A cura di Aideco

Molto spesso si parla genericamente di “forfora” per indicare una condizione di diffusa desquamazione del cuoio capelluto, indipendentemente dalla sua causa. In realtà, dal punto di vista dermatologico, la forfora è un disturbo che confina e spesso si sovrappone con una vera e propria dermatite, ovvero la dermatite seborroica.

Più correttamente, possiamo affermare che la forfora e la dermatite seborroica rappresentano uno spettro continuo della stessa patologia che colpisce le aree seborroiche del corpo, ossia quelle ricche di ghiandole sebacee. La forfora è limitata al cuoio capelluto e si manifesta con prurito e desquamazione cutanea senza infiammazione visibile.

La dermatite seborroica può colpire il cuoio capelluto così come altre aree seborroiche e si manifesta con fine desquamazione cutanea o desquamazione a scaglie più grandi, e un certo grado di infiammazione e prurito.

Eziopatologia

Vari fattori intrinseci e ambientali, come alterazione quali-quantitativa della secrezione sebacea, la colonizzazione fungina della superficie cutanea, soprattutto da funghi del genere Malassezia, la suscettibilità genetica individuale e le interazioni tra questi fattori, contribuiscono tutti alla patogenesi di questo fastidioso disturbo.

Alterazioni del microbioma del cuoio capelluto sono state ampiamente studiate e correlate all’insorgenza di forfora e dermatite seborroica; è stato osservato in particolare un aumento del rapporto Malassezia restricta/Malassezia globosa e una riduzione del rapporto Cutibaterium/Staphylococcus. È stato inoltre riscontrato che la presenza di Malassezia è correlata a un aumento del prurito e della gravità della malattia.

Aspetto clinico

Forfora e dermatite seborroica sono quindi considerate la stessa condizione di base che condivide molte caratteristiche e risponde a trattamenti simili, differendo solo per localizzazione e gravità. Mentre la forfora è limitata al cuoio capelluto, la dermatite seborroica colpisce il cuoio capelluto, ma anche il viso (pieghe nasolabiali, palpebre, sopracciglia), la zona retroauricolare e la parte superiore del torace, causando desquamazione, infiammazione visibile con eritema anche marcato e prurito.

La distribuzione delle lesioni è generalmente simmetrica e l’andamento è stagionale, più frequente durante l’inverno e con miglioramento in estate. Inoltre, l’aggravamento della DS è spesso associato alla privazione del sonno e agli stati di stress psicologico. La desquamazione in entrambi i casi è generalmente di colore bianco-giallastro e può essere grassa o secca. Parliamo di un disturbo dermatologico molto comune, con un’incidenza che per la forfora raggiunge il 50 % della popolazione in età adulta, mentre per la dermatite seborroica si sviluppa in tre fasce d’età: nei primi tre mesi di vita, durante la pubertà e nell’età adulta tra i 40 e i 60 anni.

Nei neonati fino a tre mesi di età, la dermatite seborroica interessa il cuoio capelluto (con un quadro caratteristico chiamato “crosta lattea”), il viso e la zona del pannolino, e un’incidenza che può raggiungere il 42%. Negli adolescenti e negli adulti, colpisce il cuoio capelluto e altre aree seborroiche del viso, della parte superiore del torace, delle ascelle e delle pieghe inguinali.

L’incidenza è dell’1-3% nella popolazione adulta generale, con gli uomini che sono colpiti più frequentemente delle donne (3,0% vs. 2,6%) in tutte le fasce d’età, il che suggerisce che la DS possa essere associata ad ormoni sessuali come gli androgeni. La dermatite seborroica è inoltre più diffusa nei pazienti immunodepressi come quelli affetti da HIV/AIDS, nei trapiantati d’organo e nei pazienti con linfoma.

La qualità di vita

Oltre al disagio fisico causato dal prurito, la forfora è socialmente imbarazzante e ha un impatto negativo sull’autostima dei pazienti. Anche la dermatite seborroica, considerando che si verifica frequentemente anche sul viso e in altre aree visibili, ha effetti negativi significativi sulla qualità della vita dei pazienti sotto forma di disagio psicologico o bassa autostima, in particolare nei soggetti più giovani e nelle donne.

Diagnosi differenziali

La principale diagnosi differenziale della dermatite seborroica e della forfora include psoriasi, dermatite atopica (principalmente nella forma pediatrica di dermatite seborroica), tinea capitis, rosacea e lupus eritematoso sistemico (LES). Mentre la psoriasi può colpire sedi simili alla dermatite seborroica, le lesioni tipiche della psoriasi sono più spesse e si presentano come placche nettamente limitate con squame bianco-argentee.

Le lesioni nella dermatite atopica di solito non compaiono fino a dopo i 3 mesi di età, mentre le lesioni nella dermatite seborroica di solito compaiono prima e raramente colpiscono le aree estensorie (guance, fronte, petto). La tinea capitis, un’infezione fungina altamente contagiosa, mostra in genere chiazze squamose di perdita di capelli del cuoio capelluto associate a “punti neri”, che rappresentano le estremità distali dei capelli spezzati. Al contrario, la dermatite seborroica non è associata alla perdita di capelli.

La rosacea di solito colpisce le aree malari del viso, risparmiando le pieghe naso-labiali, e non ha squame; viceversa, le lesioni seborroiche facciali sono solitamente squamose e colpiscono le pieghe nasolabiali, le palpebre e le sopracciglia, senza arrossamento o teleangectasie associate. Infine, le lesioni cutanee nel LES spesso seguono una chiara distribuzione fotografica, come riacutizzazioni acute di rash malare bilaterale, e possono essere associate ad anomalie extracutanee come artrite, ulcere della bocca, glomerulonefrite o cardiomiopatia; la dermatite seborroica invece non ha un modello di distribuzione legata alla fotoesposizione e non colpisce sistemi di organi diversi dalla pelle.

Trattamento

Il trattamento della dermatite seborroica e della forfora si concentra sulla rimozione dei segni della malattia, sul miglioramento dei sintomi associati, in particolare il prurito e sul mantenimento della remissione con terapia a lungo termine. Poiché i principali meccanismi patogenetici sottostanti coinvolgono la proliferazione di Malassezia e l’irritazione e l’infiammazione cutanea locale, il trattamento più comune è costituito da agenti antimicotici (ketoconazolo, bifonazolo, miconazolo, ciclopiroxolamina etc in shampoo, lozioni o creme, gel, schiume) e antinfiammatori topici steroidei (betametasone, idrocortisone, fluocinolone etc.)

Altre terapie ampiamente utilizzate sono il catrame di carbone, il gluconato/succinato di litio e la fototerapia. Sono emerse negli anni anche nuove terapie, tra cui immunomodulatori come gli inibitori topici della calcineurina e il metronidazolo, ma la loro efficacia rimane controversa. Sono state segnalate anche terapie alternative, come l’olio di tea tree. Alcuni fattori da considerare prima di selezionare un trattamento includono efficacia, effetti collaterali, facilità d’uso/aderenza ed età del paziente. La terapia sistemica è necessaria solo nelle lesioni diffuse e nei casi che non rispondono al trattamento topico.

Di chi parliamo quando parliamo di Aideco

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