Oggi 28 luglio, ricorre la Giornata Mondiale delle Epatiti, malattie che rappresentano ancora una minaccia per la salute pubblica. Le epatiti virali, infatti, colpiscono milioni di persone nel mondo e causano migliaia di morti evitabili ogni anno.
L’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato – AISF e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT rinnovano l’appello alla popolazione per stimolare prevenzione da un lato e trattamento tempestivo dall’altro.
AISF e SIMIT auspicano anche il rinnovo dei fondi per gli screening per l’Epatite C, dato che scadono il 31 dicembre 2025, nonché l’allargamento delle coorti di età da sottoporre al test.
Inoltre, AISF ha organizzato un’iniziativa presso il Policlinico Gemelli e Campus Biomedico di Roma per sensibilizzare la popolazione verso gli screening dell’Epatite B, C e Delta.
L’incidenza dei casi nel nostro Paese è ancora alta, si stima che oltre 200mila persone convivano con l’Epatite C senza saperlo. Lo screening e la prevenzione giocano un ruolo chiave nel debellamento della malattia.
“Non aspettare i sintomi, rendi virale la prevenzione” è il titolo scelto per la campagna di sensibilizzazione. Il personale sanitario dei due ospedali si è occupato di accogliere i cittadini e spiegare loro l’importanza di sottoporsi al test. Questo tipo di malattie che spesso restano a lungo asintomatiche e, se non diagnosticate in tempo, possono causare gravi danni al fegato. L’iniziativa voluta da Antonio Gasbarrini, direttore Scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, nasce proprio dalla convinzione che solo una corretta informazione possa spingere le persone a prendersi cura del proprio fegato.
«Il rischio è che le persone con un’infezione asintomatica arrivino alla diagnosi troppo tardi, quando il danno epatico è ormai avanzato e si è già sviluppata una cirrosi o addirittura un epatocarcinoma – spiega Giacomo Germani, segretario AISF – Per questo è essenziale rafforzare la rete di screening e linkage to care, affinché la diagnosi precoce si traduca tempestivamente in accesso alla terapia».
I numeri delle epatiti in Italia
Per quanto riguarda l’Epatite C, è attivo un programma nazionale di screening gratuito, previsto per i nati tra il 1969 e il 1989.
Come riportato da AIFA, se al 1° luglio 2024 i pazienti avviati al trattamento per l’eradicazione del virus dell’Epatite C erano 264.678, a un anno di distanza il bollettino del 30 giugno 2025 riporta 275.502 trattamenti: un progresso significativo, ma non ancora sufficiente per l’eliminazione dell’infezione dal nostro Paese entro il 2030 come indicato dall’OMS.
L’Epatite A è considerata una forma meno pericolosa. Tuttavia, l’estate può aumentare il rischio di contagio, soprattutto a causa di consumo di alimenti a rischio o viaggi in Paesi endemici.
I principali fattori di rischio secondo i dati SEIEVA dell’Istituto Superiore di Sanità relativi al 2024:
- consumo di alcuni alimenti, come molluschi bivalvi crudi o poco cotti (37,6%) e frutti di bosco (21,6%),
- viaggi in zone endemiche (35,1%), soprattutto il Marocco,
- rapporti sessuali non protetti fra uomini (29,5%).
Per l’Epatite B, l’Italia ha introdotto la vaccinazione obbligatoria nel 1991, che ha portato a una significativa riduzione di nuovi casi nei più giovani. Infatti, oggi il virus è quasi assente nella popolazione under 40, ma continua a circolare tra i soggetti più anziani e tra le persone nate in Paesi dove la vaccinazione non è stata sistematica.
Questi i dati raccolti dal SEIEVA nel 2024: 189 casi di epatite B acuta, in aumento rispetto ai 153 del 2023. Le regioni con più casi sono Lombardia (49), Emilia-Romagna (36) e Toscana (15).
I principali fattori di rischio riguardano:
- trattamenti estetici invasivi come manicure, piercing e tatuaggi (38,2%),
- cure odontoiatriche (27,9%),
- comportamenti sessuali a rischio (25,4%),
- esposizione nosocomiale (16,2%).
L’Epatite Delta è una forma clinicamente molto aggressiva, con un rischio elevato di progressione verso cirrosi ed epatocarcinoma. Può colpire solo pazienti affetti da HBV. In Italia secondo l’Osservatorio Polaris si stimano 6.200 persone HDV RNA positive, è quindi cruciale che i pazienti con epatite B siano sempre testati per HDV. I risultati delle nuove terapie sono incoraggianti.
Nel caso del trattamento con bulevirtide oltre la metà dei pazienti ha risposto con una significativa riduzione della carica virale e dei marcatori biochimici, mentre i dati preliminari suggeriscono una diminuzione del rischio di scompenso epatico nei pazienti con cirrosi. L’attenzione crescente per questo tema è testimoniata dall’inserimento dell’HDV RNA nella bozza di aggiornamento dei LEA in attesa di approvazione.


