Una professione “sfidante”, per le soddisfazioni quotidiane, i traguardi raggiunti e, soprattutto, per le criticità ancora da risolvere o con cui convivere. Le farmaciste, titolari di farmacia o dipendenti, sono la quota più rappresentativa della categoria, stimata a raggiungere punte del 70% sulla totalità dei professionisti del settore, entro il 20230.
Le farmaciste, dunque, sono una leva portante, per il presidio e per il servizio offerto al territorio, eppure non premiata dalle evidenze: le donne hanno, infatti, maggiori difficoltà ad affermarsi o a ricoprire ruoli di leadership rispetto ai colleghi farmacisti, hanno riconoscimenti economici e retributivi inferiori, faticano maggiormente a conciliare vita professionale e privata.
È quanto emerge dal rapporto “FIP women in science and education”, redatto dalla Federazione internazionale farmaceutica (FIF): una analisi che ha coinvolto 414 professioniste di sei regioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che evidenzia una importante dicotomia fra soddisfazioni professionali (personali) e barriere sistemiche, strutturali.
Parità di genere piena di ostacoli
Sottorappresentate nelle posizioni dirigenziali senior, sia all’interno delle farmacie che nel mondo accademico-universitario o in ruoli esecutivi nelle associazioni di categoria, minore trasparenza negli scatti di carriera, diversità di condizioni di lavoro, maggiori insicurezza nell’ambiente lavorativo, più esposizione a contesti e situazioni poco piacevoli.
Sono i rischi e le criticità cui le donne farmaciste si confrontano nell’ambito della propria professione: la compagine più ampia della categoria. Oltre il 60% dei laureati in farmacia, secondo le più recenti stime, sono donne, con punte del 75% nella regione OMS del sud-est asiatico e del 73% in Europa, ed entro il 2030 rappresenteranno quasi il 70% della forza lavoro del settore.
A queste, si uniscono poi le difficoltà di conciliazione lavoro e famiglia, eppure le farmaciste, per la gran parte, si dichiarano ampiamente appagate dalla professione, dichiarano di sentirsi realizzate (76,6%), comunque soddisfatte della propria posizione attuale (71%). Resta, tuttavia, una quota, pari a circa il 25%, delle farmaciste poco confortata dalla prospettiva, definita in alcuni casi “deprimente”, di dover trascorrere il resto della propria vita professionale nelle attuali condizioni di lavoro e su questa porzione di farmaciste, che costituiscono comunque una importante spia, va allertata e concentrata l’attenzione, da fronteggiare con azioni e adeguati provvedimenti.
Le maggiori criticità
- Retribuzione, conciliazione vita-lavoro, carriera, leadership, sicurezza sul lavoro: sono le aree più critiche con cui si scontra la donna nello svolgimento o nel corso della propria professione. Sempre in posizione di inferiorità rispetto ai colleghi farmacisti.
- Lato economico: minore e peggiore retribuzione. Poco meno del 72% delle farmaciste coinvolte nell’indagine stima che esista una parità di stipendio fra sessi a parità di ruolo, ma questa percezione si abbassa al 52% circa nella regione delle Americhe.
- Lato opportunità: minori avanzamenti di carriera per le farmaciste. È bassa la percentuale di professioniste, pari poco meno del 38%, che stima che le promozioni e la retribuzione conseguente, ma anche in un contesto più generale, siano trasparenti e, tale percezione, scende al 36% in merito alla valutazione di equità dei sistemi premio. Tra le criticità rilevate, inoltre, emerge la mancanza di mentorship, giudicata un freno per più del 40% delle professioniste. Incidono poi sulla professione, sia aspetti economici, tra cui i vincoli finanziari (43% circa), ma anche operativi, in primis carichi di lavoro eccessivi (37%), avvertito soprattutto nelle aree dell’Africa.
- Lato conciliazione: scricchiola la work-life balance. Si lesina il tempo da dedicare alla famiglia, stappato dalla professione: solo poco più della metà delle intervistate (52%) dichiara, infatti, di riuscire a “fare quadrare il bilancio” fra le responsabilità legate al lavoro e quelle familiari, con valori che si abbassano sotto il 50% in alcune delle aree valutate. Sono in particolare le farmaciste residenti in Africa e nel mediterraneo orientale a sentire il peso e la responsabilità maggiori nella cura di figli e anziani, rispettivamente pari al 31,6% e 20%. In Europa, invece, sono i bambini ad assorbire le maggiori attenzioni e a richiedere più cure (36,7%), a fronte anche sella mancanza, o dell’insufficienza di politiche alla genitorialità (maternità e paternità) e congedi speciali (21%).
- Lato leadership: un desiderio non realizzato. Le farmaciste non nascondono l’aspirazione di voler arrivare a ricoprire un ruolo apicale, di leadership (67%), soprattutto fra le professioniste africane (85% circa). Ma resta un desiderio “nel cassetto”: meno della metà (47%) si sente in grado di candidarsi per ruoli senior quando pronta, a fronte del 43% che ritiene che nel proprio ambiente ci siano sufficienti posizioni di vertice. All’incirca il 46% è dell’opinione che i colleghi maschi abbiano maggiori probabilità di occupare ed essere scelti per posizioni dirigenziali.
Lato sicurezza: aspetto da attenzionare. Poco protette e tutelate: quasi la metà delle intervistate (47%) vive in uno stato di allerta sul lavoro, poco sicuro, sentendosi esposta a rischi psico-sociali, possibile minacce o vere e proprie violenze, da cui la richiesta di politiche “di sicurezza” adeguate: disposizioni normative, un migliore supporto alla salute mentale e un maggiore riconoscimento dei carichi di lavoro eccessivi.
Le azioni da avviare
L’indagine di FIP è uno strumento di utilità per azioni estese alla categoria, intera, che attenzionino e convergano su più fronti: sicurezza, tutela, meritocrazia e che coinvolgano tutti gli stakeholder: policy maker, datori di lavoro e professionisti stessi.
FIP raccomanda di rafforzare le politiche di conciliazione vita-lavoro, promuovere culture aziendali positive e inclusive, garantire un adeguato numero di risorse interne alla farmacia per favorire la turnistica e alleggerire i carichi di lavoro, monitorare la soddisfazione delle risorse umane, garantire la sicurezza e l’equità della forza lavoro, condividere le buone pratiche a livello globale per ridurre le disparità.
Tali misure non sono solo una best practice per abbattere le barriere sistemiche e favorire la strutturazione di ambienti di lavoro equi e sicuri, ma un mezzo necessario alla sostenibilità e l’efficacia dell’intera professione.


