Trust non è il Trust stesso (non essendo a quest’ultimo riconducibile la titolarità di posizioni giuridiche soggettive), bensì il trustee. Quest’ultimo assume infatti la piena titolarità della farmacia conferita in Trust, ancorché temporaneamente, e per tutta la durata del rapporto, la gestisce dal punto di vista sia commerciale sia professionale, assumendone la responsabilità del regolare esercizio, nel rispetto della deontologia professionale e della normativa in materia. Secondo il TAR lombardo, l’effetto ‘segregativo’ del Trust (cioè il fatto che la farmacia trasferita al trustee, non entra nel patrimonio di quest’ultimo) non era ostativo al riconoscimento della titolarità in capo allo stesso trustee, in quanto tale circostanza, al contrario, fornirebbe maggiore garanzia al sistema sanitario, dato che la farmacia e i suoi beni non possono essere aggrediti dai creditori personali del trustee.

La pronuncia del Tar Calabria

La sentenza del 28 dicembre 2018 del Tar Calabria (Sez. Reggio Calabria), è invece di diverso avviso. L’unica erede legittima di una farmacista, dopo essere stata autorizzata alla gestione provvisoria ereditaria della farmacia, poco prima della scadenza del periodo di gestione provvisoria, non avendo ancora conseguito la laurea in farmacia, trasferiva l’azienda farmaceutica istituendo un Trust, nel quale veniva designata quale trustee, titolare della farmacia e proprietaria dell’azienda farmaceutica, un’altra farmacista, e beneficiaria l’erede stessa.

L’atto costitutivo del Trust prevedeva che:

  • il reddito derivante dal Trust dovesse essere impiegato in favore dell’erede, quale unica beneficiaria, anche per soddisfare le sue necessità di studio, malattia o particolari esigenze della vita quotidiana;
  • il Trust dovesse terminare nel momento in cui l’erede disponente avesse acquisito i titoli professionali previsti dalla legge per divenire titolare;
  • al trustee, che era revocabile, era attribuito un compenso annuo;
  • sopraggiunto il termine finale del Trust (cioè il conseguimento del titolo di farmacista in capo all’erede), i beni in esso conferiti dovevano tornare in proprietà alla beneficiaria.

Il competente dipartimento della Regione Calabria aveva dichiarato l’intervenuta decadenza dalla gestione ereditaria per decorso del termine (allora decennale), ritenendo non ‘attuabile’ il trasferimento di titolarità e il diritto di esercizio in capo al Trust istituito dall’erede. Il Tar Calabria ha, sotto questo profilo, confermato l’opinione della Regione – sia pur assegnando all’erede un termine per regolarizzare la sua posizione – affermando che il Trust non era idoneo a garantire la coincidenza tra proprietà e gestione, richiesta dalla richiamata norma. Se, infatti, dal punto di vista formale, il trustee acquista la proprietà dei beni e ne diventa gestore, questi ultimi, benché intestati allo stesso trustee, non fanno parte del patrimonio di quest’ultimo, ma costituiscono una sorta di patrimonio separato, amministrato a beneficio del disponente, sulla base di direttive del disponente stesso, ed è destinato a tornare nella sua disponibilità. Quindi:

  • lo strumento utilizzato per trasferire la proprietà della farmacia in gestione provvisoria non era idoneo a garantire, se non sotto un profilo puramente formale, la coincidenza tra proprietà e gestione, in quanto finalizzato a evitare l’obbligo di vendere la farmacia a un soggetto abilitato a cui fossero trasferiti la proprietà e la gestione liberi da condizionamenti esterni e a riappropriarsi della proprietà, anche  formale, della farmacia  familiare, una volta  conseguito il necessario titolo;
  • il Trust utilizzato si traduceva di fatto in una proroga – non consentita dalla disciplina vigente – del termine per l’assegnazione provvisoria della farmacia.

Il Trust elude la normativa farmaceutica?

È evidente che lo scopo sottostante l’istituzione di un Trust consiste nel conservare (e se del caso, valorizzare) l’azienda farmaceutica ereditata dal disponente, per poi restituirla al medesimo, una volta che questi abbia conseguito l’idoneità all’esercizio della professione, al termine del Trust.

Se il termine è però più lungo di quello massimo consentito dalla legge, il Trust diventa sostanzialmente un mezzo per ‘parcheggiare’ l’azienda farmaceutica, che viene trasferita a un trustee – figura sotto questo profilo del tutto analoga a quella del direttore, prevista e imposta dall’art. 12, ultimo comma della L. n. 475/68 – per tutto il tempo occorrente all’erede per conseguire l’idoneità, eludendo la norma che vieta che la titolarità della farmacia rimanga in capo al medesimo gruppo familiare, in assenza dei presupposti di idoneità, per un periodo superiore a quello previsto dalla legge.

Va considerato inoltre che i redditi derivanti dall’esercizio dell’azienda farmaceutica sono fatti propri non dal trustee-farmacista (che riceve soltanto un compenso, assimilabile ad una sorta di stipendio), bensì dal disponente e dal beneficiario finale, in contrasto con la norma che, imponendo la coincidenza soggettiva tra titolarità della farmacia e diritto di esercizio della stessa, implica che il farmacista debba fare propri i redditi dall’esercizio dell’attività.

Sembra più rassicurante ricorrere, nelle fattispecie di subentro generazionale nella titolarità della farmacia  in presenza di eredi privi dei requisiti richiesti dalla legge per subentrare nella gestione della stessa, ad altri strumenti, già conosciuti dalla prassi, come:

  • la vendita sottoposta a condizione risolutiva (costituita dall’acquisizione da parte dell’erede, entro un termine prestabilito, dell’idoneità all’esercizio della farmacia prevista dalla legge);
  • il contratto di associazione in partecipazione, stipulato contestualmente alla compravendita della farmacia con prezzo rateizzato, in cui la provvista dell’apporto corrisponda al prezzo della compravendita.