L’interesse dei consumatori italiani per gli integratori alimentari, e in particolare per la categoria dei probiotici, che rappresenta la quota di mercato più rilevante, con quasi il 13% del valore totale, mostra una forte espansione trainata da un numero crescente di soggetti attenti alla prevenzione e al benessere generale.
Il mercato ha registrato una crescita significativa nel 2024, con un fatturato che ha toccato i 492,6 milioni di euro nel canale farmacia (+6,6% rispetto all’anno precedente). A concorrere a questa tendenza la crescente consapevolezza che l’uso mirato di questi microrganismi va oltre la tradizionale applicazione intestinale, toccando ambiti diversificati come lo sport, la dermatologia e l’asse intestino-cervello.
Abbiamo approfondito l’argomento con il dottor Andrea Poli, presidente della Nutrition Foundation of Italy – NFI, cercando di tracciare un quadro dell’esistente e le prospettive future.
La consapevolezza del consumatore e la necessità di rigore scientifico
Il dottor Poli ha espresso una valutazione positiva sul livello di consapevolezza del consumatore medio, che coglie correttamente la funzione tipica dell’integrazione, utilizzandola per sostenere la condizione di benessere generale e sfruttare il supporto fisiologico di specifici estratti. Gli integratori vengono assunti «sia per “integrare” in senso stretto la dieta (specie nel caso di carenze riconosciute, per esempio attribuibili ai modelli dietetici adottati) e sia per sfruttare il supporto fisiologico di specifici estratti botanici, che molti consumatori utilizzano con fiducia. Ma prevalentemente –e questo aspetto è importante – con il supporto o la guida di un professionista: più dell’80% degli integratori si vende infatti in canali specializzati, farmacie e parafarmacie».

Permane tuttavia una tendenza di alcuni consumatori «ad attribuire agli integratori funzioni di tipo terapeutico, che in genere non possiedono e che non possono essere vantate visto che la normativa attuale li fa rientrare tra gli alimenti».
In questo contesto, Poli ha sottolineato come la robustezza delle evidenze scientifiche sia cruciale non solo per rispondere alle esigenze del mondo medico, ma anche per evitare che i prodotti vengano percepiti come un semplice placebo: «Disporre di dati scientificamente solidi a supporto dell’uso di un prodotto, sia esso un farmaco o un integratore, è fondamentale. Ciò non solo risponde a un’esigenza ormai imprescindibile del mondo medico, ma contribuisce anche a ridurre l’idea, ancora diffusa, che questi prodotti siano poco più che placebo. La presenza di evidenze robuste sugli effetti che il produttore intende comunicare evita inoltre di scivolare in aree “grigie” della comunicazione, talvolta al limite di quella terapeutica, creando confusione e sovrapposizioni con l’ambito del farmaco» ha sottolineato l’esperto.
Evidenze scientifiche solide rivestono anche un ruolo cruciale a livello regolatorio, rappresentando un presupposto indispensabile per la valutazione e l’approvazione dei claim, oltre che per garantire una comunicazione conforme e trasparente. «Per questi motivi la ricerca deve essere affidata a centri con competenze specifiche, veri professionisti del settore. Una scelta resa ancor più necessaria dall’approccio di EFSA, che subordina l’approvazione di un claim alla disponibilità di evidenze scientifiche adeguate e rigorose».
Microbiota e probiotici: un successo scientifico e commerciale
I probiotici costituiscono oggi la categoria più rilevante del mercato. Ma qual è la ragione scientifica primaria dietro questo successo? «Credo che l’idea di diecimila (o centomila) miliardi di batteri che abitano il nostro organismo, e delle molteplici funzioni che possono svolgere, sia attraente per molti consumatori. E credo che piaccia l’idea di poter ottimizzare, usando un probiotico, quella sorta di simbiosi che si è stabilita, in tempi remoti della storia della nostra specie, tra noi e questi organismi microscopici».

Pur riconoscendo il potenziale attuale, è stato evidenziato come la comprensione piena delle sinergie, delle potenzialità dei singoli ceppi e delle interazioni «richieda ancora molto lavoro».
Il supporto nel periodo invernale e le difese immunitarie
Con l’arrivo dei primi freddi, l’attenzione si sposta sul supporto alle difese immunitarie. È stato osservato che, in assenza di condizioni patologiche che richiedano farmaci specifici, oggi molto mirati e altrettanto efficaci, si tende a riscoprire «interventi più blandi, ma più trasversali, di cui tutti, specie a partire da una certa età, sentiamo l’esigenza».
Altresì, ha sottolineato Poli «l’EFSA ha riconosciuto il ruolo di molte vitamine e minerali nel sostenere la funzione del sistema immunitario; i consumatori, con le loro scelte, hanno dimostrato di avere molta fiducia anche nei confronti dei probiotici, finora meno valorizzati dall’EFSA stessa in termini di claim concessi, ma sostenuti da una ricerca ormai ricca e articolata».
L’affascinante frontiera degli psicobiotici e l’asse intestino-cervello
Tra i nuovi ambiti di impiego, «personalmente, sono affascinato soprattutto dall’asse intestino-cervello, e dalla possibilità di intervenire, senza impiegare farmaci, su aspetti delle funzioni cerebrali che hanno un impatto spesso molto significativo sulla qualità della vita delle persone».

Il Presidente di NFI ha chiarito l’esistenza di un preciso substrato fisiopatologico che razionalizza l’impiego degli psicobiotici, notando che alterazioni del microbiota (disbiosi) sono riscontrabili in condizioni come depressione, ansia o stress prolungato. Alcuni studi randomizzati suggeriscono già effetti positivi di ceppi specifici su sintomi depressivi e ansiosi, agendo su meccanismi complessi: «I meccanismi potenzialmente coinvolti sono numerosi: vanno dalla modulazione dell’asse ipotalamo–ipofisi–surrene (HPA), che controlla tra l’altro le risposte allo stress, prima ricordate, alla produzione di metaboliti infiammatori o antinfiammatori, alla sintesi di neurotrasmettitori (come serotonina, GABA, catecolamine) e degli acidi grassi a catena corta (propionato, butirrato ecc.) a partire dalla fibra alimentare».
Tuttavia, trattandosi di integratori, è stato ribadito che non possono essere utilizzati con obiettivi terapeutici. La cautela è d’obbligo, e la ricerca deve continuare a confermare i risultati preliminari: «L’impiego di questi integratori probiotici potrà essere opportunamente concordato con il proprio medico, anche per non correre il rischio di utilizzarli in condizioni che, per la loro importanza, necessitano invece di un supporto specialistico che spesso ricorrerà all’impiego di farmaci. Potremmo dire – paradossalmente ma non troppo – che l’ambito di impiego degli psicobiotici è di interesse così ampio, nel mondo moderno, che non esplorarne a fondo le potenzialità sarebbe imperdonabile» ha concluso il Dottor Poli.


