«Tanti buoni motivi per dire no alla ricetta medica nei supermercati»

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ricetta Questo è il titolo del comunicato con cui Federfarma ha ribattuto alle voci che si susseguono sulle liberalizzazioni riguardanti le farmacie nella bozza del Ddl concorrenza, su cui sta lavorando Federica Guidi, ministro dello Sviluppo economico. Voci che sembrerebbero tutt’altro che incerte. Infatti, intervenendo alla trasmissione Agorà di Rai Tre di ieri, Guidi ha dichiarato: «Il Governo lavora a un dossier sulle liberalizzazioni “ampio” che sarà pronto nei prossimi giorni», il ministro ha sottolineato che nel provvedimento ci saranno norme sul trasporto pubblico locale, sulle farmacie, sull’energia e sulle poste. Precisamente, pianta organica, fascia C e multititolarità sono le tematiche presenti nella bozza, così come confermato alla delegazione di Federfarma, ricevuta ieri al ministero dello Sviluppo economico, Simona Vicari, sottosegretario al dicastero, e come si legge sul sito di Federfarma. Proprio a seguito dell’incontro di ieri mattina la presidente, Annarosa Racca, ha diffuso la nota stampa con i motivi per dire un secco no a ulteriori liberalizzazioni.
«È autolesionista uno Stato che smonta pezzo per pezzo un servizio pubblico che funziona e che viene erogato da operatori privati in nome e per conto dello Stato stesso». Lo ribadisce Federfarma, e prosegue: «Pur di garantire ai supermercati un incremento di fatturato si finirebbe per privare i cittadini di un servizio sanitario efficiente e capillare sul territorio. Ulteriori interventi a danno del servizio farmaceutico, già oggetto negli anni passati di ripetute misure di deregolamentazione, sono improponibili perché finirebbero per avvantaggiare unicamente i grandi gruppi commerciali», spiega la presidente di Federfarma.
«Infatti: 1) Le multinazionali della grande distribuzione che nei loro Paesi di origine non sono riuscite a ottenere la possibilità di vendere nei loro ipermercati anche i farmaci, stanno cercando di ampliare il proprio business in Italia, unico Paese al mondo in cui diventerebbe possibile acquistare medicine con ricetta medica al di fuori delle farmacie. I cittadini italiani – a differenza dei francesi o dei tedeschi – non avrebbero più a disposizione la loro farmacia di fiducia con il farmacista che li conosce e si interessa della loro salute, non condizionato da logiche commerciali. 2) Il risultato sarebbe un impoverimento e la conseguente chiusura di molte piccole farmacie, proprio quelle che assicurano il servizio nelle aree più disagiate, mentre i guadagni conseguiti dalle multinazionale si trasferirebbero all’estero, alle case madri. 3) Dare ai supermercati anche la possibilità di vendere farmaci con ricetta medica significa trasformare anche questo tipo farmaco, destinato alla cura di patologie importanti, in un bene di consumo. Significa aumentare drasticamente il rischio di abuso di farmaci, rinunciare a qualsiasi forma di monitoraggio delle terapie per garantire il corretto uso dei farmaci e il rispetto delle prescrizioni mediche (compliance). Significa rinunciare all’attività di farmacovigilanza effettuata oggi dalle autorità sanitarie grazie alla rete delle farmacie. Significa non poter più avere la certezza che un farmaco ritenuto a rischio possa essere ritirato dalla vendita entro poche ore, come avviene oggi grazie all’interconnessione immediata tra autorità sanitarie e farmacie. 4) Farmaci al supermercato significa aumentare i consumi e quindi il rischio di malattie iatrogene o di danni alla salute che comportano la necessità di cure o di ricoveri ospedalieri, con impatto negativo sulla spesa pubblica (oltre che sulla salute collettiva). 5) Impoverire ulteriormente la rete delle farmacie, già colpite dai tagli alla spesa farmaceutica (oggi inferiore a quella del 2001), significa portare rapidamente al fallimento moltissimi presidi riducendo l’efficienza, le scorte, gli orari di apertura di tutti gli altri».
Conclude Annarosa Racca: «Queste sono le argomentazioni che illustriamo ai molti interlocutori istituzionali che incontriamo nella massima trasparenza», conclude Annarosa Racca, «siamo convinti della correttezza della nostra posizione che continuiamo a difendere alla luce del sole. Abbiamo dalla nostra parte anche la Corte Costituzionale italiana e la Corte di Giustizia europea che, nelle loro sentenze, hanno ripetutamente sottolineato come le regole che ordinano il servizio farmaceutico italiano sono a garanzia dei cittadini e dell’efficacia dell’assistenza fornita. Pianta organica, proprietà della farmacia, farmaci con obbligo di ricetta solo in farmacia, non sono regole introdotte a vantaggio delle farmacie bensì per tutelare la salute dei cittadini e consentire loro di trovare sempre e ovunque i farmaci di cui hanno bisogno (anche di notte, anche nei piccoli centri).
Confidiamo che queste stesse ragioni, sostenute ripetutamente dal ministro della Salute Lorenzin, siano condivise dal presidente del Consiglio Renzi, che già in passato si è espresso a favore del riconoscimento della farmacia come presidio sanitario di prossimità».