Invisibile e ancora parzialmente incompreso, il dolore neuropatico, che insorge a seguito di danni o disfunzioni del sistema nervoso periferico o centrale, resta una sfida, per la clinica impegnata nella ricerca di nuovi approcci, sinergie e strategie per la gestione e il controllo di questa forma di dolore altamente disabilitante, per i sistemi sanitari a causa dell’alto impatto sui costi assistenziali, per la società in funzione delle importanti implicazioni sulla perdita di produttività della persona che ne è affetta ed in ambito giuridico.
Il dolore neuropatico, che interessa all’incirca l’11% della popolazione italiana, ad oggi non ha, infatti, un suo quadro normativo: estromesso dalle logiche di valorizzazione come quantificazione di danno all’interno delle tabelle per il danno biologico, privando la persona che ne è portatrice di qualunque tutela giuridica.
Tematiche che sono state al centro dell’evento “Il dolore invisibile. Dalla malattia alla responsabilità”, svoltosi il 3 giugno, promosso dall’Associazione Nevra. L’ente è impegnato fin dalla sua fondazione a dare visibilità e dignità al dolore neuropatico affinché venga riconosciuto come patologia in quanto tale e non più come sintomo di una malattia a cui si accompagna.
La caratterizzazione del dolore
L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) definisce il dolore come una sgradevole esperienza sensoriale ed emozionale, associato o somigliante a quello indotto da un danno tissutale effettivo a potenziale, cui concorrono diversi fattori: clinici, biologici, psicologici e sociali.
IASP inoltre chiarisce che la nocicezione, cioè il processo mediante cui il sistema nervoso percepisce e trasmette gli stimoli dolorosi da un danno tessutale al cervello, non è dolore, sottolineando che quest’ultimo non può essere dedotto solo sulla base dell’attività dei neuroni sensitivi, ma come “concetto” che unisce emozione, sensazione, percezione, quindi segni clinici e sintomi. Quindi, il dolore viene appreso dalla persona attraverso la propria esperienza, acquisendo una connotazione fortemente soggettiva. Aspetto, quest’ultimo, che potenzialmente rende il dolore, e in particolare il dolore neuropatico, non solo invisibile – vero è infatti che insieme ad altre forme di dolore cronico sfugge agli occhi delle persone, agli accertamenti diagnostici, alla risposta terapeutica di molti trattamenti – ma anche incompreso, in funzione delle sue dinamiche di innesco.
La ricerca ha dimostrato che una lesione delle vie sensitive è in grado di coinvolgere tutto il sistema nervoso sensitivo dalla periferia al centro, con meccanismi di origine del dolore in sedi diverse da quelle della lesione iniziale. Questi meccanismi fisiopatologici sono ritenuti responsabili del dolore in genere evocato ed estremamente intenso, senza avere nulla a che vedere con le modificazioni connesse alla cronicità. Tali aspetti danno al dolore neuropatico una connotazione diversa al normale dolore: se da un lato è possibile definire gli stimoli che evocano il dolore stesso (caldo, pressione, freddo, puntura o ferita) in quanto il sistema sensitivo trasmette precise informazioni ai neuroni cerebrali e che sono dipendenti dalle esperienze vissute da ciascun individuo, nelle lesioni del sistema sensitivo i neuroni cerebrali informazioni confuse e distorte sul dolore tanto che il paziente non è in grado di caratterizzarlo in maniera precisa descrivendo il dolore neuropatico come bruciore, costrizione, scarica elettrica o altro.
Il dolore neuropatico si qualifica come un dolore nuovo, spesso incomprensibile perché compare in aree del corpo addormentate o assenti, con una evidente sproporzione tra entità della lesione e intensità del sintomo dolore. Inoltre, la ricerca ha messo in luce che una lesione, prima di essere elaborata, altera il sistema che dalla periferia arriva al cervello, portando così a identificare il midollo spinale come “bersaglio terapeutico” per riuscire a modificare gli stimoli trasmessi al cervello. Tra questi l’utilizzo degli oppioidi che dimostrano maggiore efficacia a livello spinale, nella zona di passaggio di questi impulsi, non a livello della coscienza o dell’elaborazione degli impulsi.
Le terapie nella gestione del dolore
È fondamentale che le diagnostiche, quindi la comprensione dell’origine del dolore, la tipologia di lesione subita dal nervo, la sua potenziale risposta al trattamento, e le terapie del dolore siano strettamente associate. Una relazione fondamentale nella gestione del dolore neuropatico post-traumatico, che ha un’incidenza di 20 su 100 mila abitanti, con un interesse crescente anche da parte della scienza confermato dalla numerosità di pubblicazioni degli ultimi anni e dai nuovi scenari, quali ad esempio le ferite da arma da fuoco dei conflitti bellici in atto, che possano portare alla cronicizzazione del dolore.
L’approccio a una lesione delle vie sensitive è multimodale, con il coinvolgimento di più figure professionali come ad esempio chirurgo, neurologo, terapista antalgico e di più tecniche: dapprima chirurgica, quali la trasposizione di nervo con prospettive future di soluzioni di autorigenerazione del nervo stesso tramite canali con direttive specifiche e specifiche sostanze che possono aumentare la produttività nervosa, finalizzata a prevenire le degenerazioni sensitivo-motorie, seguita da una serie di strategie conservative che hanno l’obiettivo di rimodellare la confusione lesiva, consentendo al sistema nocicettivo di tornare a svolgere correttamente la propria funzione.
Vi è evidenza che la chirurgia attuata su una lesione nervosa nel 70% dei pazienti porti al miglioramento della qualità della vita rendendo il dolore più sopportabile, senza tuttavia azzerarlo completamente. Esiti chirurgici che potrebbero ottenere una maggiore efficacia in sinergia con altre soluzioni: farmaci, ad esempio bloccanti di canali che vanno ad agire anche su altre forme di dolore cronico non solo post traumatico, specifiche categorie di farmaci (anticonvulsivanti, antidepressivi, inibitori della serotonina e noradrenalina, anestetici), trattamenti infiltrativi, soluzioni tutte mutate da altre specialità.
Oltre a queste, si possono adottare e integrare a seconda dei casi e dei contesti, terapie di modulazione del sistema nervoso quali il blocco nervoso, il blocco peridurale, ma dalla durata limitata e che hanno spinto a valutare, in affiancamento, l’utilizzo di farmaci specifici o eventi elettrici al fine di agire su tutte le parti del nervo modulabili perifericamente. Tra le soluzioni possibili le TENS, le cariche elettriche nel nervo periferico, fino all’impianto di neurostimolatori nel midollo spinale per un controllo a livello centrale e con diversi tipi di modulazione (pulsata, con crioanalgesia o altro).
Completano la gestione del dolore neuropatico le terapie fisiche al fine di mantenere la connessione tra la parte neurone e la parte muscolare, le quali si avvalgono sia di esercizi fisici e tecniche per migliorare la mobilità e ridurre il sintomo dolore, sia di terapie cognitivo-comportamentali per supportare i pazienti nel gestione di pensieri e le emozioni, sia dell’agopuntura. Fra le nuove frontiere terapeutiche si profila la possibilità di ricorrere all’ingegneria tissutale e a terapie cellulari come l’uso delle cellule di Schwann per favorire la rigenerazione nervosa, o i circRNA (RNA circolari). Lo sviluppo di terapie basate su questi ulrtimi potrebbe aprire la strada a nuove scoperte nel trattamento delle lesioni nervose.
La valutazione legale
Spetta al medico legale calare la realtà biologica della malattia nell’ambito della norma e del diritto, riconoscendo alla persona affetta da patologia, nello specifico dolore neuropatico, benefici o risarcimenti. Valutazione che il medico legale basa su un accertamento analitico e su elementi acquisiti. Particolare importanza, nel contesto, riguarda l’aspetto della responsabilità civile, quindi del risarcimento del danno a una persona danneggiata nella sua integrità psicofisica, condivisa dal medico legale per l’aspetto clinico e dal giurista per la quantificazione economica del danno. Negli anni ’80 tale valutazione era stimata considerando la persona da un punto di visita meramente economico, come cioè produttore di reddito, trascurando ogni componente non compromissiva della produttività stessa.
La Corte Costituzionale, con sentenza 184/1986, stabilisce invece che oltre al lucro cessante al danno emergente, la persona ha diritto anche al risarcimento del danno biologico, cioè di lesioni che vanno a minarne l’integrità psicofisica, anche di minima entità, determinandone una menomazione che limita ad esempio lo svolgimento di un hobby, di un viaggio, di una attività famigliare. La legge 57/2001 dà il via al varo di tabelle, linee guida e Barhain valutativi utili ai medici legali per valutare e quantificare le menomazioni e nel 2003, viene varata una prima tabella con Decreto Ministeriale che riguarda le menomazioni di lieve entità, da 1 a 9 punti, riferite specificatamente a incidenti su ciclomotori. Score che, definito dal medico legale, consente poi al giudice di tradurre in un equivalente economico da liquidare al danneggiato, tenuto conto di una personalizzazione del risarcimento, ad esempio se il danno è stato subito da un paziente/persona giovane o anziano con diverse ripercussioni sulla qualità della vita e le condizioni cliniche, e dell’intensità del dolore (lieve, moderato, grave).
Nel 2025 la Società Italiana di Medicina Legale emana infine delle Buone Pratiche, delle Linee Guida Ufficiali, pubblicate sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, per la valutazione di lesioni di maggiore complessità classificabili con punteggi tra 10 e 100, dove tuttavia ancora non si fa riferimento al dolore neuropatico. L’auspicio è che possa essere incluso nelle prossime Tabelle, oggetto di aggiornamenti periodici ogni 3 anni.