La galenica e il laboratorio galenico si sono sempre evoluti nel corso degli anni, cercando di andare incontro sia alle nuove esigenze dei pazienti, sia aggiornando metodiche e strumenti. Lo sviluppo può essere in varie direzioni, poiché non tutti si soffermano sull’aspetto imprenditoriale della galenica.
«Se è vero che la preparazione galenica trova la sua base razionale nell’assicurare al paziente la possibilità di ottenere un medicinale che non è disponibile come prodotto di origine industriale, le farmacie che non sono in grado di allestire una preparazione devono fornire indicazioni sulle farmacie più vicine in grado di allestire – spiega Cosimo Violante – Questo sia per garantire l’assistenza farmaceutica al paziente, sia per un obbligo etico e da codice deontologico».
A servizio del cittadino
Si possono individuare, infatti, due tipi di galenica: quella sociale e quella imprenditoriale. «Parliamo di galenica sociale quando ci troviamo di fronte a quell’attività volta a soddisfare le esigenze di: sopperire alla momentanea mancanza di medicinali industriali, farmaci per le malattie rare, farmaci non presenti in Italia – spiega Violante – Così come le preparazioni officinali e salutistiche possono andar incontro a esigenze particolari, anche meramente economiche: può essere un esempio l’allestimento di gel di diclofenac in piccole confezioni a un costo molto contenuto.
Ci riferiamo a tutti i casi, insomma, in cui il farmacista preparatore svolge un ruolo “sociale”, a tutela della salute collettiva, garantendo al paziente la possibilità di curarsi».
Quando intervenire…
Viene però da chiedersi se al farmacista, oggi, convenga fare galenica sociale. «Ci sono alcuni casi dove ha senso ed è con gioia che si può allestire quanto richiesto – racconta Luca Guizzon – Per esempio, quando si trovano materie prime ad “alta rotazione”/utilizzabili per preparati officinali, di quantità-qualità prezzo adeguato; quando si ha l’occasione di collaborare con medici prescrittori; quando il paziente ha bisogno cronicamente del farmaco; quando abbiamo tutta la strumentazione e DPI adeguati per poter allestire un farmaco di qualità in massima sicurezza per l’operatore.
Pensiamo a principi attivi quali testosterone, lomustina, talidomide che hanno frasi H350, H340 o H360 oppure a cortisonici o ormoni. Per la sicurezza dell’operatore, questi dovranno essere manipolati non solo con adeguate mascherine FP3 e tute protettive, ma anche in ambienti e cappe progettati ad hoc e destinati a questo utilizzo».
… e quando delegare
Ci sono, tuttavia, dei casi in cui “conviene” rifiutare. Quando, per esempio, non c’è la ricetta corretta, non si trovano materie prime di qualità/costo adeguato, o quando non si hanno DPI sufficientemente prestanti per proteggere l’operatore dal contatto con gli attivi o, infine, se la richiesta non può essere soddisfatta per mancanze strumentali/ strutturali.
«In tutti i casi dove non siamo in grado di realizzare il preparato galenico è nostro obbligo da codice deontologico, oltre che etico, di indicare al paziente la farmacia che possa prepararla – aggiunge Violante – Questo per andare incontro al fine ultimo della nostra attività professionale: la salute del paziente. Tutto questo rientra nell’aspetto “sociale” della galenica. Il codice deontologico, infatti, ci ricorda che è nostro dovere avere sempre una condotta consona al nostro ruolo, in ogni ambito della nostra vita mantenendo sempre la nostra professionalità» conclude.