La qualità della dieta degli italiani è in lento, ma costante declino.
Nonostante la rinomata tradizione alimentare del nostro Paese, uno studio recente – coordinato da Laura Rossi, Direttrice del Reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità – ISS, pubblicato su Frontiers in Nutrition, rivela che il consumo di alimenti ultra-processati è quasi raddoppiato negli ultimi quindici anni, specialmente tra i più giovani.
Un trend che preoccupa non poco gli esperti, sollevando interrogativi sulla reale efficacia delle attuali linee guida nutrizionali.
Lo studio condotto: l’analisi dei trend
La ricerca è basata sull’analisi dei dati di consumo alimentare raccolti tra il 2005-2006 e il 2018-2020 su un campione di 2.313 adulti e 290 anziani nel primo periodo considerato, e 726 adulti e 156 anziani nel secondo, con una proporzione del 50% tra maschi e femmine.
Lo studio ha utilizzato due indicatori specifici: l’AIDGI (Indicatore di Aderenza alle Linee Guida Alimentari Italiane) e il WISH2.0 (Indice Mondiale per la Sostenibilità e la Salute). Entrambi gli indici mostrano un quadro con margini di miglioramento, con punteggi che non superano il 50% del massimo teorico.
Generazioni a confronto: giovani peggio degli anziani
I risultati dello studio hanno evidenziato un dato sorprendente: gli anziani (fascia 65-74 anni), in particolare le donne, mantengono abitudini alimentari più sane rispetto agli adulti più giovani (18-64 anni).
Non solo, nel periodo analizzato, la loro aderenza a una dieta di qualità è persino migliorata, mentre quella dei più giovani è peggiorata in modo significativo.
Mentre il punteggio AIDGI per gli anziani è cresciuto del +5.6%, quello degli adulti è sceso del -5.9%. Simile il trend per l’indice WISH2.0, che segna un +2.8% per gli anziani e un -5.1% per gli adulti.
Il lato oscuro della tavola: la crescita degli ultra-processati
Il dato più preoccupante riguarda la tipologia di cibi consumati.
«I risultati della nostra ricerca – ha sostenuto la coordinatrice dello studio – indicano un lieve peggioramento dell’aderenza alle raccomandazioni, con un eccesso di consumi di alimenti di origine animale, in particolare la carne rossa e i salumi, e uno scarso consumo di alimenti vegetali e in particolare di fonti di proteine vegetali, come i legumi. Tendiamo a criminalizzare i carboidrati e a consumare molti alimenti voluttuari come snack dolci e salati, vino e birra. In particolare questo è vero per gli adulti, mentre per gli anziani e le donne la situazione è lievemente migliore. A guidare questa tendenza negativa è l’aumento del consumo di alimenti ultra-processati (UPF), che sebbene in termini di peso rappresentino solo il 6% del totale del cibo consumato, contribuiscono al 23% dell’apporto energetico giornaliero».
Si tratta di un dato cruciale: i cibi ultra-processati sono molto più calorici e meno nutrienti degli alimenti tradizionali. A differenza degli alimenti semplicemente processati (come pane, formaggi, o verdure in scatola), che hanno visto diminuire il loro consumo, gli ultra-processati rappresentano ad oggi la principale minaccia per la qualità della dieta dei nostri connazionali.
Le sfide per la salute pubblica: il ruolo delle linee guida
I ricercatori hanno concluso, infine, che pur sembrando relativamente stabile, la qualità complessiva della dieta italiana mostra un declino determinato dall’aumento silenzioso e insidioso dei cibi ultra-processati.
Un’ultima considerazione chiave sollevata dallo studio è l’attuale mancanza, nelle linee guida ufficiali, di una distinzione chiara tra alimenti processati e ultra-processati.
Un aspetto che, secondo gli autori, andrebbe rivisto con urgenza per fornire indicazioni più efficaci e tutelare la salute pubblica.


