È stata pubblicata nei mesi scorsi nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la Direttiva delegata (Ue) 2024/782 che aggiorna la Direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali, con l’obiettivo di adeguare i requisiti minimi di formazione al progresso scientifico e tecnologico.
Per quanto riguarda nel dettaglio i farmacisti, la direttiva prevede in modo esplicito e specifico che la formazione debba garantire adeguate conoscenze e abilità anche in materia di:
- farmacia clinica e assistenza farmaceutica;
- sanità pubblica, promozione della salute e gestione delle malattie;
- collaborazione interdisciplinare, pratica interprofessionale e comunicazione;
- tecnologie digitali.
Abbiamo intervistato sul tema Vladimiro Grieco, presidente della Federazione nazionale associazione giovani farmacisti (Fenagifar).
Come valutano i giovani farmacisti i nuovi requisiti formativi introdotti a livello europeo?
«Li vedono come fondamentali per stare al passo con l’evoluzione del settore sanitario. Sentono che un maggiore orientamento verso competenze cliniche li rende più competitivi e li posiziona come figure chiave nella gestione della salute dei pazienti. C’è una crescente consapevolezza che il ruolo del farmacista sta cambiando e questi requisiti sono visti come una risposta proattiva a questa trasformazione».
Pensa che questi cambiamenti rappresentino un’opportunità o una sfida per i giovani farmacisti che stanno per entrare nel mondo del lavoro?
«I giovani farmacisti percepiscono tale cambiamento sia come un’opportunità sia come una sfida; tuttavia, riscontriamo in molti colleghi anche una crescente insoddisfazione per la professione, soprattutto per quanto riguarda il salario e la conciliazione tra vita privata e lavorativa. Siamo pronti a nuove sfide e ad allargare le competenze professionali in tutti quegli ambienti, però, in cui sia garantita una reale crescita professionale. Più in generale, sul tema della formazione e delle competenze, i colleghi auspicano un cambio di passo nel prossimo contratto».
Quali competenze/conoscenze ritiene che i giovani farmacisti debbano sviluppare di più per affrontare il futuro della professione?
«Oltre alle competenze tradizionali, i giovani farmacisti devono acquisire abilità cliniche avanzate, digitali e manageriali. Devono essere in grado di promuovere un benessere integrato, sia fisico sia mentale, offrendo prodotti naturali e sostenibili in modo trasparente. Questo approccio permette di fornire una consulenza completa al paziente e di avvicinarsi alle generazioni Z e Millennial, particolarmente sensibili a questi temi. È inoltre fondamentale sviluppare non solo competenze scientifiche, ma anche soft skills come empatia e ascolto attivo».
Come immagina il ruolo del giovane farmacista nei prossimi cinque anni?
«Nei prossimi anni, il ruolo del giovane farmacista sarà sempre più centrato sulla gestione integrata della salute del paziente. Dovrà monitorare l’aderenza alle terapie farmacologiche e segnalare tempestivamente al medico eventuali criticità che potrebbero ostacolare il percorso di cura. In questo senso, auspichiamo che venga introdotto presto in Italia, come in altri Paesi, la figura del farmacista prescrittore perché, oltre ad essere una richiesta stringente per la carenza dei medici e per il crescente allarme dell’antimicrobico-resistenza (l’Italia è il primo paese con morti riconducibili a tale fenomeno), esalterebbe la fuga del farmacista come professionista a 360°. Questo approccio permetterà non solo di offrire alle persone risposte più tempestive e facilmente accessibili, sotto casa, riguardo alla loro salute, ma anche di ottimizzare e rendere più efficiente la gestione della spesa sanitaria».
Quali sono i vantaggi di una laurea abilitante per i neolaureati rispetto al vecchio sistema di esame di Stato?
«La laurea abilitante offre un percorso più diretto e meno frammentato verso l’ingresso nel mondo del lavoro. Gli studenti e i giovani farmacisti hanno accolto all’unanimità questa innovazione con entusiasmo, apprezzando la possibilità di accedere più rapidamente nel mondo del lavoro, senza dover affrontare ulteriori esami, già superati nel percorso di studi, che sappiamo essere lungo e impegnativo».