Caduta dei capelli: meccanismi, cause e trattamento

L’alopecia è androgenetica quando determinata da una maggiore sensibilità del capello agli ormoni androgeni circolanti, che dipende dall’enzima 5-alfa-reduttasi. Vi possono essere anche altre cause scatenanti, tra cui alcune patologie autoimmuni

La perdita di capelli o un loro diradamento parziale prende il nome di calvizie. Se la perdita è più consistente si parla di alopecia e se si localizza a una o più aree ben precise della testa si parla di alopecia areata. La perdita può interessare non solo i capelli, ma anche i peli del corpo o la barba. La calvizie non è una malattia, ma un disturbo che può colpire uomini, donne e bambini, mentre l’alopecia riconosce cause più importanti. La calvizie di più comune riscontro è quella di tipo androgenetico, caratteristica degli uomini: induce il diradamento dei capelli a partire da tempie e fronte o sulla parte superiore del cranio.

Si parla di alopecia androgenetica poiché la condizione è determinata da una maggiore sensibilità del capello nei confronti degli ormoni androgeni circolanti. Nella donna giovane l’alopecia androgenetica può comparire in caso di presenza di un eccesso di ormoni maschili, come succede quando si è affetti da sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).

Il ruolo dell’enzima 5-alfa-reduttasi

La maggiore sensibilità dei capelli agli ormoni androgeni circolanti che si riscontra dopo la pubertà soprattutto nel sesso maschile dipende dall’enzima 5-alfa-reduttasi, deputato alla trasformazione del testosterone nel suo derivato principale, il diidrotestosterone (DHT): i follicoli piliferi delle aree con il maggior diradamento dei capelli producono una maggiore quantità di enzima 5-alfa-reduttasi.

Per questo motivo si utilizza la finasteride alla dose di 1 mg\die per il trattamento della perdita maschile dei capelli, per aumentare la crescita dei capelli e prevenirne l’ulteriore caduta. Non c’è alcuna evidenza che un aumento della dose possa portare a un incremento dell’efficacia. L’efficacia e la durata del trattamento devono essere continuamente valutate dal medico che ha effettuato la prescrizione.

La finasteride è controindicata nelle donne e nei soggetti al di sotto dei 18 anni. Sono richiesti da tre a sei mesi di trattamento in monosomministrazione giornaliera prima dell’evidenza della stabilizzazione della perdita di capelli. Per mantenere il beneficio è raccomandato l’uso continuato. Se il trattamento viene interrotto gli effetti benefici iniziano a regredire in sei mesi e ritornano a livello base in 9-12 mesi.

Gli effetti collaterali, che possono interessare anche la sfera sessuale. sono lievi e di solito non richiedono interruzione del trattamento.

Altre cause di alopecia

La perdita dei capelli può comunque riconoscere anche altre cause: di solito succede, per cause diverse, che il bulbo pilifero non venga rifornito dei nutrienti necessari per la crescita dei nuovi capelli.

Fra le cause più comuni di alopecia si noverano: le disfunzioni della tiroide, le infezioni del cuoio capelluto, l’essere affetti da malattie sistemiche come il lupus o la psoriasi, il sottoporsi a cure chemioterapiche, l’assunzione di farmaci per il trattamento dell’artrite, della depressione o delle cardiopatie, il forte stress, il sottoporsi a regimi dietetici particolarmente rigidi e sbilanciati. Anche le patologie autoimmuni possono indurre alopecia. Le malattie associate a patogenesi autoimmune che più frequentemente si accompagnano all’alopecia sono la tiroidite di Hashimoto, la vitiligine, il diabete mellito di tipo 1, il morbo di Haddison, l’anemia emolitica autoimmune, la gastrite cronica atrofica.

L’alopecia nel paziente diabetico di tipo 1

La caduta dei capelli estesa a tutto il cuoio capelluto o localizzata su aree ben precise (alopecia areata) è tipica del diabete di tipo 1: in questo caso il pancreas non produce più l’insulina, i livelli di glucosio nel sangue sono elevati, si creano problemi vascolari tali da impedire il corretto rifornimento in termini di nutrienti ai capelli che cadono. Se la terapia per il diabete viene intentata correttamente e attraverso la somministrazione di insulina si riesce a centrare il gold standard terapeutico, il problema riesce a minimizzarsi e regredisce la caduta. Ammalarsi di diabete mellito, soprattutto nelle fasi durante le quali viene diagnosticata la malattia, comporta un grande stress per chiunque ed è proprio lo stress che può concorrere a un ulteriore diradamento dei capelli. Per questo motivo nel paziente diabetico la salute dei capelli non può prescindere da un severo e regolare controllo della glicemia, da una rigorosa compliance nei confronti della terapia prescritta, da una dieta equilibrata, dall’esercizio fisico e da un’attenta gestione dello stress. Per la gestione dello stress non esiste alcuna prescrizione miracolosa, anche se è fondamentale cercare di non isolarsi e cercare supporto. Può essere inoltre utile seguire una terapia cognitivo comportamentale, praticare mindfulness, yoga e esercizi di respirazione profonda.

Biotina, metformina e caduta dei capelli

La biotina, conosciuta anche con il nome di vitamina H, B7 o B8, riconosce un certo ruolo nel trofismo di cute, capelli e unghie. Di solito viene assunta con l’alimentazione, anche se possono generarsi carenze in caso di diete particolarmente squilibrate, negli alcolisti o nei pazienti che assumono antiepilettici. Dai dati disponibili in letteratura sembra che l’uso della biotina nella caduta dei capelli sia particolarmente utile negli uomini con alopecia androgenetica e nei pazienti in trattamento con acido valproico, mentre non sembrerebbe di nessuna utilità nei pazienti sani.

Per quanto riguarda la perdita dei capelli nei pazienti con diabete di tipo 2, la correlazione non è importante come nel diabete di tipo 1. Uno dei farmaci maggiormente prescritti per il controllo del diabete di tipo 2 è la metformina, che a lungo termine può indurre una carenza di vitamina B12: tale carenza può contribuire a un diradamento dei capelli.

Ecco perché nei pazienti con diabete di tipo 2 bisognerebbe valutare, di routine, i livelli di tale vitamina, in modo da provvedere a integrarla se carente. Con la dieta questa vitamina si assume consumando carne, latte, formaggi e uova: la dieta dei pazienti con diabete di tipo 2 deve essere bilanciata e non escludere alcun alimento, tenendo sempre conto del controllo glicemico.

La carenza di vitamina B12, infine, non è rara neppure fra i pazienti che assumono inibitori della pompa protonica. Spesso i pazienti con diabete di tipo 2 sono in politerapia.