Un appello che suona come un ultimatum: “Il tempo è scaduto. Senza una chiara agenda di interventi, i farmaci equivalenti spariranno”. È questo il titolo d’impatto del X Rapporto annuale dell’Osservatorio Egualia–Nomisma 2025, presentato a Roma il 7 ottobre presso l’Auditorium dell’Ara Pacis, che denuncia una crisi di sostenibilità per un comparto essenziale per la sanità pubblica italiana.
Le dimensioni del comparto
Il settore, che conta 102 imprese, produce 6,2 miliardi di euro di vendite, può contare su 10.900 addetti e genera 6,4 miliardi di valore della produzione e 1,6 miliardi di euro di valore aggiunto rappresenta la “spina dorsale” delle terapie croniche; eppure, la sua sopravvivenza è seriamente compromessa dall’aumento dei costi di produzione non bilanciato da un adeguamento dei prezzi.
La forbice fatale: costi in aumento e prezzi al palo
Secondo i dati illustrati da Lucio Poma, capo economista di Nomisma, nel corso dell’evento, i costi di produzione sono aumentati, tra il 2019 e il 2023, di quasi un terzo (+32%), con un picco di +9,5% solo nell’ultimo anno, spinti dal rincaro delle materie prime (+40,6%) e dall’inflazione.
«I farmaci equivalenti critici sono fermi a un aumento del +2%, mentre il pane ha segnato +45% e l’indice generale dei prezzi al consumo il +30%» ha spiegato Poma.
Questa forbice, che erode i margini, sta portando alcune multinazionali a minacciare il ritiro progressivo delle Autorizzazioni all’Immissione in Commercio – AIC, per diversi principi attivi nel biennio 2026-2027.
Il rischio di carenze
«Il Rapporto di quest’anno – ha dichiarato Stefano Collatina, presidente di Egualia – ci consegna una fotografia chiara: il comparto degli equivalenti cresce, investe, dà lavoro, ma è schiacciato da regole che ne minano la sostenibilità. Se i prezzi restano fermi, mentre i costi produttivi aumentano a doppia cifra, il rischio è che molte aziende siano costrette ad abbandonare i farmaci essenziali, lasciando i cittadini senza cure di base».
La crisi non è però solo industriale: quello che si profila è un rischio sistemico per il Servizio Sanitario Nazionale. «Se cede l’industria dei fuori brevetto, crolla l’intera impalcatura dell’accesso ai farmaci» ha sottolineato Collatina.
Un’agenda per salvare il SSN
Per scongiurare il collasso, l’Osservatorio Nomisma propone una chiara agenda di policy che poggia su:
- un adeguamento dinamico dei prezzi dei farmaci fuori brevetto;
- il superamento del meccanismo del payback per questa categoria di medicinali;
- gare pubbliche multi-aggiudicatarie (per evitare la concentrazione del rischio) e basate su criteri qualitativi (MEAT) con l’esclusione di offerte anomale.
«Non chiediamo sussidi a fondo perduto, ma condizioni economiche e regolatorie eque» ha concluso Collatina, definendo gli equivalenti una “risorsa strategica” e non una “commodity” e ricordando che: «È il momento di passare dalle dichiarazioni ai fatti: il tempo è già scaduto».
L’impegno del Governo
Il sottosegretario alla Salute, Onorevole Marcello Gemmato, ha ribadito l’importanza dei farmaci equivalenti, definendoli «una risorsa fondamentale per garantire equità di accesso alle cure e sostenibilità del nostro Servizio Sanitario Nazionale».
Gemmato ha sottolineato il sostegno del Governo verso questo comparto e ricordando come proprio nella stessa direzione si inserisca il Testo Unico della legislazione farmaceutica, «un provvedimento che nasce con spirito di proattività, programmazione e sburocratizzazione, con l’obiettivo di dare certezze al settore, introducendo strumenti efficaci per costruire un sistema moderno e sostenibile, capace di rispondere tempestivamente ai bisogni dei cittadini e di garantire la continuità delle terapie».


