Se è vero – come è vero – che una delle strade per raggiungere il futuro della salute è rappresentata dai probiotici, risulta allora sempre più chiaro come serva muovere i passi giusti per imboccare al meglio questa direzione.
Tradotto, significa lavorare sulle potenzialità dei microrganismi vivi mettendo al centro dell’attenzione la qualità, la sicurezza e l’ampissima letteratura a disposizione.
Nello stabilimento Opella di Origgio, in provincia di Varese, percorso e strategia sono così chiari che sono questi tre – ribadiamoli: qualità, sicurezza ed evidenze scientifiche – sono diventati i tre pilastri del 1° Global Probiotic Summit, un appuntamento che ha riunito esperti internazionali di microbiologia, salute intestinale e professionisti sanitari per discutere del legame tra probiotici e futuro.
Azienda interamente dedicata al consumer healthcare, Opella è nota per la produzione di Enterogermina, che viene poi esportata in ben 55 Paesi nel mondo. Durante il lungo incontro, in parte aperto anche alla stampa, l’azienda ha così lasciato il microfono a esperti, stakeholder, ricercatori internazionali e professionisti sanitari che hanno quindi dato avvio a un processo di definizione di quelli che sono i criteri necessari per rendere un probiotico davvero efficace e sicuro e per valorizzarne il ruolo scientifico nella salute intestinale e, più in generale, nel benessere delle persone.
L’efficacia
I tre pilastri sono inevitabilmente intrecciati tra loro. Il rigore scientifico, per esempio, secondo Maria Chiara Uboldi, Scientific Affairs Head di Opella Healthcare Italy, si intreccia in maniera decisiva con l’esigenza di garantire la massima qualità di un prodotto: «In Italia, i probiotici sono disponibili sia come integratori sia come farmaci, ma ciò che conta davvero è la qualità. È essenziale per mantenere la fiducia dei consumatori e assicurare l’efficacia attesa. Attraverso rigorosi controlli e soluzioni clinicamente validate possiamo supportare i professionisti della salute nel guidare pazienti e consumatori con sicurezza e consapevolezza».

Efficacia che, come ha ricordato la prof.ssa Emilia Ghelardi, professore associato di Microbiologia e Microbiologia Clinica all’Università di Pisa, è poi a sua volta strettamente connessa con le “qualità” del probiotico stesso: «Le differenze tra ceppi, specie e formulazioni influenzano la capacità di colonizzare l’intestino, rafforzare la barriera mucosale e modulare l’infiammazione, con impatti significativi sul sistema immunitario. Solo microrganismi vivi, ben caratterizzati e correttamente formulati possono garantire un’efficacia costante e riproducibile».
Come si definisce la qualità
Che cosa vuol dire “qualità”? Durante il summit, gli esperti hanno fatto emergere alcune delle caratteristiche clinicamente rilevanti e necessarie per definire il valore di un probiotico:
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Resistenza ai succhi gastrici e ai sali biliari, per garantire la sopravvivenza fino all’intestino.
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Capacità di moltiplicazione intestinale, condizione necessaria per un’azione efficace.
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Comunicazione chiara e precisa, per rendere il self-care semplice e consapevole.
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Distinzione scientifica tra ceppi singoli e ceppi multipli, con impatti diversi sull’efficacia.
«Il tema della qualità die probiotici è alla ribalta – ha raccontato a margine Maria Chiara Uboldi, Scientific Affairs Head di Opella Healthcare Italy – Nel 2017, i dati sui probiotici in Europa erano inquietanti relativamente agli aspetti di qualità, in un mercato che tra l’altro arriva anche alla fascia di popolazione pediatrica. Per questo motivo abbiamo condotto noi degli studi su alcuni proboiotici nel mondo e food supplements che definiamo delle “copie” del nostro prodotto farmaceutico e sono emersi dati interessanti sulla composizione in termini quantitativi e qualitativi». Composizione che, come sappiamo, è estremamente rilevante perché quello che viene dichiarato in etichetta deve essere presente poi nel flaconcino.
«Ciò che si è visto – ha continuato – è un minor quantitativo rispetto a quanto dichiarato in etichetta ma la cosa più preoccupante è stato rilevare la presenza di contaminanti in alcuni prodotti: si tratta sempre di prodotti venduti in vari mercati all’estero».

Per questo motivo, l’attenzione di Opella è si focalizzata molto sul rapporto tra ciò che è scritto – e dunque “comunicato” – nell’etichetta e ciò che c’è realmente all’interno della fiala: «Abbiamo oltre 100 controlli di qualità sui nostri prodotti, sia farmaci che food supplements».
Un altro aspetto rilevante emerso dallo studio presentato nella sede varesina è la possibilità per le “copie” del bacillus clausii alla base dell’Enterogermina di avere antibiotico-resistenza.
Una parola, un concetto, un mondo che in questo caso non deve far paura, anzi. «È estremamente importante perché consente al probiotico di essere somministrato insieme all’antibiotico senza essere distrutto ma rimanendo dunque in grado di agire per prevenire e curare le alterazioni della flora dovute alla presenza del farmaco stesso».

A questo proposito, Uboldi ha poi spiegato come esistano altri due temi caldi: uno è l’antibiotico-resistenza non trasmissibile. «È estremamente importante che l’antibiotico-resistenza di un probiotico sia a livello cromosomico, perché così non può essere trasferita ai patogeni». Il secondo aspetto è che questi ceppi abbiano la resistenza che consente la somministrazione insieme agli antibiotici, «e dagli studi è emerso che questo non è sempre vero» ha concluso.
Il ruolo del farmacista
Per Enterogermina come per altri prodotti costruiti con probiotici e venduti sia farmaci che come integratori, la farmacia diventa inevitabilmente un output importante. Con il professionista del banco chiamato a un ruolo concreto di “educatore” e counselor capace di orientare i clienti-pazienti.
Qual è dunque il consiglio al farmacista da chi sta al di qui del banco, come Opella? Cosa va dunque osservato quando si tiene in mano la scatola di un probiotico? «Il retro della confezione – specifica Maria Chiara Uboldi – per capire esattamente la composizione in termini qualitativi e quantitativi, chi è il produttore, quali sono le indicazioni d’uso e anche il background scientifico di ogni prodotto: studi scientifici e linee guida che lo supportano. Come abbiamo visto, non tutti i probiotici sono uguali e ci sono grosse differenze attribuibili a ciascun ceppo».

Il consiglio del farmacista è dunque importantissimo, specie se si parla di probiotici. «Spesso collaboriamo con le farmacie per una parte di educazione. Di recente abbiamo anche svolto il primo studio sul farmaco condotto sulle farmacie italiane: siamo andati a vedere come fosse utilizzo del nostro prodotto nella real world evidence. In questi modo abbiamo dato al farmacista il ruolo di sperimentatore e di counselor che è estremamente importante per orientare i consumatori in un mondo dove ci sono davvero migliaia di prodotti».
Prospettive future
Il summit varesino ha messo in luce anche le linee di ricerca più promettenti, orientate a soluzioni sempre più mirate e clinicamente rilevanti. Comprendere meglio la sopravvivenza dei diversi ceppi, il loro ruolo nella modulazione immunitaria e la loro replicazione intestinale sarà decisivo per sviluppare prodotti in grado di rispondere alle esigenze dei pazienti di domani.

Un impegno sottolineato da Raka Sinha, General Manager di Opella Healthcare Italy:«Eventi come il Global Probiotic Summit favoriscono lo scambio di conoscenze e sottolineano come innovazione scientifica e rigore qualitativo siano la chiave per scrivere il prossimo capitolo della salute intestinale. È un passo che riflette la missione di Opella: mettere la salute nelle mani delle persone con soluzioni affidabili e basate su evidenze».
Un futuro che non può non passare anche dal concetto di sostenibilità. L’azienda infatti è certificata BCorp a livello globale e opera come benefit corporation, con l’obiettivo principale di coniugare crescita economica e impatto positivo sulla società.
Rientra in quest’ottica la scelta di alimentare l’intero sito con energia rinnovabile e di mettere in campo progetti concreti per la riduzione delle emissioni di CO₂ e del consumo idrico. «La sostenibilità non è un reparto separato – ha evidenziato Sinha – ma la cultura che guida tutta la nostra organizzazione. È un percorso che coinvolge le nostre persone, chiamate ogni giorno a pensare a un pianeta più sano e a una società più equa».


