In Italia, il peso delle malattie croniche è estremamente rilevante e costituisce una delle principali sfide per il sistema sanitario nazionale. Il 7,7% della popolazione adulta è affetta da diabete mellito, ma le stime più aggiornate indicano che, considerando anche i casi non diagnosticati, la prevalenza reale possa raggiungere il 20%. Questo significa che una persona su cinque potrebbe essere colpita dalla malattia, con ripercussioni importanti in termini di salute pubblica. Il solo diabete comporta un onere economico stimato in circa 14 miliardi di euro all’anno, secondo il 16° Rapporto Italian Barometer Diabetes Report del 2023.

Le malattie cardiovascolari, come l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale, restano la principale causa di morte in Italia, essendo responsabili di circa il 40% dei decessi annui. Il loro impatto sulla perdita di anni di vita in buona salute è altrettanto drammatico, e i costi diretti e indiretti associati si aggirano attorno ai 41 miliardi di euro all’anno, come riportato da HealthDesk nel settembre 2023.

Il cancro rappresenta un altro grande capitolo del carico sanitario nazionale. Nel solo 2023 si sono registrate circa 395.000 nuove diagnosi oncologiche nel Paese. L’impatto economico di queste patologie, che includono tumori della mammella, della prostata, del polmone e del colon-retto, è stimato in circa 21 miliardi di euro all’anno, secondo il rapporto “I Numeri del Cancro in Italia 2023” a cura dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM).

Infine, le malattie neurodegenerative, come la demenza di Alzheimer e il morbo di Parkinson, affliggono circa 1,2 milioni di italiani. Oltre ai pazienti stessi, si stima che oltre 4 milioni di persone siano coinvolte a vario titolo nell’assistenza quotidiana. Queste patologie rappresentano una vera emergenza sociosanitaria, con un impatto economico pari a circa 23 miliardi di euro all’anno, secondo l’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità.

Questi dati rendono evidente come la prevenzione e il controllo dei fattori di rischio delle malattie croniche rappresentino un’urgenza non solo sanitaria, ma anche economica e sociale.

Domande e risposte

Per rispondere a questa esigenza e promuovere una longevità sana, il Professor Valter Longo ha ideato la Dieta della Longevità (DDL), un modello alimentare fondato su solidi presupposti scientifici. La DDL è stata ideata infatti sulla base di cinque pilastri: la ricerca di base, l’epidemiologia, gli studi clinici, l’osservazione dei centenari e lo studio dei sistemi complessi. Ciascun pilastro fornisce evidenze complementari che, insieme, costruiscono un quadro coerente delle strategie più efficaci per rallentare l’invecchiamento e ridurre il rischio di patologie croniche.

La ricerca di base, condotta su modelli animali e cellulari, ha dimostrato che diete a basso contenuto di proteine e ricche in carboidrati complessi complessi possono ridurre l’incidenza di tumori nei topi, prolungando la loro aspettativa di vita. Parallelamente, gli studi epidemiologici – che seguono nel tempo ampie coorti di popolazione – hanno evidenziato come un’alimentazione ricca di vegetali, pesce, carboidrati complessi, olio d’oliva e frutta a guscio, ma povera di proteine animali, sia associata a una ridotta incidenza di malattie croniche e a una maggiore longevità.

Queste osservazioni trovano conferma negli studi clinici, dove si è rilevato che, tra i 20 e i 70 anni, una dieta prevalentemente vegetale e a basso apporto di proteine animali è in grado di ridurre significativamente biomarcatori dell’invecchiamento e di rischio per diverse patologie.

Inoltre, l’analisi delle cosiddette “zone blu” del pianeta – aree geografiche con alta concentrazione di centenari – offre un ulteriore riscontro: a Loma Linda (California), nella penisola di Nicoya (Costa Rica), in Sardegna, a Ikaria (Grecia) e a Okinawa (Giappone), l’alimentazione è tradizionalmente basata su legumi, frutta a guscio, cereali integrali, verdure e pesce, con un consumo molto limitato di proteine animali, grassi saturi e zuccheri raffinati.

Nella pratica

Sulla base dei cinque pilastri, la Dieta della Longevità si traduce in una serie di raccomandazioni alimentari e comportamentali mirate a ridurre il rischio di malattie croniche e promuovere il benessere a lungo termine. Essa privilegia il consumo di proteine di origine vegetale (legumi, frutta a guscio) e pesce, grassi insaturi derivati da fonti vegetali come l’olio extravergine d’oliva, un’elevata assunzione di fibre attraverso verdura e cereali integrali, nonché l’introduzione di carboidrati complessi.

A questi elementi si aggiungono due strategie alimentari legate al digiuno. La prima è il digiuno quotidiano di 12 ore, un regime semplice ma efficace: se la cena avviene alle otto di sera, la colazione dovrebbe essere consumata non prima delle otto del mattino successivo. Questo tipo di restrizione temporale ha dimostrato benefici nel miglioramento del metabolismo e della sensibilità insulinica.

La seconda strategia è rappresentata dalla Dieta Mima Digiuno (DMD), un protocollo nutrizionale a basso contenuto calorico, della durata di cinque giorni, da ripetere diverse volte durante l’anno, ideato per imitare i benefici del digiuno prolungato senza privare l’organismo dei nutrienti essenziali. Gli studi dimostrano che praticare la DMD alcune volte l’anno può contribuire a ridurre i marcatori dell’invecchiamento, migliorare il metabolismo e stimolare la rigenerazione cellulare, rafforzando la prevenzione delle principali malattie legate all’età.

Nella letteratura scientifica

Uno studio pubblicato su “Science Translational Medicine” nel 2017 dal team del Professor Longo ha evidenziato che la DMD contribuisce in maniera significativa alla riduzione del peso corporeo, della pressione arteriosa, della glicemia, dei trigliceridi e del colesterolo totale.

Più recentemente, un’altra ricerca del team del Professor Longo publicata su Nature Communications nel 2024 ha dimostrato che tre cicli annuali di DMD in soggetti sani sono in grado di ridurre la resistenza all’insulina, i marcatori pre-diabetici e l’accumulo di grasso epatico. In aggiunta, si è osservato un miglioramento delle risposte immunitarie e una riduzione dell’età biologica media di 2,5 anni, un parametro che si è rivelato più predittivo dell’aspettativa di vita residua rispetto all’età cronologica.

Tali benefici sono stati ottenuti senza modificare le abitudini alimentari quotidiane dei partecipanti, dimostrando così l’efficacia del protocollo DMD come strumento integrato e sostenibile nella prevenzione delle principali malattie legate all’età.

In sintesi, la combinazione tra un’alimentazione ispirata ai modelli delle popolazioni longeve e l’introduzione periodica di protocolli di digiuno controllato si configura come un approccio integrato, fondato su solide basi scientifiche, per promuovere la longevità in salute.

Come scorre l’orologio dell’Italia

In Italia l’aspettativa di vita media si attesta intorno agli 84 anni per entrambi i sessi, collocando il Paese al settimo posto nella classifica mondiale e tra i primi in quella europea. Questo dato positivo, tuttavia, cela una realtà più complessa: circa il 50% degli italiani tra i 65 e i 75 anni sviluppa una o più patologie croniche, tra cui malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, cancro e disturbi neurodegenerativi come l’Alzheimer e il Parkinson. Queste condizioni compromettono significativamente la qualità della vita e pongono una sfida crescente per il sistema sanitario nazionale.

L’invecchiamento rappresenta oggi il principale fattore di rischio per la perdita di anni di vita in buona salute. È quindi fondamentale chiedersi: possiamo fare qualcosa per rallentare questo processo? La ricerca scientifica degli ultimi decenni suggerisce di sì. Numerosi studi hanno evidenziato che abitudini alimentari scorrette possono accelerare l’invecchiamento biologico.

In particolare, un’elevata assunzione di proteine animali, zuccheri semplici e grassi saturi favorisce l’accumulo di grasso corporeo, incrementa la resistenza all’insulina e stimola la produzione di fattori di crescita e invecchiamento cellulare. Questi cambiamenti metabolici sono associati a uno stato di infiammazione e a un aumento del danno ossidativo cellulare, due condizioni ritenute centrali nei processi di invecchiamento accelerato.

Il risultato è un incremento del rischio di sviluppare patologie croniche e degenerative, tra cui il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari, il cancro e le malattie neurodegerative, con un impatto significativo non solo sulla longevità, ma soprattutto sulla qualità della vita.