Dal nuovo rapporto Euro Peristat di recente pubblicazione, nel 2019 nel nostro Paese il tasso di natimortalità e quello di mortalità neonatale sono risultati inferiori alla media europea. Di contro tuttavia il nostro Paese registra ancora un numero superiore di parti cesarei e pretermine rispetto alla media del Vecchio Continente

Il nuovo rapporto Euro Peristat (coordinato dall’INSERM di Parigi con il contributo, per l’Italia, dell’Istituto Superiore di Sanità, Istat, Ministero della Salute e Ospedale Bambino Gesù di Roma), che raccoglie e analizza una serie di indicatori di 27 Paesi europei rispetto alla salute materno infantile, giunto quest’anno alla sua quinta edizione,  ha messo in luce che nel 2019, in Italia, il tasso di natimortalità e quello di mortalità neonatale sono inferiori alla media europea.

La natimortalità indica il rapporto tra numero di nati morti e numero totale dei nati vivi e morti; la mortalità neonatale è pari al rapporto tra il numero di neonati morti entro i 28 giorni dalla nascita e il totale dei nati vivi. Di contro,  il nostro Paese ha mostrato dati più alti alla media UE rispetto a parti cesarei e pretermine.

I principali dati emersi dal rapporto

La natimortalità in Italia nel 2019 era pari a 2,7 nati morti ogni 1.000 nati a partire da 24 settimane di gravidanza, contro 3,2 della media europea, un valore che comunque racchiude al suo interno forti differenze: si spazia infatti dall’1,8 dell’Estonia al 4,7di Cipro. Il valore di 2,7 morti ogni mille nati è frutto di una contrazione dell’ultimo quinquennio che ha portato il valore da 3 a 2,7 appunto.

La mortalità neonatale in Italia nel 2019 era pari a 1,7 morti ogni 1.000 nati vivi a partire da 22 settimane di gravidanza contro 2,1 della mediana europea. Il valore più basso è stato quello dell’Islanda (0,5/1.000) a fronte del più alto registrato a Malta (4,3/1.000).

La mortalità infantile nel nostro Paese nell’anno in esame risultava pari a 2,6 morti nel primo anno di vita ogni 1.000 nati vivi, rispetto ai 3,1 del 2015. Nel 2019 il range tra i Paesi europei era compreso tra 0,9/1.000 in Estonia e 3,8/1.000 in Croazia e Ungheria.

L’età materna al parto

Un altro elemento analizzato era quello relativo all’età avanzata delle madri al parto, un dato questo che presenta grandi differenze tra i diversi contesti e negli anni. Nel 2019 l’Italia si presentava come il Paese con il più alto tasso di madri over 35 (34,4%), con un aumento di 1 punto percentuale rispetto a quanto rilevato nel 2015. All’8,8% le madri over40. Le donne under 20 si sono assestate all’1,4%, in calo dall’1,7% di 5 anni prima. Anche in Europa, nel periodo è stato riscontrato un calo di donne al di sotto dei 20 anni di età, salvo che a Cipro, Malta e Slovenia.

Gravidanze multiple, parti pretermine e cesarei

Le gravidanze multiple nel 2019 erano l’1,63% del totale dei nati italiani, in linea con quanto accadeva a livello europeo, il cui valore medio era pari a 1,6% con oscillazioni comprese tra 1,2% della Slovacchia e il 2,38% di Cipro. Nella maggioranza dei Paesi europei dal 2015 al 2019 il tasso di gravidanze gemellari è diminuito passando da 1,74% a 1,63%.

I parti pretermine nel nostro Paese hanno coinvolto il 7,5% dei nati in Italia (lo 0,9% tra 22 e 31 settimane di gestazione e il 6,4% tra 32 e 37 settimane), con una diminuzione di un punto percentuale rispetto al 2015, superiore alla media UE del 6,9%. Nello stesso anno i neonati di peso inferiore ai 2,5kg rilevati in Italia erano il 7,1% del totale, contro valori inferiori al 4,5% registrati nei paesi del nord Europa.

Il ricorso ai parti cesarei in Europa nel 2019 è stato del 26%, con oscillazioni molto significative che spaziano dal 16,4% della Norvegia al 53,1% di Cipro e, più in generale, con valori inferiori riscontrati nei paesi del Nord Europa. La percentuale italiana è stata del 33%, di cui 12,3% programmati e 20,7% eseguiti in emergenza. Nonostante il tasso italiano sia tra i più alti in Europa, dal 2015 al 2019 la percentuale di cesarei è scesa dal 36,5% al 33%.