Con 6,5 milioni di malati, spesso giovani, affetti da oltre 200 patologie reumatologiche che non colpiscono solo l’apparato locomotore ma anche gli organi interni, le malattie reumatologiche generano costi sanitari e sociali enormi: solo l’artrite reumatoide costa oltre 2miliardi di euro l’anno, impattando in modo drammatico sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette.

In vista della Giornata Mondiale delle Malattie Reumatologiche che si celebra domenica 12 ottobre, la Società Italiana di Reumatologia – SIR, in una conferenza stampa ospitata a Roma presso il Senato della Repubblica lo scorso 9 ottobre su iniziativa della Senatrice Maria Cristina Cantù, ha richiesto più specialisti sul territorio e una maggiore attenzione a prevenzione e diagnosi precoce.

Il drammatico ritardo diagnostico

Nonostante l’enorme impatto clinico e socio-economico, il paziente reumatologico è spesso vittima di un forte ritardo diagnostico. I tempi per ricevere una diagnosi corretta sono inaccettabili: 7 anni per l’artrite psoriasica; 5 anni per la spondilite anchilosante; 2 anni per l’artrite reumatoide. Un ritardo questo che porta ad una progressione di malattia con danni irreversibili che impattano drammaticamente sulla qualità di vita dei pazienti in termini di invalidità e giornate di lavoro perse e un aumento esponenziale dei costi sanitari.

Il past president SIR, Gian Domenico Sebastiani, ha individuato le cause principali nella carenza di specialisti reumatologi sul territorio e nell’assenza di reti efficaci per la presa in carico dei pazienti, evidenziando anche l’importanza della formazione dei medici di medicina generale, che sono sovente i primi referenti e devono essere sensibilizzati alla corretta individuazione dei campanelli d’allarme.

Sconfiggere i falsi miti

Di fronte a questo scenario la Senatrice Maria Cristina Cantù, ha sottolineato l’urgenza di una strategia basata su tre pilastri: prevenzione, diagnosi precoce e accesso alle cure innovative.

Il principale errore nell’immaginario collettivo, come evidenziato dal presidente SIR, Andrea Doria, è che queste patologie interessino solo gli anziani, quando in realtà possono colpire anche persone giovani-adulte, nel pieno della loro vita attiva piuttosto che donne in età riproduttiva e persino bambini.

Un altro falso mito da sfatare è l’ineluttabilità di queste malattie. Sebbene la componente genetica sia rilevante, la prevenzione attiva può ridurre il rischio di svilupparle o ritardarne la comparsa.

Farmaci innovativi e terapie di precisione

Per molti anni le malattie reumatologiche potevano essere trattate, spesso in modo inefficace, con corticosteroidi e farmaci generici; dal 2000 ad oggi sono arrivati oltre 20 nuovi farmaci sempre più “targettizzati” che consentono di raggiungere percentuali di remissione sempre più elevate o comunque di bloccare la progressione di malattia, ha ricordato Roberto Caporali, presidente eletto SIR, sottolineando però che l’innovazione più rilevante degli ultimi anni sia rappresentata dalla diagnosi precoce, che impatta direttamente sull’outcome clinico.

Prevenzione e diagnosi precoce rappresentano quindi le strategie cardine, sia per garantire la sostenibilità del SSN, sia per favorire una migliore qualità di vita ai pazienti.

L’importanza di corretti stili di vita e l’eliminazione dei fattori di rischio modificabili

In tal senso la SIR ha lanciato una campagna per aumentare la consapevolezza sui corretti stili di vita:

  • non fumare,
  • seguire una sana alimentazione,
  • fare esercizio fisico regolare,
  • controllare il peso e sottoporsi alle vaccinazioni.

Raccomandazioni valide per tutti ma ancor più per i familiari di pazienti con malattie reumatologiche che presentano un rischio aumentato del 10% di ammalarsi.

L’appello alle Istituzioni e la chiamata all’azione

L’appello finale della SIR alle Istituzioni è chiaro e si traduce in una serie di priorità, che trovano riscontro nel Disegno di legge n. 946 sulla riforma dell’assistenza reumatologica:

  • campagne di informazione sui sintomi e corretti stili di vita;
  • diagnosi precoce e accesso equo alle terapie innovative nei LEA;
  • potenziamento della rete assistenziale e della telemedicina;
  • maggiore formazione per medici e farmacisti.

Solo agendo in modo proattivo sulla prevenzione e sull’accesso tempestivo alla cura, l’Italia potrà garantire ai suoi 6,5 milioni di pazienti una reale possibilità di remissione e una migliore qualità di vita.