La transizione ecologica e la tutela ambientale si scontrano con la sostenibilità della filiera farmaceutica in Italia.

L’associazione Egualia, che riunisce i produttori di farmaci equivalenti, biosimilari e Value added medicines, ha lanciato un forte allarme in audizione alla Commissione Politiche UE della Camera: l’attuale formulazione della Direttiva sulle acque reflue urbane (UWWTD) e il suo meccanismo di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) sono “insostenibili per i farmaci critici” e rischiano di generare una grave crisi di carenze in tutta Europa.

La Direttiva UE

La Direttiva, attualmente in fase di esame nella Legge di delegazione europea 2025 (AC 2574), impone ai settori farmaceutico e cosmetico di farsi carico del finanziamento per l’adeguamento di centinaia di impianti di trattamento delle acque reflue (circa 1.500 in tutta Europa, secondo stime non ufficiali).

L’obiettivo è depurare gli scarichi che contengono microinquinanti derivanti dalle deiezioni dei pazienti.

Il paradosso della responsabilità estesa 

Il nodo centrale della contestazione di Egualia è l’applicazione automatica del principio EPR ai medicinali.

La Responsabilità Estesa del Produttore, che trasferisce ai produttori i costi della gestione dei loro prodotti al termine del ciclo di vita, non sarebbe applicabile al farmaceutico per una ragione di fondo: l’impossibilità di modificare la natura chimica del prodotto per ragioni ambientali.

L’eccezionalità del farmaco rispetto ad altri prodotti

«Il farmaceutico non ha oggi la possibilità di sviluppare farmaci “più ecologici”, modificando a piacere la struttura chimica delle molecole-, ha spiegato il DG di Egualia, Michele Uda. – La priorità assoluta di un medicinale è l’efficacia clinica e la sicurezza per il paziente. Qualsiasi cambiamento nella molecola attiva altererebbe il profilo terapeutico, richiedendo nuovi lunghi percorsi autorizzativi».

Questo paradosso significa che, a differenza di altri settori merceologici, i farmaci non sono sostituibili sulla base di criteri ambientali.

La Direttiva, colpendoli in modo eccessivo e ingiustificato, rischia di soffocare proprio il comparto degli off-patent, che fornisce ogni giorno milioni di trattamenti essenziali a prezzi accessibili.

Il rischio carenze e l’appello alla sospensione

L’imposizione di finanziare in toto l’adeguamento e la gestione di centinaia di nuovi impianti comporterebbe un aumento insostenibile dei costi di produzione. Questo scenario è destinato a rendere economicamente non più redditizia la produzione di farmaci essenziali e critici, soprattutto quelli a basso margine come gli equivalenti, generando quello che Egualia definisce uno “tsunami di carenze” in tutta Europa, con pesanti ripercussioni sulla salute pubblica.

Egualia chiede al Governo e al Parlamento di agire con urgenza in sede di recepimento della Legge di delegazione europea 2025. La soluzione prioritaria è la sospensione dell’attuazione della Direttiva EPR in attesa che la Commissione Europea svolga una nuova e più accurata valutazione d’impatto, critica che era già emersa a livello comunitario.

Le proposte alternative per un quadro sostenibile

In assenza di una sospensione immediata, Egualia propone una strategia alternativa, volta ad ammortizzare gli effetti della normativa e a tutelare la sostenibilità del comparto farmaceutico, basata su quattro punti fondamentali:

  • ampliamento della Responsabilità: includere tutte le fonti di microinquinanti, non solo farmaci e cosmetici, fin dal recepimento della Direttiva, distribuendo il carico finanziario;
  • introduzione di un tetto al contributo (80%): limitare il contributo dei produttori all’EPR all’80% dei costi, escludendo gli investimenti già sostenuti;
  • metodo di calcolo condiviso: adottare un metodo di calcolo dei contributi da concordare tra l’industria e le autorità competenti, per garantire trasparenza e equità;
  • Tavolo Tecnico di Settore: istituire un tavolo di lavoro permanente che coinvolga industrie e istituzioni per coordinare l’implementazione e il monitoraggio delle attività.

L’Associazione ribadisce che, dato il termine del 31 dicembre 2028 per l’attuazione, è imperativo agire ora per evitare che l’obiettivo di ridurre i microinquinanti si raggiunga al prezzo di una crisi sanitaria dovuta all’interruzione di milioni di trattamenti essenziali.