Paziente fragile e Covid-19

Positività, disponibilità al colloquio e calore umano sono solo alcuni degli atteggiamenti che è necessario adottare in farmacia nei confronti dell’anziano

La situazione difficile che si è creata in tutto il mondo impone una revisione complessiva dei nostri atteggiamenti verso il Covid-19. Pensavamo che le difficoltà che ci sono state imposte nella scorsa primavera sarebbero state un fattore protettivo, sia sul piano immunologico-epidemiologico sia su quello psicologico. Invece non è così, ci troviamo immersi in una nuova crisi, nella quale dobbiamo “nuotare” per evitare di essere sopraffatti, di affondare perché incapaci di sopportare la fatica di una condizione che colpisce pesantemente singoli e comunità.

In questa prospettiva ognuno deve impegnarsi, sia come cittadino che esprime attenzione e preoccupazione verso il bisogno dell’altro sia come professionista della salute, coinvolto in diversi ruoli nell’assistere, accompagnare e curare. In particolare, oggi la farmacia ha un ruolo importante, perché avamposto sempre aperto, privo di formalità burocratiche.

La preoccupazione del cittadino

La persona anziana è oggi colpita da messaggi che la impauriscono. Ha l’impressione che il mondo abbia adottato nei suoi riguardi atteggiamenti aggressivi e di scarso rispetto.
Così, spesso si lascia andare ai pensieri più disperati, che non riesce a condividere con nessuno, né in famiglia né fuori. In questo modo guarda al mondo esterno con occhi sempre più velati di aggressività, di rifiuto. È quasi una risposta naturale che l’anziano in queste condizioni venga rifiutato da tutti, che nessuno provi un minimo di empatia verso di lui. Di fronte a questi concittadini soli, disperati, che tendono a rifiutare ogni contatto e a essere rifiutati, cosa può fare il farmacista? Forse non molto, però, in situazioni disperate, anche il poco vale molto. Non deve diventare uno psicoterapeuta, deve capire che quel signore sempre silenzioso e poco tendente al sorriso che si presenta in farmacia è persona in grado di cogliere un gesto di apertura, un semplice sorriso. La ricetta può diventare strumento per iniziare una comunicazione, attraverso spiegazioni sulla somministrazione di un farmaco, sulla comparsa di effetti indesiderati, accompagnate dalla dichiarazione di disponibilità a ulteriori chiarimenti.

Il Covid-19 ha reso difficile il rapporto con il medico di famiglia. Se, invece, il farmacista fa comprendere la propria “presenza”, il fatto stesso rappresenta un dono inaspettato e gradito per l’anziano cliente.

Cosa consigliare nelle difficoltà

Nel corso della pandemia il farmacista deve essere sempre pronto a dare consigli perché, talvolta, né la televisione né i giornali sono in grado di farlo. Si pensi all’incertezza sull’esecuzione dei tamponi e sull’interpretazione dei risultati, alle modalità più efficaci per la disinfezione degli ambienti, sull’uso delle mascherine etc. Si pensi anche alla difficoltà di molti anziani nella rilevazione della saturazione d’ossigeno, un’operazione apparentemente semplice, che però richiede destrezza manuale, acuità visiva, capacità di interpretare il dato.

Rassicurare sulle cure

Le incertezze dei cittadini riguardano anche i trattamenti farmacologici per il Covid-19 e le prospettive future in questo campo. Anche se ancora esistono molte incertezze, il farmacista deve assumere nei riguardi del proprio interlocutore un atteggiamento costruttivo, informandolo sul coinvolgimento di molte importanti industrie a livello mondiale. Oggi vi sono indicazioni di trattamento anche nelle persone paucisintomatiche. Il farmacista deve spigarle con cura (perché l’antibiotico, perché l’anticoagulante, perché il cortisonico etc.), senza garantire protezione assoluta, rifacendosi agli studi più affidabili già pubblicati sulle maggiori riviste internazionali. Allo stesso tempo, deve trasmettere con serenità notizie indiscutibili sull’acclarata inefficacia di indicazioni terapeutiche (per esempio, la somministrazione di plasma prelevato da persone che hanno avuto la malattia, la clorochina, il remdesivir etc.).

A volte, il cittadino che entra in farmacia esercita la funzione di caregiver di un proprio caro rimasto a casa. È portatore di domande che non hanno ricevuto risposta, di incertezze (tra queste, il significato di alcuni sintomi, la somministrazione dei farmaci, l’alimentazione, le medicazioni, le problematiche cutanee e molte altre). Per dirimere un dubbio devastante (che ha disturbato per giorni il sonno del caregiver) basta una risposta sicura e accurata, nell’ambito delle conoscenze del farmacista e della sua cultura. Questi deve sapere che oggi imperversa internet, con le sue false informazioni, e deve anche essere consapevole che il suo prestigio e la sua preparazione hanno ancora un peso preminente nei riguardi dei cittadini alla ricerca di punti di appoggio nelle difficoltà. Forse, proprio quando le incertezze sono maggiori, una risposta tranquilla e serena acquisisce un’indiscutibile efficacia. Nel tempo del Covid-19 i cittadini si sono strettamente avvicinati alle loro famiglie, in queste circostanze il farmacista deve diventare “il farmacista della famiglia”.