L’80% degli italiani, con “concentrazioni” prevalenti fra la popolazione anziana e le donne in (post)menopausa, è carente di vitamina D, molecola fondamentale per il metabolismo osseo. Gli esiti sono consequenziali, fragilità dell’apparato scheletrico, maggiore rischio di frattura. Sensibile l’impatto sul sistema: numeri importanti di eventi avversi che richiedono investimento di risorse, umane, assistenziali economiche per la corretta gestione. Tale percorso può essere corretto con l’uso “cronico” di vitamina D; tuttavia anche fra le classi a rischio, l’aderenza e la compliance terapeutica sono basse: nuove formulazioni, in compresse e capsule molli o in film orodispensabile, promettono un miglioramento dell’intake e del gradimento del paziente.

L’innovazione

Efficaci, maneggevoli, palatabili, assumibili non a pasto a orario fisso ma “quando si vuole” e se la somministrazione sfugge “non fa niente”: non impatta sul trattamento. Valori aggiunti per promettono una maggiore aderenza del paziente alla terapia con vitamina D – attualmente scarsa, fino alla libera sospensione nel 20-30% dei casi – invece indispensabile per salvaguardare la salute delle ossa.

Sono già disponibili in farmacia due nuove formulazioni di vitamina D sviluppate da IBSA Farmaceutici: in film orodispersibile e in capsule molli che potrebbero aiutare a superare le criticità attuali alla costante, corretta assunzione: il gusto poco gradevole delle soluzioni oleose o la loro conservazione in flaconcini spesso difficili da aprire.

«Tra le difficoltà di utilizzo che ne influenzano l’assunzione – ha dichiarato Mario Sfrappini, Presidente della Federazione Italiana Osteoporosi e malattie dello Scheletro (FEDIOS) durante la conferenza stampa “Ipovitaminosi D: la nuova formulazione di Vitamina D3 a supporto della cura del metabolismo osseo”, organizzata da IBSA Farmaceutici – ci sono il conteggio preciso delle gocce, la perdita di medicinale nel caso della formulazione in olio assunta ad esempio sul pane e così via. Opzione terapeutiche ulteriori e più semplici da utilizzare, come quelle proposte, possono contribuire ad aumentare la compliance e l’aderenza terapeutica. Inoltre, la nuova formulazione in film orodispersibile aromatizzato permette l’assunzione orale anche a chi ha difficoltà di deglutizione, e non interferendo con i processi digestivi svincola da attese pre e post pasto, a vantaggio della praticità d’uso».

Il film orodispersibile, in particolare, è una nuova forma di dosaggio che si dissolve rapidamente in bocca senza acqua o deglutizione: un foglietto flessibile e ultrasottile grande quanto un francobollo (50-150 micron di spessore) che, una volta a contatto con la saliva, si scioglie in poche decine di secondi, assicurando una concentrazione precisa ed uniforme dell’ingrediente attivo e una rapida biodisponibilità, facilitando l’assunzione in qualsiasi circostanza e in diverse condizioni.

L’osteoporosi e fratture da fragilità ossea

L’una è potenziale conseguenza dell’altra. Cresce la loro rilevanza clinica e sociale, in funzione del contesto socio-demografico, e dei “costi” in termini di mortalità, disabilità motoria, sanitari e assistenziali nella loro complessità. L’8,1% della popolazione, di cui il 2,3% dei maschi e il 13,5% delle femmine, nell’ambito dell’indagine Multiscopo dell’ISTAT “Aspetti della vita quotidiana”, riferita all’anno 2020, dichiara di essere affetto da osteoporosi, con una prevalenza crescente con l’avanzare dell’età, in particolare nelle donne dopo i 55 anni, fino a raggiungere il 32,2% (il 10,3% dei maschi e il 47% delle femmine) oltre i 74 anni. A conti fatti, l’osteoporosi interessa dunque circa 5 milioni di italiani, l’80% sono donne in post menopausa.

Apparentemente asintomatica, l’osteoporosi lavora silenziosa nel substrato, e quando si manifesta, con una frattura ossea, il danno è fatto. Eppure prevenibili, quanto meno procrastinabili, con una adeguata terapia: una integrazione di vitamina D. «Il suo deficit in pazienti con osteoporosi – ha spiegato Iacopo Chiodini, Presidente della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) – si associa a un aumento del rischio di frattura e, viceversa, un’adeguata supplementazione con vitamina D nei soggetti carenti, insieme a un adeguato introito di calcio, riduce il rischio di frattura. Inoltre, livelli inadeguati di vitamina D ed un insufficiente apporto di calcio sono le cause principali di una mancata risposta della terapia per l’osteoporosi».

Le modalità terapeutiche

Non solo integrazione: la vitamina D deve rientrare in un approccio di trattamento multidisciplinare all’osteoporosi/fragilità ossea. «Un’appropriata terapia deve innanzitutto correggere i fattori di rischio modificabili, attraverso una maggiore attività fisica, corretta alimentazione, sospensione di alcol e fumo, e correggendo l’eventuale deficit di calcio o vitamina D, la cui supplementazione rappresenta oggi uno dei capisaldi del trattamento dell’osteoporosi – ha concluso Claudio Cricelli, Presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) – In pazienti istituzionalizzati, donne in gravidanza e in allattamento, persone con osteoporosi non candidate a terapia remineralizzante, la vitamina D va prescritta a prescindere dal dosaggio ematico, mentre per altre categorie di pazienti è necessario verificare il livello di ipovitaminosi D. Ad esempio, la nota 96 di AIFA indica la soglia di 30 ng/ml per le persone affette da osteoporosi candidate a terapia remineralizzante, per le quali è importante correggere la carenza di vitamina D prima di intraprendere il trattamento».