Linee guida per l’uso degli oppioidi nel dolore cronico

Un allarme sull’uso eccessivo di farmaci oppioidi nel trattamento del dolore cronico è stato lanciato dal direttore degli americani Centers for Disease Control and Prevention (CDC), Thomas Frieden, che dalle pagine del New England Journal of Medicine ha commentato le nuove linee guida Guideline for prescribing oppioids for chronic pain che l’istituto governativo americano ha appena pubblicato sull’argomento.

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Le morte da overdose da over-prescrizione di oppiodi negli Stati Uniti sarebbero quadruplicate negli ultimi 15 anni, scrive Frieden, come conseguenza dell’analogo trend di aumento nelle prescrizioni di questo tipo di sostanze.

Le linee guida dei CDC sottolineano la necessità di raccogliere ulteriori evidenze sul rapporto costo-efficacia e sulla sicurezza dell’uso cronico di oppioidi, in particolare per quanto riguarda la loro effettiva utilità nella gestione del dolore al di là della terapia palliativa o del dolore da tumore. Evidenze sui benefici che, per Frieden, sarebbero per il momento ancora limitate se paragonate al rischio di generare dipendenza e overdose che è intrinsecamente correlato a questa tipologia di medicinale. Secondo il direttore dei CDC mancherebbero, in particolare, studi clinici lunghi almeno un anno e i cui risultati permettano di valutare meglio l’impatto sul dolore, la funzionalità e la qualità della vita del paziente. “I pochi trial randomizzati per valutare gli oppiodi per più di 6 settimane hanno portato a pochi risultati. Diversi studi, infatti, hanno indicato che l’uso di oppiodi per il dolore cronico potrebbe anche peggiorare il dolore e la funzionalità, probabilmente attraverso il potenziamento della percezione del dolore”, ha scritto Fieden nel suo editoriale.

Gli oppiodi, la maggior parte dei quali agiscono come antagonisti del recettore mu, avrebbero lo stesso potenziale di generare dipendenza e rischio di overdose dell’eroina. Il rischio di dipendenza aumenterebbe, secondo Frieden, nei pazienti con una storia pregressa di malattia mentale o di dipendenza; il rischio di overdose sarebbe dose-dipendente. Secondo il direttore dei CDC, la frequenza delle morti correlate all’uso di oppioidi in pazienti affetti da dolore cronico e con patologie non a rischio di vita è la più alta rispetto ad altre classi di medicinali.

I principi guida

Le linee guida dei CDC pongono al primo posto delle raccomandazioni sul corretto uso degli oppioidi per il dolore cronico, nel caso di patologie diverse dal cancro o dalle cure palliative e del fine vita, l’utilizzo di altri tipi di terapie sia farmacologiche con altre classi di farmaci che non farmacologiche. L’uso degli oppioidi in supporto ad altri trattamenti è raccomandato solo nei casi in cui sia il dolore che la funzioanlità potrebbero beneficiarne in modo molto maggiore rispetto al rischio correlato all’uso di questi prodotti. Thomas Frieden sottolinea anche l’importante ruolo delle terapie non farmacologiche, come l’esercizio fisico, la perdita di peso e le terapie psicologiche, che hanno un impatto per i pazienti molto minore rispetto all’uso di oppioidi. Anche altre tipologie di trattamento farmacologico, come gli antinfiammatori per il dolore alla schiena o gli antidepressivi per il dolore neuronale, sarebbero preferibili rispetto all’uso degli oppioidi per il minor rischio di dipendenza e morte.

Nel caso in cui non si possa evitare il ricorso agli oppioidi, il medico dovrebbe comunque prescrivere la minor dose possibile, cercando di valutare bene i rischi di scalare la dose e rimanendo sempre al di sotto di 90 MME/die. “Quando si prescrivono gli oppioidi, la regola d’oro è ‘inizia basso e vai lento’”, scrive Thomas Frieden. Anche lo stretto monitoraggio del paziente è fondamentale per diminuire il rischio associato a questi farmaci.

I 12 punti delle linee guida

Le linee guida dei CDC sull’uso degli oppioidi elencano dodici punti che dovrebbero sempre far parte della valutazione circa l‘opportunità di prescrivere questo tipo di farmaci a pazienti con dolore cronico e condizioni patologiche che non li pongono a pericolo di vita. Li riassumiamo di seguito:

  1. La terapia non farmacologica e la terapia farmacologica non-oppioide sono preferibili per il trattamento del dolore cronico.
  2. Il medico dovrebbe stabilire con il paziente l’obiettivo realistico della terapia sia rispetto al dolore che alla funzionalità, e dovrebbe considerare di terminare la terapia in caso di benefici che non superino il rischio.
  3. Il medico dovrebbe discutere periodicamente rischi e benefici della terapia con il paziende, sia prima di iniziarla che in corso di somministrazione;
  4. In caso di prescrizione, il medico dovrebbe preferire oppioidi a rilascio immediato piuttosto che prodotti a rilascio lento o prolungato (ER/LA);
  5. Il medico dovrebbe sempre partire prescrivendo il dosaggio più basso possibile, e dovrebbe valutare i rischi associati a uno scaling up della dose;
  6. L’uso di oppiodi è spesso associato al dolore acuto, nel qual caso si dovrebbero prescrivere le dosi minori possibile e a rilascio immediato; di solito un trattamento di tre giorni è sufficiente e solo in rari casi dovrebbe raggiungere i sette giorni;
  7. Una prima valutazione dell’andamento della terapia dovrebbe essere già effettuata dopo 1-4 settimane dall’inizio del trattamento, e in ogni caso almeno ogni 3 mesi.
  8. Il medico dovrebbe peridiocamente rivalutare i rischi corelati all’uso di oppiodi, e prevedere l’uso di naloxone in caso di rischio di overdose, alti dosaggi o uso concomitante di benzodiazepine;
  9. Il medico dovrebbe sempre considerare anche la storia del paziente per quanto riguarda l’assunzione di sostanze soggette a obbligo di controllo, redigendo un programma di monitoraggio per stabilire i rischi di overdose.
  10. L’analisi delle urine dovrebbe precedere la prescrizione ed essere ripetuta almeno annualmente in corso di somministrazione.
  11. Si dovrebbe evitare la prescrizione conomitante di oppioidi e benzodiazepine;
  12. Il medico dovrebbe suggerire il ricorso a terapie con buprenorfrina o metadone in combinazione con terapie del comportamento in caso di pazienti con problemi di comportamento correlato agli oppioidi.