L’epatite C, frutto del virus HCV, si trasmette attraverso il contatto con sangue infetto, infetta il fegato, distruggendone le cellule e determinando infiammazione. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti non presenta sintomi e non viene a conoscenza dell’infezione fino a quando i danni al fegato sono ormai irreversibili: insufficienza epatica, cirrosi, tumore del fegato.

Lo screening è quindi essenziale per una identificazione precoce e trattamenti volti ad eliminare il virus prima che determini conseguenze.

Per quanto esista uno screening gratuito per una popolazione target che ha consentito sinora di testare oltre 2 milioni di persone, importante rimane il sommerso. È quanto emerso dal webinar “Migliorare i risultati dello screening nazionale gratuito per infezione da HCV: esperienze regionali a confronto” organizzato lo scorso 14 aprile dall’Istituto Superiore di Sanità in sinergia con il Ministero della Salute – Ex Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria.

I numeri dello screening: inviti e test

Nel corso dell’evento è emerso che solo il 54% della popolazione generale target – nati tra il 1969 e il 1989 – e il 67% delle persone seguite presso i Servizi per le Dipendenze – SerD, sono state invitate attivamente allo screening dell’epatite C. L’invito attivo ha riguardato invece il 93% della popolazione carceraria.

Tuttavia, l’adesione effettiva risulta estremamente ridotta: solo il 12% della popolazione generale target e il 44% degli utenti dei SerD, hanno effettuato il test di primo livello. La copertura dei detenuti ha raggiunto risultati certamente più incoraggianti, con il test che ha interessato il 77% della popolazione invitata.

«La diagnosi e il trattamento per eliminare l’infezione attiva da HCV rappresentano uno degli obiettivi del nuovo Piano Nazionale d’Azione per porre fine all’HIV, alle epatiti virali e alle infezioni sessualmente trasmesse (PNA HIV-EP-IST) in fase di approvazione in Conferenza Stato Regioni» ha sottolineato Francesco Maraglino, Direttore dell’Ufficio 5 – Prevenzione delle Malattie Trasmissibili e Profilassi Internazionale, Ex Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute.

Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) e Roberta D’Ambrosio, membro del Comitato Direttivo dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF), hanno ribadito come l’eliminazione dell’epatite C sia un obiettivo realistico e raggiungibile per l’Italia, in linea con il traguardo fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di eradicazione del virus HCV entro il 2030.

«Le due Società Scientifiche confermano il loro impegno al fianco delle Istituzioni, delle Regioni e dell’Associazione dei pazienti EpaC, per promuovere una sempre maggiore consapevolezza tra tutte le figure professionali sanitarie coinvolte nella gestione dell’HCV» hanno affermato.

In quest’ottica, hanno sottolineato l’importanza di cogliere ogni opportunità utile per effettuare lo screening, con particolare attenzione a quello ospedaliero, che deve diventare una pratica sistematica e diffusa. Tra le priorità condivise l’intensificazione delle azioni di sensibilizzazione per il coinvolgimento di tutte le professioni mediche.

Implementare sensibilizzazione e comunicazione ed estendere lo screening

«Siamo ancora indietro e non stiamo efficacemente sfruttando la grande opportunità che abbiamo per raggiungere gli individui con infezione da epatite C “nascostaasintomatica, spesso appartenenti a popolazioni vulnerabili che vivono in uno stato di marginalità, nonché persone spesso ignare dell’infezione per la mancata percezione del rischio che nel nostro paese non è solo associato all’uso di sostanze, ma anche a terapie mininvasive, trattamenti dentistici o estetici – ha messo in evidenza Loreta Kondili, primo ricercatore del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’ISS – Implementare una campagna di comunicazione e sensibilizzazione, estendere lo screening alle fasce di età più anziane e mettere in atto un collegamento al programma di cura per far sì che i pazienti con diagnosi vengano sottoposti al trattamento, sono passi indispensabili ai fini dell’eliminazione dell’infezione da HCV come minaccia per la salute pubblica nel nostro paese».

In questa prospettiva, anche le farmacie potrebbero fornire un contributo significativo attraverso la partecipazione a campagne di comunicazione e sensibilizzazione.

Migliorare lo screening: gli obiettivi del progetto CCM

L’evento è parte del progetto esecutivo: “Monitorare e analizzare gli indicatori regionali dello screening HCV per migliorare lo screening ai fini del raggiungimento del target OMS di eliminazione dell’HCV entro il 2030″, presentato nell’ambito del PROGRAMMA CCM 2023, AZIONI CENTRALI che ha coinvolto 4 regioni italiane – Emilia Romagna, Toscana, Campania e Sicilia, in rappresentanza delle aree: Nord, Centro, Sud e Isole – per approfondire azioni specifiche volte a migliorare gli indicatori dello screening.

«Migliorare i risultati dello screening e il linkage to care dell’infezione da HCV sono obiettivi del progetto CCM del Ministero della Salute che ha come capofila l’ISS e coinvolge varie regioni che mirano a portare alla luce risultati e strategie vincenti per la lotta all’infezione da HCV, ai fini del raggiungimento dell’obbiettivo di eliminazione dell’infezione come minaccia per la salute pubblica, entro l’anno 2030», ha sottolineato Anna Caraglia, Ufficio I – Affari Generali Ex Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria Ministero della Salute.

 

 

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