Il Fascicolo Sanitario Elettronico – FSE, rappresenta un elemento chiave per migliorare accessibilità, assicurare continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari, offrendo vantaggi sia ai cittadini che al SSN nel suo complesso.
Per l’utenza, il FSE costituisce un accesso rapido e sicuro alla propria storia clinica, evitando di dover portare con sé la documentazione cartacea; per il SSN, facilita il coordinamento delle cure tra i diversi professionisti della salute, evitando la duplicazione di esami e prestazioni e supportando la ricerca e la raccolta dati.
I vantaggi del FSE in farmacia
Anche per le farmacie il FSE rappresenta un importante strumento di semplificazione, monitoraggio, sicurezza.
Lo stesso semplifica, difatti:
- l’erogazione dei farmaci, migliorando la gestione dei dati sanitari dei pazienti;
- consente altresì al farmacista di verificare le prescrizioni e le terapie in corso – favorendo il monitoraggio dell’aderenza terapeutica – le eventuali allergie o reazioni avverse – garantendo così una maggiore sicurezza e appropriatezza nella dispensazione dei medicinali e riducendo gli errori;
- favorisce una presa in carico integrata del paziente grazie alla collaborazione tra farmacisti e altre figure sanitarie.
Permane una scarsa fiducia dei cittadini nel FSE
Nonostante i numerosi vantaggi sopra descritti, l’analisi condotta da Fondazione GIMBE – presentata in occasione del 9° Forum Mediterraneo in Sanità, ospitato a Bari nei giorni scorsi, restituisce marcate difformità territoriali rispetto al FSE e un clima di perdurante sfiducia da parte dei cittadini che ostacola il pieno dispiegamento della sanità digitale.
A fornire il consenso alla consultazione dei propri dati è difatti, a livello nazionale, solo il 42% dei cittadini; un dato quest’ultimo che nasconde differenze abissali tra i diversi contesti: si passa dall’1% di Abruzzo, Calabria e Campania al 92% dell’Emilia-Romagna. Tra le Regioni del Mezzogiorno, soltanto la Puglia (73%) supera la media nazionale.
«Fornire il consenso è il primo passo per accedere ai benefici del FSE – sottolinea il presidente GIMBE, Nino Cartabellotta – ma serve un grande sforzo informativo e culturale per rafforzare la fiducia dei cittadini, superando i timori legati alla protezione dei dati personali».
Disponibili ovunque solo 4 documenti su 16
Nonostante i contenuti del FSE 2.0 siano stati previsti con Decreto del Ministero della Salute del 7 settembre 2023, dei 16 documenti sanitari solo 4 risultano effettivamente disponibili in tutte le regioni – lettera di dimissione ospedaliera, referti di laboratorio e di radiologia e verbale di pronto soccorso – creando forti disparità di accesso tra i cittadini.
Anche per quanto riguarda nello specifico le farmacie, le prescrizioni farmaceutiche risultano disponibili nei FSE di tutte le Regioni.
Tuttavia, il documento di erogazione dei farmaci compare nei FSE di sole 14 regioni, pari cioè al 67% del totale e, più precisamente in: Basilicata, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, P.A. Bolzano, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto.
Ancora, profilo sanitario sintetico, prescrizioni specialistiche e referto specialistico ambulatoriale sono disponibili in oltre l’80% delle Regioni; il certificato vaccinale e il documento di erogazione delle prestazioni specialistiche sono presenti in 15 Regioni e Province Autonome (71%), mentre la scheda della singola vaccinazione compare nei FSE di 14 Regioni (67%).
L’analisi GIMBE mostra ancora che il referto di anatomia patologica e il taccuino personale dell’assistito sono accessibili in 13 Regioni (62%) mentre sono solo 6 le regioni che rendono disponibile la lettera di invito per screening, vaccinazioni e altri percorsi di prevenzione. La cartella clinica è infine disponibile solo nel FSE del Veneto.
Servizi ed utilizzo di cittadini e professionisti sanitari
Anche riguardo i servizi, l’analisi GIMBE mostra enormi difformità tra le diverse regioni. Su un totale di 45 servizi digitali disponibili, solo Toscana e Lazio superano la soglia del 50% dei servizi attivati, attestandosi rispettivamente al 56% e 51% a fronte di una regione come la Calabria con appena il 7% dei servizi attivati.
«È utile precisare – spiega Cartabellotta – che molti dei servizi digitali sono accessibili tramite altri canali, come portali web o app offerti dalle Regioni. Tuttavia, se questi non vengono integrati anche nel FSE, da un lato si perde l’obiettivo di creare un’unica piattaforma digitale per il cittadino, dall’altro il monitoraggio nazionale restituisce una fotografia parziale e sottostimata dell’effettiva disponibilità dei servizi offerti».
Per quanto concerne l’utilizzo da parte dei cittadini, il FSE è stato consultato almeno una volta – tra gennaio e marzo 2025 – dal 21% dei cittadini, anche qui con divari interregionali marcati e un (sotto)utilizzo nel Mezzogiorno, con dati inferiori all’11%, che evidenziano la necessità di investire in programmi strutturati di alfabetizzazione digitale.
Nel medesimo periodo l’uso da parte di MMG e PLS è stato del 95%, con 9 regioni che hanno toccato il 100%.
Per quanto concerne gli specialisti, risultano abilitati alla consultazione il 72% dei professionisti, ma con forti divari che vanno dal 100% di 12 regioni a 5 regioni sotto la media nazionale (Campania, 61%, Lazio, 60%, Abruzzo 37%, Sicilia 36% e Calabria 26% e una, fanalino di coda con appena il 16% di professionisti abilitati: la Liguria.
 
             
		