Il lungo contenzioso giuridico tra laboratori d’analisi e farmacie territoriali sembra essere giunto a un punto di svolta definitivo. Con due recenti sentenze, il TAR del Lazio ha respinto con forza i ricorsi presentati da diverse strutture diagnostiche, confermando che le prestazioni erogate in farmacia – dalla telemedicina ai test diagnostici – non solo sono pienamente legittime, ma rappresentano un pilastro fondamentale della sanità di prossimità italiana.
La questione centrale ruotava attorno alla presunta disparità di trattamento: i laboratori lamentavano, infatti, di essere soggetti a regimi di accreditamento molto più rigidi rispetto a quelli richiesti alle farmacie per prestazioni simili. I giudici amministrativi hanno però chiarito che non esiste alcuna sovrapposizione impropria, poiché la natura giuridica e il ruolo sociale della farmacia sono profondamente diversi da quelli di un laboratorio o di un ambulatorio medico.
Un ruolo unico nel Servizio Sanitario Nazionale
Secondo il Tribunale Amministrativo del Lazio, la farmacia opera in un regime di concessione speciale che la lega indissolubilmente al sistema pubblico. Come si legge nel testo della sentenza, «la farmacia dei servizi – la cui ratio si basa essenzialmente sulla qualità e affidabilità del servizio e sulla capillarità della presenza – è un perno centrale, elemento fondamentale e integrante dell’assistenza erogata dal SSN».
Questa funzione strategica permette di raggiungere obiettivi di salute pubblica che le strutture tradizionali non potrebbero garantire con la stessa efficacia, agendo come un vero e proprio filtro territoriale. I giudici hanno infatti sottolineato che «attraverso i servizi di telemedicina delle farmacie si opera il decongestionamento delle strutture sanitarie convenzionate e si accelerano i tempi degli accertamenti».
Sicurezza e competenze: la distinzione tra tecnica e diagnosi
Uno dei punti più delicati affrontati dal TAR riguarda la natura delle prestazioni. I laboratori sostenevano che l’erogazione di servizi diagnostici in farmacia potesse configurare un esercizio abusivo della professione medica o una violazione degli standard di sicurezza. Il TAR ha però ribadito che la farmacia «non svolge attività medica», spiegando che anche nei servizi di telemedicina la diagnosi vera e propria è effettuata a distanza da «medici specialisti accreditati con il SSN». Il farmacista agisce dunque come un intermediario qualificato che mette a disposizione locali e apparecchiature conformi alle regole della convenzione nazionale.
I giudici hanno inoltre ricordato che i farmacisti sono sottoposti a una «stringente disciplina per poter svolgere la loro attività», che comporta oneri economici e organizzativi significativi volti a garantire la continuità e la qualità del servizio. Per il TAR, questi adempimenti sono sufficienti a garantire la tutela della salute dei cittadini, rendendo superflue le richieste di accreditamento tipiche dei laboratori.
La fine delle polemiche strumentali
La sentenza ha destato grande soddisfazione tra i rappresentanti del settore. Marco Cossolo, presidente di Federfarma nazionale, ha accolto con favore la decisione evidenziando come queste parole mettano finalmente «a tacere ogni tipo di polemica strumentale sulla legittimità e sulla validità dei nuovi servizi disponibili in farmacia».
Dopo anni di tentativi di ostacolare questo modello — iniziati, come ricorda il TAR, già nel 2010 — la magistratura amministrativa mette un punto fermo: la farmacia non è un “piccolo laboratorio”, ma un centro di servizi integrato che risponde a un bisogno moderno di salute, dove rapidità, sicurezza e vicinanza al cittadino sono le parole d’ordine.


