Presentate lo scorso 18 maggio, in occasione del convegno organizzato dall’Italian Obstetric Surveillance System, le prime stime nazionali relative alla mortalità materna, che risulta diminuita da 11 a 8,3 decessi ogni 100 mila nati vivi nel periodo 2011-2019

Lo scorso 18 maggio, in occasione del convegno organizzato dall’Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS), sono state diffuse le prime stime di carattere nazionale sulla mortalità materna.

Dal 2011 al 2019, i dati hanno mostrato una riduzione dei decessi da 11 a 8,3 ogni 100 mila nati vivi. Se da una parte la riduzione testimonia l’investimento del nostro Paese verso un miglioramento della qualità di assistenza alla nascita, dall’altra l’analisi ha evidenziato una forte variabilità geografica con una situazione più sfavorevole nel Mezzogiorno.

La situazione per aree del Paese

La stima è difatti pari a 7,7 decessi ogni 100 mila nati vivi al Nord, 5,9/100 mila al Centro e 10,5/100 mila al Sud. È stato messo in luce che la maggioranza dei decessi a 42 giorni dal parto (55,1%), ha riguardato morti dirette, attribuibili a complicanze ostetriche. Tra queste l’emorragia ostetrica figura al primo posto per frequenza (37,1%), seguita dalla sepsi (13,9%), dai disordini ipertensivi della gravidanza (13,4%) e dalla trombo-embolia (11,9%).

Per quanto riguarda invece le cause indirette di morte materna, la patologia cardiaca si è posizionata al primo posto per frequenza, 28,8%, seguita da sepsi e suicidio materno, entrambe al 15,9% del totale decessi.

I dati sulla mortalità materna

L’analisi sui casi di morte materna, esaminati dagli esperti regionali e nazionali che ogni anno effettuano le indagini confidenziali, ha delineato i principali fattori di rischio: l’età materna pari o superiore ai 35 anni, il livello di istruzione pari o inferiore alla scuola media inferiore, la cittadinanza non italiana, l’obesità e il concepimento mediante tecniche di riproduzione assistita. La quota delle morti “evitabili” è risultata pari al 41% del totale, leggermente inferiore rispetto all’ultima rilevazione e in linea con quanto riportato in altri Paesi dotati di un sistema di sorveglianza avanzato.

Oltre alla riduzione della mortalità materna a livello nazionale, il rapporto ItOSS ha documentato anche una riduzione significativa delle morti materne dovute a complicazioni emorragiche nelle 6 Regioni (Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia) che hanno aderito e partecipato alle attività di ricerca fin dall’inizio della sorveglianza. Il numero di decessi per cause emorragiche nelle 6 Regioni è passato da 2,49 a 0,77 ogni 100 mila nati vivi.

Nascere in pandemia: uno studio internazionale

Durante il convegno sono stati presentati anche i dati di uno studio internazionale coordinato dall’International Network of Obstetric Survey Systems (INOSS), da quest’anno presieduto dall’Italia, in 8 Paesi europei durante i primi 10 mesi della pandemia da Covid-19.

L’incidenza di ospedalizzazione per Covid-19 è risultata pari a 0,77 ogni 1.000 gravidanze, con un valore compreso tra nessuna ospedalizzazione in Islanda a 1,9/1.000 nel Regno Unito (0,88/1.000 in Italia). Le diverse misure di contenimento della pandemia hanno avuto esiti diversi anche sui ricoveri in gravidanza, tanto che Paesi che hanno applicato misure più rigide, come l’Italia, hanno registrato minori esiti negativi in gravidanza rispetto a quanto accaduto in contesti come quello svedese, in cui sono state adottate misure meno restrittive per la popolazione.

Lo studio prospettico italiano

L’Italia ha contribuito al progetto grazie allo studio prospettico nazionale coordinato da ItOSS sin dai primi giorni di diffusione del SARS-CoV-2 nel Paese. Sono state arruolate oltre 11 mila donne in gravidanza positive al virus che si sono rivolte ai presidi sanitari.

In particolar modo nel Sud del Paese, a livello di assistenza alla nascita, molte donne hanno dovuto rinunciare ad avere una persona di fiducia in sala parto (in Italia, in media, solo il 37,5% delle donne ha avuto questa opportunità) e sono state separate dai propri bambini alla nascita, spesso senza poter praticare il contatto pelle a pelle. In media, l’81,1% dei bambini nati da parti vaginali e il 56,4% di quelli nati con cesareo ha potuto condividere la stanza con la mamma durante il ricovero; l’88% dei nati per via vaginale e il 71,9% di quelli nati con cesareo è stato alimentato con latte materno.

Il progetto ItOSS ha previsto anche la raccolta di campioni biologici delle donne con test positivo in gravidanza, per poter studiare la trasmissione materno-fetale del virus e la risposta anticorpale. La trasmissione del virus al feto in gravidanza è stata confermata come un evento eccezionale, mentre la presenza di anticorpi è stata riscontrata nel 45,2% dei campioni di sangue prelevati da oltre 400 mamme durante la gravidanza e nel 39,7% di quelli prelevati da oltre 500 mamme al momento del parto.

I dati raccolti tra gennaio e maggio 2022 hanno permesso di rilevare anche lo stato vaccinale delle donne arruolate nel progetto. Tra le donne per le quali tale informazione era disponibile, il 55% aveva ricevuto almeno una dose di vaccino, condizione più frequente tra le meno giovani e le più istruite. In linea con la letteratura internazionale, le donne vaccinate rispetto alle non vaccinate hanno avuto una riduzione significativa sia dei sintomi da infezione da SARS-CoV-2 sia della frequenza di polmonite e malattia grave da Covid-19.

I nuovi progetti ItOSS

A gennaio 2024 ItOSS avvierà un nuovo progetto sui near miss ostetrici, ovvero quelle condizioni di grave morbosità materna che portano la donna quasi alla morte. Il progetto includerà tutte le Regioni e prenderà in esame:

  • la cardiomiopatia, patologia cardiaca responsabile del maggior numero di morti materne indirette in Italia;
  • l’embolia polmonare, che è tra le prime cause di morte materna diretta e finora mai inclusa in un progetto ItOSS;
  • i casi che richiedono un secondo intervento chirurgico dopo un taglio cesareo o un parto vaginale;
  • l’isterectomia, l’asportazione chirurgica dell’utero a seguito di emorragia ostetrica.

Quest’ultima condizione verrà studiata anche nei Paesi del network INOSS, all’interno del più ampio studio prospettico di popolazione mai realizzato a livello internazionale su una condizione di grave morbosità materna.