Vaccinazione antinfluenzale, il ruolo della farmacia

Un grande aiuto nel migliorare la copertura. Diversi ostacoli impediscono ancora di attivare questa utile pratica

Quella di potersi far vaccinare in farmacia contro l’influenza è un’annosa questione. Assume ancor più importanza in un’epoca di pandemia perché potrebbe migliorare la copertura vaccinale del vaccino antinfluenzale, semplificare la diagnosi e la gestione dei casi sospetti (dati i sintomi simili tra Covid-19 e influenza) e ridurre gli accessi al pronto soccorso. Non solo. Diffusione sul territorio, accessibilità, orari di apertura, non necessità di appuntamenti e rapporto di fiducia che si instaura rendono la farmacia un punto di riferimento per il cittadino.

Sembrano esserci, quindi, tutti i presupposti affinché i farmacisti possano essere chiamati a diventare figure professionali autorizzate alla vaccinazione. Tuttavia, attualmente solo a medici e infermieri è concesso di poter somministrare il vaccino.

Oltre alle problematiche legate al Covid-19, come la potenziale carenza di vaccini da acquistare in farmacia, il distanziamento sociale e le code vietate, la campagna antinfluenzale ha una nuova criticità connessa alla figura sanitaria che potrà effettuare la somministrazione. D’altro canto, la proposta di autorizzare anche i farmacisti potrebbe snellire il sistema, ma trova poco consenso tra i medici. Per questo si aspetta la risposta del ministero della Salute. Tuttavia, integrare i farmacisti della comunità nelle strategie di vaccinazione nazionali potrebbe alleggerire il carico di lavoro dei medici nonché snellire le procedure della campagna vaccinale antinfluenzale. Dopo un’adeguata formazione, anche i farmacisti potrebbero vaccinare soggetti che in passato non abbiano mai avuto una reazione avversa ai vaccini.

Nonostante questi presupposti, l’Italia continua a restare il fanalino di coda in Europa e  nel mondo, mentre molti Paesi stanno andando nella direzione del farmacista vaccinatore.

Una richiesta che non è una novità

L’allarme sull’esecuzione dell’immunizzazione è stato lanciato di recente da Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi). La potenziale soluzione proposta prevederebbe l’ingresso in campo proprio dei farmacisti, autorizzando la vaccinazione anche nelle farmacie.

Andrea Mandelli afferma che «non è da oggi che la Federazione sostiene che i farmacisti di  comunità debbano essere coinvolti nelle campagne vaccinali contro l’influenza stagionale, anzi. Nel 2017, in occasione della reintroduzione dell’obbligo vaccinale per l’infanzia, avevamo proposto gli spazi delle farmacie di comunità come sedi in cui il medico potesse effettuare le immunizzazioni, in previsione degli affollamenti e delle lunghe liste d’attesa che poi si sono verificati. Oggi la situazione è ancora più critica, visto che si dovrebbero vaccinare nell’arco della campagna 17-18 milioni di italiani e che non tutti i medici di medicina generale dispongono di spazi adeguati a far fronte a un flusso sostenuto di pazienti».

«Non è certo una richiesta “stravagante”», aggiunge Mandelli. «Oggi 1,8 miliardi di persone in 36 Paesi possono contare sulle farmacie per le vaccinazioni, per quella antinfluenzale, in alcuni Paesi anche per altre previste nella schedula nazionale. Non abbiamo avuto una risposta positiva, malgrado un ordine del giorno approvato alla Camera impegnasse il Governo a considerare questa soluzione». Mandelli evidenzia che l’opposizione da parte dei medici si basa sostanzialmente sul fatto che il Testo unico delle leggi sanitarie, un regio decreto che risale al 1934, vieta sia la presenza del medico in farmacia sia l’esecuzione da parte del farmacista. Per altro, in contraddizione con la legge n. 69/2009 sulla farmacia dei servizi che prevede la presenza del medico nella farmacia quando sia necessario lo svolgimento di campagne di educazione sanitaria, così come prevede la presenza dell’infermiere per lo svolgimento delle prestazioni professionali che gli competono.

«Se quello che manca è la modifica di una legge di oltre ottant’anni fa», sottolinea Mandelli, «promulgata quando nemmeno si immaginavano la telemedicina o i farmaci antivirali, non resta che cambiare la legge. Del resto, se la regione Lazio ha deciso di coinvolgere le farmacie nella campagna antinfluenzale, se da tempo Cittadinanzattiva chiede che le farmacie possano essere sedi vaccinali, se anche i rappresentanti degli infermieri hanno apprezzato questa proposta, credo che sia davvero giunto il momento di procedere in questa direzione. Il nostro Paese non può permettersi di fronteggiare contemporaneamente Covid-19 e un’epidemia influenzale. Per evitare questa situazione, il tempo stringe. Mi auguro che si possa a breve giungere a una soluzione che, nel rispetto delle competenze di ciascuno, apra anche la strada a una reale sinergia tra i professionisti della salute».

Un aspetto importante della professione

Alle parole di Mandelli fanno eco quelle del presidente di Federfarma servizi Antonello Mirone: «Ritengo che il ruolo del farmacista vaccinatore sia un aspetto importante della professione, in quanto permette di recuperare quella caratteristica che il farmacista ha trascurato e dimenticato. Ritengo, però, che ci vogliano regole chiare e precise sul tema, nonché una preparazione adeguata e un aggiornamento professionale che possa permettere al farmacista di praticare la vaccinazione. Questo è auspicabile che avvenga secondo direttive pubbliche da parte ministeriale o, quanto meno, dalle Regioni. Differentemente, viene lasciato libero arbitrio a ciascun collega con tutte le difficoltà del caso».

Mirone sottolinea come al momento in Italia la facoltà di vaccinare, che resta un atto medico, non sia data al farmacista mentre in altre nazioni europee è una pratica già diffusa. «Vorremmo che», aggiunge Mirone, «anche il nostro Paese si adeguasse al panorama europeo che oggi vede ben 14 nazioni che offrono questa opportunità, molto importante in un contesto pandemico come quello che stiamo vivendo. Auspichiamo che, nonostante le perplessità che possa sovrapporsi ad altre professioni, quella del farmacista possa evolvere verso attività di carattere più sanitario in un’ottica di territorialità della medicina, che deve assumere un ruolo fondamentale per evitare la congestione degli ospedali».

«Prendendo anche spunto dai Paesi europei», conclude Mirone, «dove al farmacista è concessa la facoltà di vaccinare solo soggetti che siano già stati vaccinati nel corso degli anni, per ridurre il rischio di reazioni allergiche, lasciando invece la prima vaccinazione al medico. Inoltre, la vaccinazione a opera del farmacista può anche rappresentare un correttivo utilizzabile per ridurre i rischi di una professione che deve evolvere in nuovi spazi. Quindi, tocca al farmacista investire in questa direzione per ricoprire un ruolo futuro».

La parola al Governo

Fofi, Federfarma e Assofarm confidano che il Governo possa consentire la somministrazione del vaccino antinfluenzale in farmacia, da parte del medico, dell’infermiere o del farmacista con modalità da concordare, nell’ambito delle misure dirette a fronteggiare il Covid-19 e, in particolare, per ridurre il rischio di sovrapposizioni dei sintomi del Covid-19 con quelli dell’influenza stagionale. Non va dimenticato che, infatti, gli oltre 65.000 farmacisti di comunità e le oltre 19.000 farmacie sul territorio rappresentano il primo presidio per capillarità e accessibilità. Una rete che è stata fondamentale nelle fasi più critiche dell’emergenza legata al Coronavirus: in questa occasione, infatti, i farmacisti si sono fatti carico di fornire tutta l’assistenza possibile, sopperendo anche alle difficoltà del sistema sanitario. La Federazione degli ordini dei farmacisti italiani ritiene opportune alcune precisazioni a seguito dell’intervento della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri) sull’approvazione dell’emendamento al “Ddl vaccini” che prevede la possibilità, per i medici, di praticare le vaccinazioni obbligatorie all’interno delle farmacie. Anzitutto, sostiene Fofi, non si tratta in alcun modo di un accaparramento di prerogative di altre professioni sanitarie, in quanto sarebbe comunque il medico a sovraintendere all’inoculazione. Situazione differente da quella britannica, per esempio, dove è il farmacista, in possesso di una certificazione, a praticare l’immunizzazione antinfluenzale, come previsto anche nella sperimentazione recentemente avviata in Francia.

In Canada, nella provincia del Quebec, nelle farmacie sono gli infermieri a praticare non solo la vaccinazione antinfluenzale, ma anche quelle contro epatite A e B e altre destinate alla profilassi dei viaggiatori.

La posizione dei medici

Nelle situazioni citate il coinvolgimento delle farmacie è stato motivato anzitutto dalla necessità di aumentare la copertura vaccinale a fronte di una situazione non ottimale.
«La proposta di Federfarma, Fofi e Assofarm sulla possibilità che i farmacisti somministrino vaccini antinfluenzali non ci trova d’accordo», così si esprime Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani, in una dichiarazione che rende pubblica la posizione di Smi. «Inoculare i vaccini è un atto medico o tutt’al più un atto infermieristico sotto supervisione medica», continua Onotri.

«C’è poi una grande differenza nella formazione e nel lavoro dei medici e quelli dei farmacisti. Il medico di medicina generale conosce i pazienti e le loro patologie, ha la capacità e le competenze per contenere le reazioni avverse se si dovessero verificare. Né tanto meno ci convincono proposte che puntano a portare i medici nelle farmacie, perché si rischierebbe d’incappare in possibili conflitti d’interesse tra il professionista, che deve prescrivere il farmaco, e chi è, invece, incaricato alla dispensazione dei medicinali».

«È vero, la norma che vuole evitare conflitti di interesse tra medici, prescrittori, e farmacisti, dispensatori, è del 1934, ma sinora ha retto», commenta il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli. «Si tratta, per la precisione, del combinato disposto dell’art. 102, regio decreto n. 1265/1934, dell’art. 45, regio decreto n. 1706/1938, dell’art. 1, decreto legislativo n. 153/2009. Se, però, vogliamo rivedere l’attuale organizzazione, questo non può essere a senso unico: tolto il divieto, il passo successivo sarà permettere ai medici, con la presenza di farmacisti, di dispensare i medicinali direttamente nei loro studi, evitando al cittadino il passaggio in farmacia. Cosa che già, in altri Paesi, viene fatta direttamente dal medico di medicina generale».

La farmacia dei servizi multiprofessionale

La Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi) è, invece, da sempre per la costruzione di una farmacia dei servizi multiprofessionale che venga incontro ai bisogni dell’utenza.

«Siamo convinti che la farmacia sia un avamposto identificabile e identificato dai cittadini», precisa Nicola Draoli, consigliere del Comitato centrale Fnopi, «che ha un valore strategico soprattutto nelle aree rurali e anche in quelle metropolitane, e che rappresenti, quindi, una risorsa per il territorio e il tessuto comunitario in generale. Abbiamo sempre dichiarato che gli infermieri sono pronti a collaborare con i farmacisti in una logica di équipe e di rispetto delle competenze. Sul tema gli ambiti di intervento proposti sono stati tanti e diversi e quello delle vaccinazioni rappresenta un importante supporto. L’infermiere potrebbe essere il professionista che vaccina all’interno del sistema della farmacia dei servizi. Quindi, si tratterebbe semplicemente di creare un percorso in cui infermieri e farmacisti collaborino per somministrare il vaccino in farmacia». Per Fnopi le questioni da redimere sono sostanzialmente due. «Una è capire, dal punto di vista quantitativo la disponibilità degli infermieri, in quanto, nell’ottica di farmacia dei servizi, l’infermiere ideale è un libero professionista che presta la sua opera. Questo è sicuramente il percorso più veloce e funzionale, anche se sono in atto piccole sperimentazioni con i dipendenti del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia, in questo momento la scarsità di risorse è un elemento rilevante. La seconda questione è stabilire un percorso appropriato dal punto di vista clinico-prescrittivo. Ovvero definire il tipo di vaccino, la coorte dei possibili vaccinabili all’interno delle farmacie, il triage anamnestico che identifica la persona da vaccinare. Non si tratta di problematiche insormontabili. In sicurezza, riconoscendo le competenze di tutti i professionisti coinvolti, aprire nuovi percorsi di cui oggi abbiamo più che mai bisogno rappresenta un atto di coraggio e di buon senso dovuto nei confronti dell’utenza».

La mancanza di collaborazione

«Ci spiace», dice Eugenio Leopardi, presidente Utifar – Unione tecnica italiana farmacisti, «che in questo particolare momento non ci sia stata la collaborazione dei farmacisti per la pratica vaccinale. Le diverse corporative sulle spalle del cittadino ci hanno lasciati molto perplessi. Le barricate sono state davvero molto alte e non credo che per quest’anno riusciremo a ottenere questo riconoscimento che, tuttavia, immagino arriverà automaticamente il prossimo anno perché i medici non si stanno rivelando alla loro altezza: c’è chi mette i vaccini in mano al paziente senza neanche un consiglio e chi si è fatto esentare dal vaccinare. Anche i pediatri vaccinano poco, per non fare entrare i bambini dentro gli studi».

L’opinione della farmacia di territorio

Quello della vaccinazione in farmacia è un problema molto sentito, sono diversi gli ostacoli che ne impediscono la soluzione. Tuttavia, come ha confermato Lucina Misenta, titolare della Farmacia S. Agata di Olgiate Comasco, chi opera sul campo vedrebbe di buon occhio una veloce soluzione.

«Ritengo un’ottima idea», ci ha detto Misenta, «seguire l’esempio di altri Paesi di offrire la possibilità ai cittadini, che in passato sono già stati vaccinati, di effettuare la vaccinazione in farmacia. È una pratica che rientra nel nostro concetto di farmacia del territorio e siamo abituati a fornire servizi anche a bassa numerazione. Questa opportunità aumenterebbe il numero di persone vaccinate in quanto la farmacia è spesso più accessibile ed è aperta otto ore al giorno. Inoltre, si eviterebbero lunghe code negli ambulatori medici».