Erbe, piante, alghe, funghi, licheni, talvolta spezie. I botanicals, composti a base vegetale, sono l’essenza di molti preparati, consumati “con tranquillità” dalla popolazione con finalità anche terapeutica a supporto di terapie più tradizionali, in quanto ritenuti sicuri. Anche dagli italiani: sono apprezzati e usati dal 20% della cittadinanza, secondo i dati del progetto europeo PlantLIBRA.

Invece, uno studio americano, dell’Università del Michigan (Estimated Exposure to 6 Potentially Hepatotoxic Botanicals in US Adults”), pubblicato su JAMA Network Open, a fronte degli elevato numero di utilizzatori statunitensi, mette un “alert”: alcuni potrebbero esporre a epatotossicità. Quali botanicals sono “sotto inchiesta” e con quali rischi? Ecco i risultati dello studio.

I sei indagati

Curcuma (e curcumina), tè verde, ashwagandha, Garcinia cambogia, riso rosso fermentato, cimicifuga nera. Sono, nell’ordine, i botanitals notoriamente più consumati sul suolo statunitense, almeno nel periodo 2017-2020, secondo i dati dello studio National health and nutrition examination survey (Nhanes) periodicamente condotto, ai quali si assocerebbe il rischio di manifestare importanti tossicità a livello del fegato. Eventualità cui potrebbero incappare moltissimi americani, con una situazione speculare anche in contesti europei.

Lo studio, che ha coinvolto 9.685 adulti con età media, 47,5 anni, arruolati a livello nazionale, evidenzia che il 57% aveva fatto uso di integratori nei 30 giorni precedenti all’intervista, di questi 4,7% avrebbe consumato da 1 a 6 prodotti botanici della lista nera, con quanto ne potrebbe conseguire. Dati che estesi alla popolazione generale farebbero stimare che il 15.584.599 di adulti statunitensi fa o ha fatto uso di almeno uno dei preparati nel periodo immediatamente precedente al sondaggio, con dati di prevalenza d’uso sovrapponibili a farmaci impiegati con indicazioni simili, come Fans, statine, sertralina e associati agli stessi rischi di epatotossicità.

Lo studio è stato utile anche a profilare il consumatore di botanicals: età spesso più avanzata, prevalentemente donna, con un buon livello di istruzione e disponibilità economica, in terapia con altri farmaci. Così come a ricavare le problematiche di assunzione specifica:

  • problemi di artrosi in caso di curcuma/curcumina,
  • stanchezza/spossatezza per il tè verde, c
  • ontrollo del peso corporeo per la Garcinia cambogia,
  • la nota dislipidemia per ciò che concerne il riso rosso,
  • il contrasto di vampate di calore menopausali in caso di cimicifuga nera.

Perché l’alert

La segnalazione-monito si lega a diversi fattori: il sensibile aumento dei consumi dei botanicals, e degli integratori in genere in America, passati dal 32,9% nella coorte Nhanes tra il 1971 e il 1974 all’attuale 57,6%, la scarsa informazione degli utilizzatori sui potenziali rischi di esposizione prolungate per patologie anche gravi, la mancanza di un regolatorio chiaro, come quello che governa i farmaci, per botanicals e integratori, la scarsa attenzione negli screening medici in cui non viene domandato al paziente se e quali botanicals si stanno assumendo, spesso autosomministrati, frequenti errori di etichettatura che riferiscono ad esempio una discrepanza di circa il 50% tra gli ingredienti dichiarati in etichetta e il contenuto reale.

In conclusione gli autori chiedono, in relazione a quanto emerso dalle indagini e analisi condotte, maggiore sorveglianza da parte delle autorità governative verso i botanicals lungo tutta la filiera: dalla ricerca di materie prime, alla produzione, alla commercializzazione e distribuzione, e soprattutto al monitoraggio dei consumi in ottica preventiva e di salute per popolazione generale.

Fonte

  • Likhitsup A, Chen VL, Fontana RJ. Estimated Exposure to 6 Potentially Hepatotoxic Botanicals in US Adults. JAMA Netw Open. 2024 Aug 1;7(8):e2425822.