Il titolo, evocativo, parla già da solo e potrebbe essere la richiesta non esplicita nelle domande giornaliere che il cliente fa al farmacista sulla propria salute: parlami di salute attraverso i social. Coloro che riferiscono al farmacista di aver letto sui social un argomento di salute oppure degli effetti miracolosi di un farmaco o un prodotto, però, potrebbero nascondere un dubbio: chi parla di salute sui social sa realmente di cosa sta parlando?
Esperienze personali “postate” da alcuni giovani influencer descrivono le proprie “storie”, diventano “virali” e a loro volta possono “influenzare” un più ampio pubblico. Testimonial famosi su TikTok hanno presentato le loro storie, “sdoganando” anche prodotti a prescrizione medica – quali ozempic, per esempio – per un uso off label.
La “carenza” del prodotto nel canale distributivo è stata la conseguenza che ha portato molti pazienti diabetici o con obesità diagnosticate a non poter utilizzare il farmaco. Miscele alimentari dimagranti, senza spesso una documentazione scientifica solida, si sono ispirate al successo di ozempic. Giovani influencer hanno incrociato differenti generazioni pronte a utilizzare questi prodotti. Il mercato è fatto di 16 milioni di italiani che attraverso uno smartphone raggiungono i social per la facilità di cercare informazioni.
La motivazione è che il 74% degli italiani ha paura di ammalarsi, secondo l’Ocse, e 8 pazienti su 10 sono preoccupati dell’accesso alle cure sanitarie di qualità. Ma la “infobesità” alimenta “l’infodemia” che, a sua volta, potrebbe portare a sviluppare convinzioni di attività salutistiche preventive spesso prive di fondamento scientifico.
Ci si potrebbe anche aspettare in molti casi il “deragliamento” del concetto generale di salute, conducendo molti a non credere ai consigli e alle prescrizioni dei medici. Uno degli effetti secondari della “infodemia” è proprio l’abbandono terapeutico.
Il fenomeno è continuamente monitorato dalle autorità. Strategie ufficiali di contrasto a una “disinformazione social” hanno l’obiettivo di tutelare la salute pubblica con contenuti chiari, autorevoli, tempestivi. Alcuni progetti quali:
- AIFA – “COSÌsìFA”;
- UE – campagne educative su pensiero critico e fact-checking;
- OMS – piattaforma Mythbuster;
- Collaborazioni con TikTok, Google, YouTube, hanno proprio questa logica;
Tra news scientifiche e fake
Il “pharmainfluencer” laureato in farmacia, così come il farmacista territoriale, che ruolo possono avere nel controllare il fenomeno dell’infodemia e dare risposte concrete ai propri clienti/pazienti?
Una notizia scientifica, così come una fake news, hanno origini comunicative sostanzialmente simili. Che cosa cambia? L’autorevolezza di chi la propone: l’opinion maker pharmainfluencer ma anche l’influencer medico che la diffonde hanno una riconosciuta valenza rispetto all’influencer celebre. Ma la convinzione del cliente può dipendere principalmente dall’efficacia della modalità di comunicazione.
Su tre persone che recepiscono una informazione social:
- una persona la verifica e, se convinto, la diffonde;
- una persona non la verifica ma la diffonde perché si fida del pharmainfluencer;
- una non la condivide perché non è convinto della comunicazione ricevuta. Spesso preferisce diffondere una sua news con modalità contraria, contestando l’argomento, oppure fornendo la propria opinione sostanzialmente diversa dall’originale.
Il processo ovviamente si amplifica, si moltiplica, si potenzia, raggiungendo “audience” sempre più ampie e vaste che, a loro volta, generano opinioni diverse e a loro volta condivise.
In questa “matassa” comunicativa, il pharmainfluencer-farmacista potrebbe fare la differenza per competenza e autorevolezza.
Colpire chi ascolta
Non sempre è possibile esprimere in modo chiaro, comprensibile e accattivante una comunicazione biomedica specialistica, raggiungendo anche il target dei contrari. Per questo, è essenziale porsi alcune domande critiche all’origine di questo nuovo percorso. Il pharmainfluencer-farmacista, per esempio, vuole mettere ordine nell’ambito dell’infodemia che si propaga come un virus? In alternativa, è più attratto da un uso “commerciale” dei social? Oppure riesce a fare un mix tra le due strade?
A nostro avviso, il pharmainfluencer-farmacista specializzato, opportunamente trainato anche sulle tecniche di comunicazione, può essere in grado di agire efficacemente sull’appiattimento dell’infodemia attraverso l’obiettivo di:
- verificare le fonti;
- non condividere impulsivamente la notizia;
- usare il pensiero critico;
- diffondere il suo commento bilanciato tra scienza e comunicazione biomedica.
Potremmo quindi delineare due funzioni di contrasto all’infodemia. Il pharmainfluencer specialista, che ha sposato la causa e ha preso la decisione di svolgere questo mestiere in prima persona con l’obiettivo di divenire l’opinion maker di riferimento. Il farmacista territoriale che per il suo ruolo è il primo contatto diretto con il cliente su argomenti trattati sui social.
Un hub comunicativo, operante sul territorio nel “controllare la viralità” della news. Questo lavoro può essere svolto dalla stessa persona? Dipende dalla volontà e dal tempo del singolo. L’ alleanza tra queste due funzioni farmaceutiche, insieme al medico, potrebbe trasformare uno “strumento”, oggi percepito in modo commerciale”, in un nuovo “servizio 2.0” della farmacia. Una giovane laureata in Scienze Farmaceutiche Applicate della Facoltà di Farmacia e Medicina della Sapienza di Roma, la dott.ssa Agata Potenza ha proposto nella sua tesi di laurea una swot analysis di comparazione tra punti fondamentali di una comunicazione sanitaria social generalista e quella svolta da un pharmainfluencer specialista, il dott. Giacomo Pisano, intervistato dalla stessa.
Il ruolo specialistico di un farmacista emerge nella differenza informativa. Riteniamo che sia utile riportare questo confronto affinché il lettore possa effettuare una propria valutazione in termini di scelta strategica da affrontare: sviluppare o continuare un percorso commerciale oppure specialistico oppure misto.
L’importante è definire chiaramente il momento strategico della scelta da rivolgere alla propria audience. Gli obiettivi possono essere ampi, oppure da micro-territorio, ma soprattutto dovranno essere chiari e scientificamente comprensibili per i propri clienti.
La formazione
“Tutor delle informazioni scientifiche tailor made per la clientela social e per quella fisicamente incontrata in farmacia” potrebbe essere la definizione della richiesta del mercato. Il primo aspetto che ci colpisce è la formazione del pharmainfluencer, che gioca un ruolo determinante. Proviamo a costruire una job descriptioniniziando dalla sua formazione, per arrivare poi alle caratteristiche lavorative e imprenditoriali:
Un primo step formativo accademico e professionale dovrebbe sviluppare e alimentare le hard skills caratteristiche di questa professione farmaceutica:
- Competenze di base tecnico-scientifiche acquisite a livello universitario con una laurea in farmacia, CTF, scienze farmaceutiche applicate;
- Competenze articolate nella creazione di contenuti digitali, acquisite attraverso specializzazioni sostanzialmente corsi di alta formazione;
- Competenze specialistiche avanzate in TIC (Tecnologie della Informazione e Comunicazione) attraverso adeguati master oppure laurea in Comunicazione Biomedica;
- Scelta nell’aggiornamento medico continuo di format con giornate formative che abbiano almeno un argomento dedicato al come comunicare;
- Stage aziendali (farmacie, farmaceutiche, società di integratori e/o di comunicazione scientifica) che si occupano di salute attraverso i social.
Un secondo step dovrebbe meglio definire le soft skills che si acquisiscono con la pratica quotidiana lavorativa (training on the job):
- Definire Condividere e costruire una cultura aziendale: fare in modo, cioè, che ci sia una visione imprenditoriale nello svolgere questo ruolo, sia che si lavori all’interno di una farmacia che fuori della struttura organizzativa con le opportune analisi valutative richieste del mercato;
- Ascoltare il paziente: rinforzare attraverso le tematiche affrontate il concetto di sicurezza nel seguire il consiglio del pharmainfluencer che potrà portare benefici alla salute (ad esempio inserire modelli di gestione dell’aderenza terapeutica);
- Ispirare fiducia non abbandonando il cliente, calendarizzando il feedback;
- Sforzarsi di abbandonare il “medichese” trovando chiavi di lettura comunicativa chiare e incisive, magari anche insieme al paziente.
L’oceano blu
Abbiamo espresso più volte su queste colonne il concetto di “oceano blu”. Spazi di mercato incontaminati dalla concorrenza, contrapposti a spazi affollati tipici dell’oceano rosso. Ma realmente: esiste un bisogno di mercato di salute sui social che ancora non è esplorato e coperto?
A nostro avviso, alcuni “segnali” emersi dai dati Censis ci potrebbero aiutare:
1° segnale: la fiducia nella farmacia e nel farmacista ci dimostra sostanzialmente la trasversalità generazionale
47% tra 18-34 anni
57% tra 35-64 anni
74% 65 anni e oltre
2° segnale: la richiesta di servizi dedicati alle attività di prevenzione delle malattie. Richiesta da un piccolo target, il 17% degli intervistati dimostra una probabile mancanza di soddisfazione che potrebbe tuttavia crescere nel tempo;
3° segnale: il digital trust index ranking esprime la fiducia digitale nei vari settori. La Sanità è al terzo posto con un 40% dell’interesse e viene dopo i servizi bancari e governativi.
4° segnale: lo stesso dato evidenzia negativamente come la fiducia sui social sia pari solamente al 4%.
Come espresso all’inizio dell’articolo, in questa fase della farmacia potrebbe essere questo il momento di avviare avventure “pioneristiche” di strategia di Oceano Blu nella gestione social da parte di un pharmainfluencer specialista farmacista.
Ci vorrà del tempo per raggiungere questo obiettivo? Certamente sì. Ricordiamoci che Napoleone ripeteva più volte in battaglia: “La strategia è l’arte di far buon uso del tempo e della distanza: la distanza può essere recuperata; il tempo mai”.


