Un territorio complesso, discontinuo e gravemente colpito dalla crisi economica. In questa situazione, racconta Paolo Diana, presidente dell’Ordine dei Farmacisti della provincia di Cagliari con un passato nel sindacato, in Federfarma e nel comitato centrale Fofi, i farmacisti hanno risposto con intraprendenza e caparbietà sviluppando spesso concetti ripresi anche a livello nazionale.
Come si caratterizza la vostra area?
Noi siamo un ordine interprovinciale che comprende le province di Cagliari, Carbonia-Iglesias, e Medio Campidano, in pratica l’area originale della provincia di Cagliari.
Si tratta di un territorio continuamente sottoposto a modifiche amministrative: a breve, per esempio, dalle 8 province attuali si passerà a 4 e forse solo alle due originali: Cagliari e Sassari. Nel contempo molte realtà comunali sono destinate a sparire; si parla di 30-35 paesi destinati a veder sparire le loro amministrazioni nel giro di vent’anni. Si tratta di realtà abbandonate: la politica, sia regionale sia nazionale, si disimpegna da queste situazioni. Numerosi comuni sono privi dei servizi essenziali: banca, posta, edicola, spesso scuole; non è nemmeno assicurata la presenza costante di un medico. In queste realtà i farmacisti rappresentano l’unico presidio, non solo sanitario.
Come si ripercuote questa situazione sulle farmacie?
Sul nostro territorio spesso esiste un forte divario tra farmacie rurali e quelle nelle città, come Cagliari. I piccoli paesi hanno un bacino di clienti molto ridotto (ci sono comuni dotati di farmacia con qualche centinaio di abitanti), la disponibilità economica è bassa e, oltretutto, vi sono meno servizi a disposizione: in alcuni casi, non solo manca la comunicazione adsl, ma anche le linee telefoniche ed elettrica possono subire interruzioni per diverse ore.
E oggi la situazione è resa ancor più complicata dalla crisi economica.
Che impatto ha avuto la crisi nella vostra area?
Da dieci anni a questa parte la situazione è pesantemente peggiorata e non riusciamo a venirne fuori; nel nostro territorio ci sono anche situazioni di povertà estrema, da oltre vent’anni. Il Sulcis è una delle zone più disastrate d’Italia, molte fabbriche hanno chiuso, la disoccupazione sotto i 30-35 anni è drammatica (secondo i dati Urbistat, il tasso di disoccupazione della provincia di Cagliari è pari al 17,8% NdR). E anche per chi lavora, si ricorre spesso a forme di assistenza: cassa integrazione, mobilità, ecc.
Peraltro non esistono o quasi forme di emigrazione perché è molto forte il legame dei cittadini sardi con il loro territorio e con la loro identità culturale. La “sardità” esiste (il tasso di migrazione della provincia è fermo al 3,2%, dato Urbistat).
Questo ha avuto ripercussioni importanti, soprattutto sulle farmacie rurali.
Io, da presidente di Ordine e a mia volta farmacista rurale, capisco queste difficoltà e, quando mi è capitato, ho messo in guardia alcuni colleghi che volevano aprire nuove sedi in frazioni molto piccole perché in questo momento è insostenibile. Anche le agevolazioni fiscali riservate ai farmacisti rurali non sono sufficienti, sono troppo esigue (l’indennità di residenza è pari a € 300 l’anno). Penso che circa una ventina delle 90 sedi a concorso straordinario in tutta la Sardegna siano impossibili da aprire.
La situazione in città, invece, è certamente diversa (anche se farmacisti” milionari” non ce ne sono). Cagliari, per esempio, ha 6 farmacie in sovrannumero e non se ne apriranno altre. Le uniche modifiche apportate in passato hanno riguardato solo una migliore distribuzione nelle varie zone della città con il decentramento delle farmacie.
Come riescono i farmacisti rurali a sopravvivere in queste realtà?
In effetti credo che con il fatturato registrato oggi da alcune di queste farmacie non si riuscirebbe a vivere in Lombardia o in Veneto; ma noi siamo abituati a vivere con moderazione e a sacrificarci. Vede: noi sardi, per carattere, non siamo abituati a piangerci addosso: cerchiamo di rimboccarci le maniche e trovare una soluzione, facciamo un altro buco nella cinghia, lavoriamo di più e andiamo avanti.
Inoltre, a costo di sembrare presuntuoso, vorrei dire che la farmacia dei servizi l’abbiamo inventata noi. Nei primi anni del 2000, di fronte alla crisi, le cooperative e la distribuzione del farmaco hanno deciso di rimodulare le attività delle farmacie cercando di andare incontro alle esigenze della popolazione: nell’offerta sono stati dunque inseriti alcuni servizi come il controllo della glicemia, gli esami di laboratorio ecc.
Anche la federazione ha sostenuto questa iniziativa, perfezionandone il concetto. Ora questa è considerata la farmacia del futuro ma noi siamo stati tra i primi a concepirla. Siamo anche stati chiamati a Roma davanti a politici e rappresentanti degli ordini per raccontare le nostre iniziative. Si tratta di un processo che, per carenza di risorse, non siamo probabilmente riusciti a portare a conclusione ma comunque, in tutta la provincia (ma forse anche in tutta l’isola), non credo ci sia oggi una farmacia totalmente priva di servizi.
Anche il concetto su cui poggia Credifarma era stato già implementato in Sardegna e siamo stati tra i primi a firmare la “centralizzazione dei pagamenti”. Prima di questa ogni Asl pagava a sé e i tempi di pagamento variavano in funzione della virtuosità della stessa con realtà molto puntuali e Asl “canaglia” che ritardavano fino a oltre un anno. Ora, invece, una sola Asl paga tutti e con gli stessi tempi.
In questi processi la provincia di Cagliari fa un po’ da apripista per poi diffondere le iniziative nel resto della Sardegna. È normale, trattandosi di capoluogo di regione e dato che in quest’area si accentra la maggior parte dell’attività politica dell’isola.
Vi sono anche opportunità specifiche offerte dal vostro territorio?
Sicuramente la Sardegna resta un paradiso per i turisti.
Il turismo è una risorsa fondamentale anche per le farmacie della provincia di Cagliari. Nel periodo estivo, in luoghi come Teulada o Santa Margherita o Villasimius, la popolazione si moltiplica anche per cinque o dieci volte rispetto al resto dell’anno. In questa situazione i farmacisti possono sfruttare la situazione (e lo fanno) soprattutto in questo periodo di crisi: alcune farmacie, anche molto piccole, riescono nei 3-4 mesi estivi, a supplire alle carenze del resto dell’anno. Tra l’altro anche la qualità del lavoro è migliore perché la gente in vacanza ha una predisposizione favorevole. E questo permette anche di impiegare qualche collaboratore in più: un aiuto importante con la crisi occupazionale in atto.
Per concludere, c’è qualche vostra iniziativa che le piacerebbe raccontare?
C’è un’iniziativa che mi preme ricordare ed è il fatto che siamo una realtà in Italia di Farmacisti Volontari. Si tratta di un’associazione a livello nazionale che fa anche parte della protezione civile e si attiva in casi di calamità naturali come il terremoto in Abruzzo o l’alluvione a Olbia e in Ogliastra. Sono anche in prima linea in occasione degli sbarchi dei migranti. Questa associazione ha una funzione sociale importante e rappresenta una forma di promozione del ruolo e della professionalità del farmacista. Fofi è uno dei principali sostenitori di questa iniziativa e 4 consiglieri dell’Ordine ne fanno parte (e uno di questi è vice presidente nazionale e io sono socio onorario).