Le malattie neurologiche degenerative sono numerose, interessano il sistema nervoso centrale e determinano la perdita di neuroni in aree selettive del cervello. Con meccanismi vari distruggono cellule che controllano sistemi associativi e motori localizzati in diverse sedi, provocando disturbi cognitivi, comportamentali e motori con ipo o ipermobilità, che possono accompagnarsi a disturbi del linguaggio, della deglutizione e della respirazione. Tra le più note ricordiamo la malattia di Alzheimer (MA), la demenza frontotemporale, la malattia di Parkinson, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la malattia di Huntington e la sclerosi multipla (SM).
Possono esordire in età adulta e nel pieno delle capacità produttive di un individuo. Il processo inizia in modo graduale e può rimanere localizzato oppure progredire fino a generalizzarsi. I sintomi variano a seconda del meccanismo fisiopatologico e possono essere anche molto diversi da paziente a paziente in rapporto alle aree nervose colpite o, nella singola persona, mutare in base all’evoluzione clinica. Il grado di progressione è variabile e non sempre si può prevedere a priori.
La malattia di Parkinson, per esempio, inizialmente coinvolge le aree del controllo motorio e poi, ma non necessariamente, può colpire anche i nervi che controllano gli organi interni, le funzioni cognitive, la parola.
La malattia di Alzheimer, all’inizio interessa le aree della memoria, per poi estendersi a quasi tutta la corteccia cerebrale arrivando a compromettere la capacità cognitiva in modo totale.
La SLA porta a una progressiva paralisi di tutti i muscoli.
Negli ultimi anni le malattie neurologiche degenerative, in particolare le sindromi parkinsoniane e le demenze, sono aumentate per incidenza e prevalenza a seguito dell’innalzamento dell’età media della popolazione e rappresentato una sfida importantissima a livello mondiale per la ricerca di cure efficaci. Non c’è, infatti una cura per la maggior parte di queste patologie. Esistono trattamenti in grado di migliorare i sintomi o di rallentare la progressione. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), le patologie neurodegenerative rappresentano la settima causa di morte al mondo.
Malattie neurodegenerative: i sintomi più comuni
| deficit di memoria |
| disturbi cognitivi |
| disturbi comportamentali |
| difficoltà a parlare e comunicare |
| diminuzione delle abilità motorie e della coordinazione |
| gesti involontari |
| difficoltà a deglutire |
Le demenze
Tra le malattie neurodegenerative più frequenti e che più preoccupano e affliggono la popolazione figurano le demenze. Le più note sono la demenza di Alzheimer, quella a corpi di Lewy (prima e seconda per diffusione), la demenza vascolare e la frontotemporale.
Hanno un impatto notevole in termini socio-sanitari sia perché un numero di famiglie sempre maggiore ne è coinvolto, sia perché per la loro gestione serve una rete integrata di servizi sanitari e socio-assistenziali qualificata, complessa e costosa.
Le demenze sono una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale e di angoscia per chi ne è colpito, fintanto che se ne rende conto, e per i suoi cari. Il progressivo invecchiamento della popolazione rende la demenza un problema sempre più rilevante in termini di sanità pubblica, anche perché, purtroppo, nonostante la ricerca nel settore sia vivissima, non sono ancora state individuate terapie risolutive o metodi certi di prevenzione.
Un approccio globale
Data l’attuale impossibilità di guarire il paziente da una demenza, è necessario assisterlo insieme ai suoi caregiver il più precocemente possibile con un approccio globale alla cura. I farmaci utilizzati nel trattamento delle demenze (inibitori delle colinesterasi, neurolettici, antidepressivi, benzodiazepine, ecc.) hanno un valore terapeutico molto limitato. È quindi necessario impostare altri approcci non farmacologici, ponendo attenzione agli aspetti assistenziali dei malati e dei loro familiari.
Alcuni studi mostrano come un intervento sulla rete dei servizi possa risultare efficace nel modificare la storia naturale delle demenze, rallentandone la progressione. Infine, è davvero importante impostare strategie di prevenzione primaria e secondaria del fenomeno delle demenze orientate verso la modifica degli stili di vita e dei fattori di rischio cardiovascolari. La demenza vascolare, in particolare, è maggiormente prevenibile attraverso un attento controllo di questi fattori, ormai ben noti.
L’apporto prezioso della ricerca
La ricerca sulle malattie neurodegenerative è molto attiva dato l’impatto enorme e crescente che queste hanno sulla popolazione mondiale in costante invecchiamento. Sono coinvolte università, ospedali ed enti pubblici e privati in tutto il mondo. La ricerca è cruciale per comprendere, diagnosticare e trattare le condizioni che colpiscono il sistema nervoso.
Gli obiettivi sono quelli di comprendere le cause e i meccanismi sottostanti alle malattie neurodegenerative; identificare biomarcatori per una diagnosi precoce e accurata; sviluppare terapie mirate per rallentarne o arrestare la progressione.
La ricerca genetica si occupa di indagare le possibili mutazioni geniche associate a queste malattie per comprenderne meglio i fattori di rischio. La neurobiologia molecolare studia i processi cellulari e molecolari implicati nella degenerazione neuronale. L’imaging cerebrale sfrutta tecniche sofisticate per identificare cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello a partire dall’analisi delle immagini. L‘intelligenza artificiale, poi, aiuta ad analizzare grandi insiemi di dati e identificare nuovi modelli predittivi per queste patologie.
Prevenzione delle demenze
È possibile agire sui fattori di rischio modificabili che possono favorire l’insorgenza di una demenza ponendo attenzione ad alcune azioni di prevenzione lungo tutte le diverse fasi della vita. In tabella una lista di suggerimenti stilati dal Ministero della Salute e dalla Società italiana di neurologia che possono rappresentare buone norme per tutti.
| Istruzione | aumentare gli anni di educazione formale e informale aumenta la cosiddetta “riserva cognitiva” di una persona, con effetto protettivo dalla demenza in età avanzata |
| Attività fisica regolare | migliora il flusso sanguigno cerebrale, riduce l’infiammazione e promuove la plasticità neuronale. Attività aerobiche e muscolari sono particolarmente benefiche. < del rischio fino al 40%. |
| Dieta salutare | la dieta mediterranea, ricca di verdure, frutti di bosco, frutta secca, cereali integrali e grassi sani, supporta la funzione cognitiva. Gli acidi grassi Omega-3 e Omega-6 proteggono i neuroni. |
| Gestione dello stress | lo stress cronico può danneggiare l’ippocampo e influenzare il sistema immunitario. Meditazione, mindfulness, yoga e respirazione profonda aiutano a regolare le risposte allo stress. |
| Stimolazione mentale | attività mentali costanti e l’acquisizione di nuove abilità rafforzano la riserva cognitiva. Leggere, imparare nuove lingue, suonare strumenti musicali e ascoltare musica sono attività consigliate. |
| Sonno di qualità | dormire 7-9 ore a notte aiuta la memoria e la plasticità cerebrale |
| Vita sociale attiva | le interazioni sociali stimolano la funzione cognitiva ed emotiva. Partecipare ad attività di gruppo, fare volontariato e coltivare relazioni strette con amici e familiari è fondamentale |
| Fumo, alcool e sostanze dannose | aumentano il rischio di demenza e devono essere evitati. Limitare l’assunzione di alcol, evitare sigarette, droghe e inquinamento atmosferico. Smettere di fumare e ridurre l’esposizione a inquinanti ambientali. |
| Salute mentale | depressione e l’ansia sono fattori di rischio per il declino cognitivo, specie in età avanzata. A volte i sintomi depressivi possono confondersi con quelli della demenza. La “pseudodemenza” è reversibile e migliora con le terapie antidepressive. |
| Salute cardiovascolare | Ipertensione, diabete, obesità e colesterolo alto possono danneggiare il cervello e il rischio di demenza: devono essere opportunamente diagnosticati e trattati per cercare di prevenire l’insorgenza di demenze |
| Perdita dell’udito e della vista | Sono importanti fattori di rischio spesso sottovalutati. All’ipoacusia si può rimediare valutando l’uso di protesi acustiche. Per i problemi di vista è utile offrire screening per rilevare eventuali problemi e curarli, ove possibile |
Fonti: Ministero della Salute e Società italiana di neurologia (SIN)
Malattia di Parkinson
La malattia di Parkinson ha un’evoluzione lenta ma progressiva, con sintomi inizialmente insidiosi e incerti. Per questo può trascorrere del tempo prima che si riesca a giungere a una diagnosi corretta. È caratterizzata da tremore a riposo, rigidità, lentezza e diminuzione dei movimenti (bradicinesia) e instabilità della postura e/o dell’andatura.
La diagnosi si basa sulla storia clinica, sull’esame obiettivo e sulla prova della reazione alla levodopa oltre a tecniche di neuroimaging. L’età media di esordio è intorno ai 58-60 anni: il 5% di tutti i malati di Parkinson ha meno di 50 anni mentre il 70% supera i 65. È presente in tutto il mondo e in tutte le etnie.
L’eziologia è multifattoriale e dovuta a componenti sia ambientali sia genetiche che non sono ancora state completamente chiarite. La frequenza è un po’ maggiore negli uomini rispetto alle donne (60% vs 40%). Entro il prossimo decennio, il numero di pazienti stimato in Italia intorno a 300 mila potrebbe aumentare ancora a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione.
Sintomi del Parkinson all’esordio
| Disturbi del sonno e insonnia |
| Disturbi gastrointestinali |
| Stanchezza e affaticamento anche dopo sforzi fisici lievi |
| Perdita del senso dell’olfatto (iposmia) |
| Riduzione di espressione facciale (ipomimia) |
| Scrittura lenta (bradigrafia) e stretta (micrografia) |
| Cambiamenti del tono della voce (ipofonia) e lentezza della parola |
| Braccia che non oscillano liberamente durante il ciclo del passo |
| Calo del tono dell’umore, ansia e depressione |
| Ridotta attenzione e concentrazione |
| Difficoltà a eseguire più azioni in una volta |
Sintomi più noti del Parkinson in fase conclamata
| Tremore a riposo |
| Rigidità |
| Lentezza e diminuzione dei movimenti (bradicinesia) |
| Instabilità della postura e/o dell’andatura |
Sclerosi multipla
La sclerosi multipla (SM) è una delle malattie neurologiche più comuni e gravi del giovane adulto. Non si tratta di una malattia rara: è presente in tutti i paesi del mondo e rappresenta la seconda causa di disabilità neurologica in questa fascia di età dopo i traumi derivanti dagli incidenti stradali. Si tratta di una patologia cronica di natura infiammatoria (la prima malattia di tipo infiammatorio cronico per frequenza), demielinizzante e neurodegenerativa che porta a un danno progressivo a carico del sistema nervoso centrale.
L’origine è autoimmune: la demielinizzazione delle fibre nervose deriva da un difetto del sistema immunitario che cessa di funzionare in modo corretto. Le sue cellule superano la barriera ematoencefalica ed entrano nel cervello, provocando i danni. Per molti anni si è tenuto conto solo del danno mielinico, ma un numero crescente di studi ha dimostrato che sono coinvolti anche i neuroni stessi. Il fatto che la mielina possa essere danneggiata in più sedi e in tempi diversi ha dato origine al termine “multipla”.
L’esordio clinico tende a manifestarsi tra i 20 e i 40 anni, ma può riguardare anche bambini e anziani. Colpisce più le donne, che ne sono affette in misura doppia rispetto agli uomini. L’Italia registra una delle incidenze più alte al mondo con oltre 200 casi ogni 100 mila abitanti, come Germania, Finlandia, Svezia, Islanda USA e Canada. Le stime parlano di oltre 127 mila pazienti italiani, con 3.400 nuove diagnosi ogni anno e 8.500 bambini colpiti. Nel mondo riguarda in media 1 persona ogni 1.000 abitanti, pari a circa 2,5-3 milioni di persone affette, di cui circa 600 mila in Europa.
Da anni si cerca di ricercano le cause, nella speranza di intervenire in prevenzione e scongiurarne la comparsa o di curarla. Sembra che siano coinvolti fattori ambientali come il clima temperato, latitudine, contatto con agenti tossici, bassi livelli di vitamina D e l’esposizione ad agenti infettivi, specie nei primi anni di vita e comunque prima della pubertà.
La patologia si divide in cinque forme
- Benigna
- A decorso recidivante – remittente (SMRR)
- Secondariamente progressiva (SMSP)
- Primariamente progressiva (SMPP)
- Progressiva con ricadute (SMPR)
I sintomi
La SM può colpire tutte le funzioni del Sistema nervoso centrale e quindi presentarsi con vari sintomi neurologici diversi, che a volte compaiono e scompaio nel tempo. Possono essere coinvolti il sistema motorio, quello sensitivo, la sfera cognitiva e quella neuropsichiatrica.
| Disturbo | Dettagli e conseguenze |
| Disturbi visivi | vista offuscata o doppia |
| Disturbi della sensibilità | torpore, formicolio agli arti, difficoltà a percepire caldo e freddo |
| Affaticamento, difficoltà a coordinare i movimenti, riduzione della forza muscolare | difficoltà a svolgere e a sostenere le attività abituali |
| Difficoltà nella deambulazione | movimenti goffi e camminata alterata o impossibile |
| Disturbi di equilibrio | vertigini, atassia, tremore |
| Spasticità | da lieve tensione muscolare a contrattura dolorosa degli arti |
| Dolore cronico | a causa di eccessivo affaticamento muscolare o di errori nella trasmissione dei segnali nervosi |
| Depressione | anche legata alla consapevolezza della malattia |
| problemi sessuali | problemi erettili, eiaculazione assente o precoce;
nelle donne perdita di sensibilità genitale |
| disturbi vescicali | urgenza minzionale, aumentata frequenza e ritenzione urinaria |
| disturbi intestinali | stipsi e incontinenza fecale |
| disturbi del linguaggio | difficoltà ad articolare le parole (disartria) |
| disturbi cognitivi o comportamentali | problemi di memoria, concentrazione, alterazione delle funzioni esecutive e di percezione visivo-spaziale |
Sclerosi laterale amiotrofica
Nota anche come “Morbo di Lou Gehrig”, “malattia di Charcot” o “malattia del motoneurone”, la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria. Coinvolge sia il primo sia il secondo motoneurone (corticale: corteccia-midollo e midollare: midollo-muscoli). La degenerazione e la morte di entrambi porta alla perdita progressiva della funzionalità muscolare nel corso di mesi o anni.
I primi sintomi compaiono quando la capacità di compenso dei motoneuroni superstiti non è più sufficiente e viene superata dal danno esistente. Nella maggior parte dei casi l’indebolimento colpisce prima i muscoli di mani o piedi e poi si estende agli altri muscoli fino a una paralisi totale. Le funzioni cognitive, sensoriali, sessuali e degli sfinteri vescicale e intestinale di norma vengono risparmiate, così come i movimenti oculari. La SLA non compromette gli organi interni (cuore, fegato, reni) né i cinque sensi (vista, udito, olfatto, gusto, tatto). Masticazione, deglutizione e la capacità di parlare possono invece risultare compromesse.
Si manifesta gradualmente, inoltre, la paralisi respiratoria, alla quale si può rimediare solo con la ventilazione meccanica. Anche nelle fasi più avanzate, la malattia colpisce solto il sistema motorio e risparmia tutte le altre funzioni neurologiche. Solo in una minoranza dei casi possono comparire alterazioni cognitive, tali da configurare un quadro di demenza fronto-temporale con alterazioni del comportamento, piuttosto che compromissione di memoria o linguaggio. La SLA è drammatica proprio perché non toglie la capacità di pensare e la volontà di rapportarsi agli altri: la mente resta prigioniera in un corpo che diventa sempre più immobile.
Le cause non sono note ma la genetica sembra avere un ruolo importante come fattore predisponente. Insieme ad altri fattori (per esempio ambientali), può contribuire allo sviluppo della malattia. L’incidenza (nuovi casi ogni anno) nei paesi occidentali è stabile e di circa 3 casi ogni 100 mila abitanti/anno e aumenta con l’età. La prevalenza è pari 10 ogni 100 mila abitanti, in aumento. In Italia ci sono circa 6 mila malati con una lieve preponderanza nel sesso maschile. L’età media di esordio è intorno ai 60-65 anni.
La malattia di Huntington è di natura ereditaria: provoca movimenti casuali involontari che il paziente non può evitare, derivanti dalla progressiva degenerazione delle aree del cervello che rendono fluidi i movimenti e li coordinano (parti dei gangli basali: nucleo caudato e putamen). Un muscolo o un gruppo di muscoli possono andare incontro a contrazioni miocloniche (spasmi).
Il disturbo progredisce nel tempo portando a movimenti involontari sempre più pronunciati, talvolta a contorsioni vere e proprie (atetosi), e prosegue fino a deterioramento mentale e morte (in media a 13-15 anni dalle prime manifestazioni). I sintomi si manifestano all’inizio in modo impercettibile, tra i 35 e i 40 anni, ma a volte ancora prima dell’età adulta. La malattia di Huntington colpisce circa 3 persone su 100 mila e interessa entrambi i sessi in modo analogo.
Il gene responsabile della malattia è stato identificato ed è dominante. Anche una sola copia del gene anomalo, ereditato da un genitore, è sufficiente per causare la malattia: i figli di una persona con la malattia di Huntington hanno il 50% di probabilità di svilupparla a loro volta. Data l’estrema gravità della patologia quando progredisce e la mancanza di cure specifiche, è particolarmente importante offrire alle donne in età fertile e agli uomini che intendono procreare (che abbiano genitori o fratelli malati) una consulenza genetica e analisi genetiche mirate. Così come nel caso di altre gravi patologie neurodegenerative, anche le persone con la malattia di Huntington possono redigere direttive anticipate nel caso in cui perdano la capacità di decisione in materia di salute, indicando il tipo di cura medica che preferiscono nella fase terminale.
Alcuni benefici a cui il paziente può accedere se il grado di invalidità aumenta
| Benefici fiscali e sanitari |
| Esenzione spesa sanitaria |
| Assegno mensile di assistenza |
| Benefici lavorativi per i famigliari |
| Assistenza infermieristica specializzata |
| Contatto con l’assistente sociale ospedaliero |
| Pensione di inabilità senza accompagnatore |
| Pensione di inabilità con indennità di accompagnamento |


