Tra intelligenza artificiale e dispostivi medici sempre più smart e interconnessi, foglietti illustrativi elettronici, transizione delle produzioni a modelli 5.0 e innovazione sia a livello di approcci terapeutici che di erogazione delle cure, la 64° edizione del Simposio AFI, in programma come tradizione a Rimini dal 11 al 13 giugno 2025, si propone una volta di più come l’evento clou della stagione in cui i professionisti del settore farmaceutico possono confrontarsi sui temi del momento. Abbiamo approfondito i temi portanti del Simposio riminese, organizzato dall’Associazione Farmaceutici Industria, insieme al presidente della stessa, Giorgio Bruno.

Già dal titolo “Dalla conoscenza alla digitalizzazione per la competitività dell’industria della salute”, il programma del Simposio AFI di quest’anno fa riferimento alle molteplici sfide del mondo del farmaco. Può fare il punto sullo stato di salute del settore farmaceutico e sulle sfide aperte?

La digitalizzazione è un tema di importanza cruciale per tutto il comparto del farmaco, la transizione è già in essere da tempo con passaggio dalla conoscenza tradizionale alle nuove tecnologie. Questo sta trasformando un po’ tutta la filiera del farmaco e della salute, con l’obiettivo di renderla sempre più efficiente, competitiva e orientata al futuro. L’obiettivo di fondo è sempre quello di migliorare l’accesso e la qualità delle cure. La farmaceutica è un settore estremamente positivo, con il 90% delle produzioni che vanno in export, più di 4 miliardi di euro/anno di investimenti in R&D e ricerca e produzione e oltre 70 mila addetti, di cui il 90% laureati e diplomati e il 45% donne. Abbiamo aumentato l’occupazione negli ultimi cinque anni, c’è un saldo positivo sia per farmaci che vaccini nel 2024. Nell’ambito delle collaborazioni siamo al primo posto per ricerca e sviluppo. Bisogna collaborare con i centri pubblici per fare formazione e lavorare uniti per dare al paziente le cure migliori.

In tema di trasformazione digitale, sta sempre più prendendo piede l’IA, che è attesa rivoluzionare anche il modo con cui verranno erogate le prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale e le cure in generale. A che punto si è con questo tipo di implementazione?

L’uso dei software per la gestione dei servizi cloud e di quelli di intelligenza artificiale sta indubbiamente aumentando sempre più, c’è un totale cambio di paradigma. La digitalizzazione consente di raccogliere, archiviare e analizzare i dati in modo molto più efficiente e veloce. L’IA permette di gestire meglio, se utilizzata e guidata nel modo corretto. Non può essere lasciata allo stato brado, deve essere seguita con attenzione, però è ciò che permette di fare salti in avanti in tutti gli ambiti. Se parliamo di machine learning, di internet delle cose, di blockchain, sta cambiando il modo in cui vengono gestiti i dati, sempre con l’obiettivo di migliorare diagnosi e trattamenti dei pazienti. Con l’IA si devono migliorare gli aspetti di ricerca, a 360°. È anche importante, e cercheremo di approfondirla durante il Simposio, la formazione sulle competenze digitali rivolta al personale che deve gestire questa situazione. Questo, ad esempio, è un presupposto fondamentale per garantire che si utilizzi l’intelligenza artificiale effettivamente per ciò per cui è necessaria.

Come si colloca questa prospettiva all’interno della transizione dal modello di industria 4.0 a quello 5.0, a cui sarà dedicata una sessione?

C’è attenzione anche a queste cose, perché il mondo cambia e anche l’industria della salute deve cambiare a sua volta. Conseguentemente, dobbiamo migliorare il modo di approcciare tutto quello che è il “sistema salute”. Stanno uscendo nuove normative, per quanto riguarda il 5.0 sono soprattutto discorsi di cybersecurity, protezione dei dati, di attenzione a tutte quelle tecnologie che permettono di gestire al meglio l’innovazione tecnologica e da cui l’industria della salute non può prescindere.

La real-world evidence è sempre più importante per rendere attrattiva la ricerca clinica, sia in Italia che in Europa. Quali sono i temi caldi a riguardo?

Sicuramente la digitalizzazione e decentralizzazione della real-world evidence per rendere più importante l’Europa nella ricerca clinica. Siamo stati un po’ sorpassati nella ricerca e sviluppo di nuovi farmaci, l’Europa in senso assoluto è rimasta indietro. Ci precedono gli Stati Uniti e la Cina, dove si stanno facendo dei grandi progressi. È importante promuovere il più possibile l’inclusione e la gestione del paziente nella sperimentazione clinica. A inizio marzo, come AFI abbiamo organizzato un evento a Roma sugli Affari regolatori istituzionali dove si è parlato anche di queste cose. Abbiamo anche un gruppo AFI che si interessa di real-world evidence e un gruppo sulla patient voice & value. Cerchiamo di trattare nel Simposio tutte le nuove tecnologie ed evidenze che emergono, per dare un panorama completo dell’evoluzione del mondo dell’industria della salute.

Sempre in materia di nuovi approcci, c’è sempre più ricorso a dispositivi medici intelligenti, telemedicina: quali sono le criticità?

Se intesa come l’introduzione di nuove tecnologie, l’innovazione è un concetto collegato alla ricerca: non esiste innovazione se non c’è ricerca, se la ricerca non viene condotta al massimo delle possibilità e sfruttando tutte le tecnologie che permettono l’efficientamento dei disegni di ricerca. L’importante è potenziare la filiera della salute, che è un asset strategico per il paese. Lo abbiamo visto durante il Covid, senza salute non c’è economia, sicurezza, vita sociale e progresso. Tutto questo si declina nell’innovazione, che deve essere sviluppo di nuove competenze, promozione della salute e miglioramento della professionalità degli operatori sanitari. Noi da un certo punto di vista ci consideriamo operatori sanitari, perché molti tra i professionisti farmaceutici sono CTF e farmacisti, abbiamo questa sensibilità nei confronti del paziente e cerchiamo di offrire al paziente i migliori servizi possibili. I dispositivi medici associati a concetti come le terapie digitali, ad esempio, possono dare qualcosa in più al paziente. Certo dal punto di vista dei costi sono molto costosi, come pure i nuovi farmaci biotech che prospettano una possibilità di cura ma con costi elevati per il sistema salute. Gestirli non è semplice, come pure non è semplice trasferire ciò che viene realizzato a livello di laboratorio e di startup. Gli associati, ciascuno nel proprio campo, stanno tutti lavorando su queste cose, speriamo che i risultati si vedano presto.

Il Simposio prevede una sessione proprio dedicata alla produzione e delivery delle terapie avanzate. Quali sono le principali novità?

Le terapie ATMP, le terapie cellulari e geniche, sono innovazioni che cerchiamo di presentare all’interno del Simposio, con attenzione al fatto che il sistema paese possa avere la possibilità di gestire al meglio le malattie che oggi si fa più fatica a curare. In tutto ciò c’è molta innovazione, molto lavoro, molto impegno nella ricerca e ci auguriamo di vedere sempre migliori risultati in termine di qualità di vita del paziente.

Prima ha nominato la patient voice & value, a cui è dedicata una sessione del Simposio. Può spiegare meglio di cosa si tratta e le attività di AFI in questo campo?

Abbiamo creato un nuovo gruppo che si sta focalizzando sul concetto di sistema salute “ad personam”, centrato sull’umanizzare la voce del paziente e nell’integrare tutte le funzioni tipiche degli altri attori del sistema, tra cui anche le aziende, per centralizzare sempre più il problema della salute del paziente e come migliorarla. Per “umanizzare la voce del paziente” si intende ascoltarlo, capire quali sono le sue esigenze. La voce del paziente deve essere integrata, bisogna sapere cosa si aspetta quando prende un farmaco. Ovviamente si aspetta di avere un miglioramento del proprio stato di salute, noi dobbiamo preoccuparci di avere un farmaco che risponda alle sue esigenze, che sia di qualità e che abbia un costo accessibile.

Di recente è stato pubblicato il decreto sulla serializzazione dei medicinali in Italia, mentre a livello europeo è stata pubblicata la proposta per il Critical Medicines Act. Approfondirete anche questi temi durante il Simposio?

Accenneremo sicuramente qualcosa sulla serializzazione, che è un adeguamento a una direttiva europea già uscita anni fa. Non sono ancora usciti tutti i decreti attuativi, dovremo capire bene  come si articolerà l’implementazione nel corso dei prossimi due anni. Parleremo sicuramente di carenze, da dove nascono, se sono dovute ad esempio a una mancanza di principi attivi. Prima del Covid, l’argomento “supply chain” era praticamente sconosciuto, gli API arrivavano dalla Cina e dallIndia e nessuno s’interessava ai problemi della catena di fornitura. Dopo il Covid si è scoperto che alcuni API non arrivavano, non arrivavano gli eccipienti, i materiali di confezionamento primari, oltre ai dispositivi medici individuali Nella sessione XVII si parlerà proprio del mercato e delle criticità nella gestione di principi attivi ed eccipienti, del fatto che si fa sempre più fatica a garantire una supply chain corretta. Guardiamo il caso degli antibiotici, ad esempio.

Come si prospetta in questo momento la situazione sulle nuove procedure di health technology assessment e joint clinical assessment?

Poco tempo fa è uscito il nuovo regolamento sull’innovatività di Aifa. Sicuramente in Italia sono e saranno sempre più applicati l’health technology assessment e il joint clinical assessment, questo sarà per noi un motivo di grossa soddisfazione. C’è una cultura, un movimento che si sta dando parecchio da fare. Al Simposio cercheremo di coinvolgere su questo tema i principali attori, dal Ministero della Salute all’Agenzia italiana del farmaco e alla Società Italiana di HTA. È un tema che diventerà centrale per l’approvazione di nuovi farmaci.

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