Sono sempre più numerosi i pazienti che riferiscono di aver avuto una diagnosi di fegato grasso. Con questo termine, o più precisamente quando si parla di steatosi epatica non alcolica, si intende che nel fegato è riscontrabile un contenuto di grasso superiore al 10% (la normalità).
Questo eccesso di grasso è rilevabile all’esame ecografico, è una condizione che si instaura anche se il consumo alcolico si attesta al di sotto dei 20 g\die e in assenza di un’infezione virale da epatite B o C. Si stima che attualmente il problema interessi circa il 25% della popolazione italiana ed è una problematica che si correla a obesità, sindrome metabolica e diabete mellito.
A oggi, non sono disponibili terapie di comprovata efficacia in grado di far regredire la condizione, l’unico trattamento possibile è adottare una corretta alimentazione, tornare al proprio peso forma, non solo seguendo una dieta, ma svolgendo anche un’adeguata attività fisica.
Può succedere, infatti, che se non si rimedia alla steatosi e se non si tiene sotto adeguato controllo anche il profilo cardiovascolare, può insorgere un’infiammazione del fegato nota come steatoepatite: una condizione che può evolvere verso una malattia epatica severa e portare alla cirrosi.
Il progetto
Poiché il fegato grasso è una condizione sempre più diffusa nel mondo occidentale FIF – Fondazione Italiana Fegato Onlus, autorevole ente di ricerca specializzato nello studio delle malattie epatiche ha messo a punto uno specifico piano alimentare settimanale con piatti pronti bilanciati e menù validati da medici, che può prevenire la comparsa del fegato grasso o quanto meno contrastarne la progressione.
Il piano alimentare è stato stilato partendo dal presupposto che perdere anche solo il 5-10% del peso corporeo contribuisce in modo significativo a mitigare la steatosi epatica, aiutando a prevenire complicanze più gravi.
«Tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo e la progressione della steatosi epatica vi sono il sovrappeso, l’obesità e la sindrome metabolica; più dell’80% dei pazienti affetti da fegato grasso è obeso – ha tenuto a precisare Samir Giuseppe Sukkar, Direttore U.O.D. Dietetica e Nutrizione Clinica presso il Policlinico San Martino di Genova – L’obesità non solo aumenta la quantità di grasso nel corpo, ma anche il rischio di progressione verso forme più gravi della malattia, come la steatoepatite non alcolica e la fibrosi epatica. In un simile contesto, la qualità della dieta gioca un ruolo cardine nel migliorare o peggiorare la condizione».
Un approccio nutrizionale completo
Sukkar ha poi aggiunto che un’alimentazione ricca di grassi saturi, zuccheri raffinati e carboidrati ad alto indice glicemico «danneggia il fegato. Al contrario, modificare la qualità della dieta, includendo cereali integrali, grassi sani, fibre, proteine vegetali e nutrienti benefici, e impiegare metodi di cottura più salutari può significativamente rallentare o addirittura far regredire i danni epatici. A questo proposito, il piano alimentare sviluppato con la Fondazione Italiana Fegato offre un approccio nutrizionale completo, basato sulla dieta mediterranea, e ha dimostrato di essere altamente efficace nel migliorare la salute epatica».