La nuova monografia IARC sulle bevande molto calde

Il caffè è parte integrante della cultura di molti paesi, tra cui l’Italia e dà vita a una quantomai vasta e variegata gamma di forme di somministrazione. Con la pubblicazione della nuova Monografia sul caffè, il maté e le bevande molto calde (vol. 116) da parte della International agency for research on cancer (IARC), di cui un riepilogo è stato pubblicato su The Lancet Oncology, molte persone potranno trarre un sospiro di sollievo per la riclassificazione della bevanda nel gruppo 3 di rischio (“non cancerogeno per l’uomo”), da precedente gruppo 2B (“possibile cancerogeno per l’uomo”, monografia del 1991).

caffè
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La review dei dati sul caffé

I 23 esperti della World Health Organization che hanno valutato la grande quantità di evidenza scientifica disponibile sul caffè hanno concluso che i dati disponibili sono inadeguati a sostenere la cancerogenità del caffè. Gli studi epidemiologici esaminati non hanno dimostrato alcun effetto del caffè sui tumori del pancreas, della mammella e della prostata, e solo un basso rischio per il tumore del fegato e dell’endometrio. Per altre 20 forme tumorali i dati a disposizione sono stati giudicati del tutto inconsistenti per permettere conclusioni.

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), d’altro canto, aveva già emesso un parere a sostegno del fatto che un’assunzione moderata di caffè, tipicamente 3-5 tazzine al giorno, possa essere associato benefici fisiologici. Nessuno stop, quindi, al caffè come parte integrante di una dieta sana ed equilibrata e di uno stile di vita attivo.

La caffeina contenuta nel caffè e assunta a piccole dose è una sostanza psicoattiva che migliora il tono dell’umore, la memoria e la concentrazione, aiuta a rallentare il fisiologico declino cognitivo legato all’età e a ridurre il rischio di malattie neurodegenerative. Il caffè, inoltre, è stato associato ad un’azione protettiva nei confronti del diabete di tipo 2 e di alcune malattie del fegato tra cui cirrosi, steatosi ed epatite.

Il Comitato Italiano del Caffè esprime soddisfazione perché sono confermati gli esiti positivi dei numerosi studi e metanalisi pubblicati dopo l’ultima valutazione IARC del 1991, in base ai quali gli esperti escludono evidenze di rischio ma anzi valutano un possibile ruolo protettivo nei confronti di alcune forme di cancro, ad esempio quello al fegato e all’endometrio”, ha dichiarato il presidente del Comitato, Mario Cerutti, a seguito della pubblicazione della monografia IARC.

Le bevande tradizionali

Il problema individuato nella Monografia come collegato all’assunzione di bevande molto calde potrebbe essere ascritto proprio alla temperatura della bevanda, come ha spiegato il direttore dello IARC, Christopher Wild: “I risultati suggeriscono che bere bevande molto calde è una causa probabile di cancro all’esofago e che è la temperatura, piuttosto che la bevanda di per sé, il probabile responsabile”. Sulla base di queste conclusioni, le bevande molto calde sono state classificate nel gruppo 2A di rischio, come “probabilmente cancerogene per l’uomo”.

Gli esperti hanno considerato per il loro esame anche gli studi epidemiologici condotti in Cina, Iran, Turchia e Sud America, paesi in cui è pratica diffusa tra la popolazione bere tè o maté a circa 70°C, riscontrando un aumento del livello di rischio al crescere della temperatura. Proprio in questi paesi l’incidenza dei tumori all’esofago è particolarmente elevata, mentre nei paesi occidentali la malattia – che nel 2012 ha fatto circa 400 mila vittime (pari al 5% di tutti i decessi per cancro) – è maggiormente associata al consumo di alcol e sigarette.

Il maté, una bevanda tradizionale dell’America Latina, è stata anch’essa riclassificata nel gruppo 3 di rischio se bevuta a temperatura non troppo elevata (minore di 65°C), sulla base delle evidenze inadeguate a supporto di effetti dannosi per la salute sia nell’uomo che negli animali da laboratorio.

The Lancet Oncology, Carcinogenicity of drinking coffee, mate, and very hot beverages, Vol. 17, n. 7, p877–878 (July 2016), first published online 15 June 2016