La pandemia ha inciso negativamente sugli stili di vita degli italiani: sono aumentati fumo, sedentarietà, cattive abitudini alimentari. Il risultato si evidenzia in un complessivo peggioramento della salute del cuore con morti improvvise, anche tra i più giovani. A dare l’allarme i cardiologi

Stando ai dati del rapporto Eurostat 2020, nonostante la pandemia, le malattie del sistema circolatorio hanno rappresentato la principale causa di morte in quasi tutti i paesi UE, ad eccezione di Danimarca, Irlanda, Francia e Paesi Bassi in cui il triste primato è stato detenuto dalle patologie neoplastiche. Anche la salute del cuore degli italiani è peggiorata, tanto che le malattie cardiovascolari sono oggi causa del 44% dei decessi, con morti improvvise più frequenti anche tra i giovani.

Le ragioni del peggioramento

La principale causa di questo deterioramento delle condizioni di salute cardiovascolare degli italiani è stata la pandemia, per diverse ragioni. A partire da abitudini e stili di vita, peggiorate dal Covid-19 e dalle misure atte a contenerlo: maggiore sedentarietà, aumento di peso, abitudini alimentari scorrette, incremento del fumo, oltre a minori controlli, diagnosi tardive e minore aderenza terapeutica. Basti soltanto pensare che nel 2020 a fronte di 439mila decessi da Covid-19, sono state ben 1,7 milioni le persone morte per problemi cardiovascolari.

«Stiamo vivendo un momento storico particolare – ha spiegato il professor Furio Colivicchi, presidente dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) – Associazione che raggruppa 6mila cardiologici impegnati nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiovascolari che lavorano nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale – Stiamo uscendo in maniera lenta e faticosa dalla fase pandemica, portandoci dietro un carico di problematiche legate al fatto che, nei 3 anni della pandemia Covid-19, le malattie cardiovascolari sono state curate in moltissime realtà in maniera inadeguata».

Meno cure e crollo delle vendite di alcuni medicinali

un altro dato da sottolineare è che «le persone si sono curate di meno – ha evidenziato ancora il professor Colivicchi – Nel periodo più pesante della pandemia, c’è stato un crollo delle vendite nelle farmacie dei farmaci per la cura dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia di oltre il 20%. Questo si rapporta a un peggioramento complessivo della gestione di questi due fattori di rischio. Lo abbiamo visto anche nelle attività di pronto soccorso: per lo scompenso cardiaco, che è la fase finale di sviluppo della malattia, gli accessi sono aumentati di oltre il 25% e la mortalità in ospedale dei pazienti scompensati è salita al 15-20% (nel periodo della pandemia era triplicata)».

Elementi questi che raccontano un complessivo peggioramento della salute cardiovascolare nel nostro Paese, senza tralasciare l’impatto crescente della solitudine, di minori interazioni, un complessivo aumento della fatica di vivere unita a un abuso di sostanze stupefacenti, perpetrato per lo più dai giovani.