È spesso sottovalutata dal paziente che la considera un “disagio estetico”, un di più della vena varicosa. Invece la malattia venosa cronica (MVC), sottende diverse potenziali patologie, primo fra tutto intesse una stretta relazione con l’apparato cardiovascolare, aumentando il rischio per patologie specifiche (ictus, infarto) e mortalità per tutte le cause.

Il paziente va dunque educato a conoscere e riconoscere sintomi, anche preliminari e le implicazioni della MVC. Fondamentale la persa in carico precoce della malattia: sinergico il messaggio dalle maggiori società scientifiche, quali SIPAV (Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare) che si prendono a cura e a cuore la MVC e dei principali centri di diagnosi e cura diffusi sul territorio. Ciò a fronte di un dato preoccupante: solo una persona su tre sa di essere affetta da MVC e segue una corretta terapia.

Di che cosa parliamo

La MVC è caratterizzata da un alterato ritorno del sangue dalla periferia al cuore. Non adeguatamente inquadrata, riconosciuta e trattata, la MCV, per sua natura una patologia complessa, cronica, ingravescente, tende a progredire velocemente verso stadi più avanzati con un peggioramento importante del contesto clinico.

«In condizioni normali lo spostamento del sangue dagli arti inferiori verso il cuore avviene grazie alla pressione esercitata dai muscoli delle gambe e dall’arcata plantare, con un flusso unidirezionale assicurato dalle valvole venose. Quando questo processo viene alterato – ha spiegato Alberto Froio, professore associato di Chirurgia Vascolare, Università degli Studi di Milano-Bicocca Fondazione IRCSS – San Gerardo dei Tintori, Monza, in occasione del media tutorial “Le gambe una finestra sul cuore: nuove evidenze scientifiche sulla malattia venosa cronica”, organizzato da Servier Italia – il sangue refluisce attraverso i lembi valvolari provocando la dilatazione delle vene, sostenuto da un processo infiammatorio cronico. Nelle sue forme più severe la MVC può provocare gravi complicanze come edema, pigmentazione della pelle, eczema fino alla comparsa di ulcere e trombosi venosa».

Altri sintomi visibili sono teleangectasie e vene reticolari, formicolio, sensazioni pulsanti, prurito bruciore. Ad influenzarne l’insorgenza possono concorrere diversi fattori: familiarità, ovvero una predisposizione genetica; prolungata stazione eretta o seduta; eccessi alimentari, nello specifico il consumo esagerato di cibi grassi ed eccessivamente calorici, a fronte della carenza di fibre nella dieta che favorisce la comparsa di stipsi, a sua volta potenziale ostacolo per il ritorno venoso nelle gambe; alcool che produce vasodilatazione e disidratazione con possibili complicanze anche gravi (es. trombosi venosa); sovrappeso; esposizione al calore (stagione estiva, ambiente di lavoro caldo); alterazioni della postura e della deambulazione e tutte le condizioni che provocano un difettoso funzionamento della pompa vascolare, incluse patologie ortopediche come il piede piatto o malattie croniche del ginocchio o dell’anca che possono predisporre; utilizzo di abiti stretti e tacchi alti.

Gambe e cuore, quale relazione

Lo studio Gutenberg ha indagato, per la prima volta in una popolazione generale, la prevalenza dell’Insufficienza Venosa Cronica – stadio avanzato della MVC – e l’associazione tra questa e le comorbidità cardiovascolari (CV), dimostrando che all’aumentare della gravità della MVC è associato un aumentato rischio cardiovascolare, così come un aumento della mortalità da tutte le cause.

«Le evidenze scientifiche rimettono in discussione il pensiero convenzionale sulla separazione tra malattia venosa e arteriosa. L’osservazione delle gambe è fondamentale per diagnosticare la MVC e la presenza di vene varicose, edema, cambiamenti della pelle e ulcere devono essere considerate un potenziale campanello d’allarme di malattia cardiovascolare – dichiara Romeo Martini, presidente Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare – Ancora oggi il paziente con MVC viene avviato a un percorso diagnostico-terapeutico (PDTA) limitato alla sola patologia degli arti inferiori: occorre definire percorsi che prendano in considerazione i suggerimenti dello studio Gutenberg, ovvero prevedere ulteriori e semplici screening vascolari per i pazienti con MVC negli stadi più avanzati.

Un’anamnesi sulla familiarità per malattie cardiovascolari, la palpazione dei polsi arteriosi, la misura dell’indice pressorio caviglia/braccio e il dosaggio del colesterolo LDL possono essere facilmente eseguiti sul paziente con MVC evidenziando coloro a più elevato rischio cardiovascolare». I pazienti con MVC, infatti, possono andare incontro a importanti complicanze cardiovascolari: lo studio dimostra, per la prima volta che la MVC è un importante marker predittore di patologie cardiovascolari, come infarto e ictus.

Le strategie terapeutiche

Sono orientate verso più direzioni: l’impiego di calze elastiche a compressione graduata, da 23 a 35 mmHg può determinare un significativo miglioramento di dolore, gonfiore, pigmentazione della pelle (stadi più avanzati della MVC) e qualità di vita, se l’aderenza terapeutica è del 70-80%. La terapia farmacologica prevede il ricorso a farmaci venotropi, di origine vegetale o sintetica, in particolare flavonoidi (gamma-benzopironi), farmaci con frazione flavonoica purificata micronizzata (formulazione composta da diosmina e altri flavonoidi espressi in esperidina). I farmaci venotropi migliorano il tono della parete venosa, agiscono sul tono della parete vascolare e sul microcircolo capillare e linfatico ed esercitano effetti antinfiammatori. I flavonoidi ne supportano l’azione con proprietà antiossidanti (riduzione dello stress ossidativo e funzionando da scavenger dei radicali liberi.

Infine il trattamento chirurgico ed endovascolare, indicato in patologia avanzata con presenza di teleangectasie o varici. La chirurgia ablativa comprende interventi di safenectomia per stripping, crossectomia e la flebectomia. Una revisione di Cochrane ha confermato che i trattamenti eco-guidati endovascolari con laser o radiofrequenza o la scleroterapia eco-guidata con schiuma (scleromousse) sono efficaci quanto la chirurgia nel trattamento delle grandi vene varicose safeniche.