Il ruolo dell’enzima LRRK2 nell’insorgenza del Parkinson

Si chiama LRRK2 l’enzima che sarebbe coinvolto non solo nell’insorgenza della forma familiare del morbo di Parkinson, ma anche in quella delle forme più comuni e diffuse di Parkinson acquisito (Parkinson idiopatico). L’indicazione viene da una ricerca della Fondazione Ri.MED in collaborazione con l’Università di Pittsburgh e UPMC, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati su Science Translational Medicine.
L’enzima LRRK2 sarebbe coinvolto nella patogenesi del Parkinson a livello dell’accumulo intracellulare di forme neurotossiche della proteina alfa-sinucleina. Era già noto che le mutazioni a cui l’enzima è soggetto fossero alla base del Parkinson familiare, che rappresenta solo il 3-4% di tutti i casi della malattia. Le nuove ricerche del gruppo condotto da Roberto Di Maio hanno ora evidenziato che anche le forme non ereditarie di Parkinson mostrano un’attività anomala di LRRK2. Il morbo di Parkinson colpisce 230 mila persone in Italia e circa 10 milioni nel mondo (dati Ministero della Salute).

Nuove speranze per i pazienti

Si tratta di una scoperta rilevante che potrebbe consentire di espandere l’utilizzo di alcuni farmaci in via di sviluppo – in grado di bloccare l’attività enzimatica di LRRK2 e pensati inizialmente solo per alcune forme di Parkinson familiare – ad una ben più vasta popolazione di pazienti affetti da Parkinson idiopatico”, ha dichiarato Roberto Di Maio, che è assistant professor presso il Pittsburgh Institute for Neurodegenerative Diseases e principal investigator della Fondazione Ri.MED.
Alla base della ricerca vi è lo sviluppo da parte del team di una “sonda” molecolare luminescente in grado di rilevare i livelli di attività enzimatica di LRRK2 all’interno dei “neuroni della dopamina“, le cellule nervose più frequentemente colpite dal morbo di Parkinson. Si è potuto così determinare che l’enzima era altamente attivo in questo tipo di neuroni in assenza di mutazioni genetiche dell’enzima stesso, in esperimenti condotti sul tessuto cerebrale post-mortem di pazienti malati di Parkinson idiopatico. Tale tipo di attività non è, invece, stata riscontrata nel tessuto cerebrale proveniente da individui sani. “Ciò suggerisce che l’iperattività di LRRK2 può essere rilevante in tutte le persone con Parkinson, non solo in pazienti con la mutazione del gene”, ha commentato Di Maio.

La correlazione con l’alfa-sinucleina

L’alfa-sinucleina è anch’essa coinvolta nella comparsa della malattia di Parkinson in quanto, sia durante i normali processi di invecchiamento che in condizioni patogeniche, presenta la tendenza ad aggregarsi fino a formare strutture fibrillari, chiamate “corpi di Lewy”. Tali aggregati rappresentano un marker tipico dei neuroni della dopamina nei pazienti affetti da Parkinson.

Lo studio della Fondazione Ri.Med ha ora dimostrato un collegamento tra alfa-sinucleina ed enzima LRRK2: secondo gli autori, infatti, l’attivazione di LRRK2 sarebbe in grado di bloccare i meccanismi utilizzati dalle cellule per eliminare l’alfa-sinucleina in eccesso, portando di conseguenza al suo accumulo. Una sperimentazione nei topi con un farmaco sperimentale che blocca l’attività di LRRK2 ha mostrato l’assenza di accumulo di forme tossiche di alfa-sinucleina. “Questo fenomeno – ha commentato Di Maio – spiegherebbe come LRRK2 si associ a cause di sviluppo del Parkinson sia di tipo genetico che ambientale, tra cui lo stress ossidativo indotto da alcuni tipi di pesticidi o solventi, in grado di indurre neurodegenerazione parkinsoniana correlata all’accumulo di forme tossiche dell’alfa-sinucleina e alla formazione di corpi di Lewy nel cervello”.
I prossimi passi del team di ricercatori puntano propri a meglio capire le modalità con cui lo stress ossidativo e le tossine ambientali possono portare all’attivazione di LRRK2, per valutare la possibilità di prevenire la neurodegenerazione indotta dall’iperattivazione dell’enzima.