Dal 22 giugno si potranno vendere prodotti contenenti monacolina solo se inferiore a 3 mg per dose: in Italia da dieci anni si utilizzava a un dosaggio in genere superiore. Il professor Cicero: «Più che per un trattamento dell’ipercolesterolemia andrebbero valorizzati per l’ottimizzazione dei valori di colesterolo»

Da 22 giugno su tutto il territorio europeo sarà vietata la vendita di prodotti contenenti monacolina da riso rosso fermentato con quantità uguale o maggiore a 3 mg. Lo ha deciso un regolamento (n. 2022/860) della Commissione Ue. Una decisione che apre a incertezze sul suo utilizzo futuro: da decenni veniva impiegato in Italia in formulazioni per integratori a riduzione dell’ipercolesterolemia.

Che cos’è la monacolina

La monacolina è una sostanza prodotta da un processo di fermentazione a temperatura e umidità controllata esponendo del comune riso bianco a dei funghi specifici, in particolare il Monascus purpureus, che, tramite un processo fermentativo, come quello che si elabora, per esempio, per produrre la penicillina, porta a un estratto che contiene diverse sostanze bioattive, tra cui alcune statino-simili. In sostanza il fungo “mangia” il riso fermentandolo e produce un pigmento che rende il prodotto rosso e alcune molecole ad azione ipocolesterolemizzante.

Di queste la più concentrata, e più farmacologicamente attiva, è la monacolina K, che ha struttura chimica quasi identica alla lovastatina. «Il riso rosso fermentato è presente sul mercato asiatico da tempi non databili – spiega Arrigo Cicero, professore associato di Scienze Tecniche Dietetiche Applicate presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Università di Bologna e presidente della Società Italiana di Nutraceutica -SINut–. Veniva utilizzato per sfruttare l’effetto colorante e perché nel processo fermentativo si creano sostanze antiossidanti che probabilmente avevano un’azione di tipo conservante.

L’impiego come ipocolesterolemizzante è molto più recente: da una ventina d’anni per il mercato italiano. Il Ministero della Salute ne aveva autorizzato l’utilizzo molto prima che ci fossero regole della comunità europea, ma ne aveva limitato la presenza negli integratori a una quantità di 3 mg per dose al giorno. Dopo circa dieci anni di commercializzazione del prodotto è arrivato un claim approvato dall’Efsa. L’ente aveva dichiarato che, per definirsi in grado di ridurre la colesterolemia, nell’uomo occorrevano 10 mg di monacolina per dose. Una decisione arbitratria, a mio parere, perché esiste in commercio il farmaco lovastatina a dosaggi di 20 mg: era un po’ come creare un mezzo farmaco, seppure di origine maturale. C’è stata così un’importante commercializzazione a questo dosaggio del prodotto in Europa, in particolare in Italia, per sfruttare l’health claim approvato da Efsa.

Alcuni hanno visto nel prodotto qualcosa di diverso da un integratore: la tipologia di produzione ricorda molto quello del farmaco, la struttura molecolare e il meccanismo d’azione sono quelli della statina. Qualche detrattore ha così sollevato dubbi sulla sicurezza e si è arrivati alla decisione della Commissione europea».

Effetti avversi solo sporadici

Sulla reale, effettiva tossicità a certi dosaggi della monacolina però si avanzano dubbi. «In realtà, guardando il rapporto tra i dati di utilizzo e l’incidenza reale di effetti collaterali raccolti dai sistemi di farmacovigilanza, i prodotti sono molto sicuri: la segnalazione di eventi avversi è estremamente sporadica, parliamo di casi singoli e neanche ben descritti. Da questi casi singoli è partita la campagna sulla potenziale pericolosità del riso rosso fermentato».

Che cosa succederà sul mercato?

I prodotti sul mercato con presenza di monacolina oltre i 3 mg dal 22 giugno saranno ritirati. Come si comporteranno le aziende? La monacolina a 3 mg riduce, secondo le stime, il colesterolo LDL di circa il 10-12%, un po’ più dei fitosteroli. I 10 mg davano risultati intorno al 20% (oggi le statine di seconda generazione arrivano al 40%). «Scendendo a meno di 3 devo aspettarmi una riduzione di efficacia, anche se non in maniera proporzionale. Se, cioè, da 10 mg passo a meno di 3 non significa che si avrà un terzo dell’efficacia: è probabile però che l’effetto si dimezzi».

Molti prodotti in commercio sono combinati con vegetali, qualcuno abbinato anche a probiotici. «Diverse aziende si stanno muovendo con formulazioni alternative, con l’aggiunta di sostanze attive: berberina, carciofo, bergamotto, probiotici specifici. Oppure stanno lavorando sulla qualità dell’estratto riso rosso (dove, in realtà non c’è molto margine di manovra), con estratti che vengono assorbiti meglio dall’intestino (esiste anche un brevetto italiano in tal senso). Chi ha mantenuto il dosaggio a 3 mg sarà facilitato perché non avrà un sostanziale cambiamento di effetto.

Medico, farmacista e paziente sono però abituati a certi standard di risposta. O abbassiamo le speranze di efficacia oppure occorre fare in modo che gli integratori a base di riso rosso fermentato vengano ricollocati non per un trattamento dell’ipercolesterolemia, come si stanno usando spesso ora, ma per l’ottimizzazione dei valori di colesterolo. Questo potrebbe ampliare il numero dei beneficiari più adatti all’impiego dei nutraceutici ipocolesterolemizzanti».