I dati relativi al 2020 mostrano un numero di interruzioni volontarie pari a 66.413, confermando il trend di decrescita del fenomeno in atto dal 1983. Il tasso di abortività è risultato di 5,4 casi su mille, con una diminuzione omogenea in tutte le aree del Paese e uno dei valori più bassi a livello internazionale

È stata trasmessa lo scorso 8 giugno al Parlamento la relazione contenente i dati definitivi sull’attuazione della legge n. 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) relativa all’anno 2020. I dati sono il frutto dell’impegno congiunto di Istituto superiore di sanità, Ministero della Salute, Istat, Regioni e Province Autonome.

La relazione conferma un trend di decrescita in atto ormai dal 1983: i casi registrati sono stati 66.413, con una diminuzione del 9,3% rispetto al 2019. Il tasso di abortività,  l’indicatore più significativo, che considera il numero di interruzioni volontarie di gravidanza su mille donne in età fertile residenti in Italia, ovvero in età compresa tra 15 e 49 anni, è risultato essere pari a 5,4, con una riduzione del 6,7% rispetto a quanto riscontrato nel 2019. A livello territoriale si è registrata una diminuzione omogenea che ha interessato tutto il territorio nazionale.

Ivg e Covid-19

Durante il periodo dell’emergenza sanitaria da Covid-19, il Ministero della Salute, sin dagli albori, con le Linee Guida per la rimodulazione dell’attività differibile durante l’emergenza, ha identificato l’interruzione volontaria di gravidanza come un servizio indifferibile di ambito ginecologico, con una conseguente riorganizzazione tempestiva da parte delle Regioni.

Ivg e classi di età

Il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza nell’anno in esame ha mostrato una diminuzione in tutte le classi d’età, in particolar modo tra le giovanissime (tasso di abortività a 1,9). I tassi di abortività più elevati si sono confermati quelli nel target 25-34 anni, restando comunque significativamente più alti tra le donne straniere, che hanno continuano a mostrare tassi di abortività di 2 o addirittura 3 volte superiori a quelli delle italiane. Anche in questo gruppo, tuttavia, è stata osservata una diminuzione del tasso di abortività, risultato di 12 Ivg per mille donne nel 2020 a fronte delle 17,2 del 2014.

Anche considerando le donne che hanno avuto una precedente esperienza di interruzione volontaria di gravidanza, queste risultano in calo: 24,5% nel 2020. Anche qui tuttavia, il numero più alto interessa ancora le straniere (32,7%) rispetto alle connazionali (21,2%).

Ricorso al consultorio e intervento precoce

Ancora una volta il consultorio risulta la scelta preferita per il rilascio della certificazione necessaria alla richiesta di interruzione volontaria di gravidanza, messa in atto dal 43,1% delle donne.

Nel 2020 si è ravvisato anche un aumento degli interventi effettuati precocemente, e quindi meno esposti a complicanze. Il 56% è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione (rispetto al 53,5% del 2019), il 26,5% a 9-10 settimane, il 10,9% a 11-12 settimane e il 6,5% dopo la dodicesima settimana. In diminuzione anche i tempi di attesa, anche se risultano accentuate le differenze regionali.

Aborto farmacologico e obiezione di coscienza

Il ricorso all’aborto farmacologico ha interessato nel 2020 il 35,1% degli interventi. Anche qui tuttavia è risultata molto marcata la differenza regionale. In diminuzione, infine, anche l’obiezione di coscienza, che ha interessato nel 2020 il 64,6% dei ginecologi (erano stati il 67% nell’anno precedente), il 44,6% degli anestesisti e il 36,2% del personale non medico, con differenze anche molto significative di carattere regionale rispetto a tutte le categorie.