Facile, direte voi, visto che negli ultimi anni, a partire dal periodo pandemico in poi, tanti sono stati gli eventi che hanno trasformato il lavoro quotidiano del farmacista, sia esso titolare o collaboratore, nell’ambito della farmacia territoriale aperta al pubblico.

Certo, se ci si fermasse a riflettere, non credo che alcuno di quei grandi indovini di cui parlavo pocanzi avrebbe mai potuto prevedere tempo addietro il ruolo svolto dalle farmacie private negli screening di massa per tracciare l’evoluzione del Covid-19 con i tamponi o, ancora più difficilmente, avrebbe mai potuto pensare allo straordinario contributo dato alla profilassi dalle stesse con le vaccinazioni di massa, che ha visto il farmacista prevalere nettamente rispetto alle altre figure professionali sanitarie.

Allora perché mai il prossimo dovrebbe essere un anno di ulteriori e così rilevanti cambiamenti? Stavolta non servono particolari doti da veggente per rendersi conto che tante sono le cause concomitanti che potranno contribuire a un’accelerazione verso nuovi modelli di farmacia e provo a elencarne alcune, citandole non secondo un criterio di importanza, ma semplicemente considerando che alcune di esse, avendo già vissuto una fase sperimentale, troveranno piena applicazione nel 2024.

Mi riferisco, per esempio, alla progressiva introduzione, nelle diverse Regioni, del modello di farmacia dei servizi che vedrà sempre più coinvolti i presidi territoriali della rete delle farmacie in attività di screening, in campagne di vaccinazioni e, soprattutto, in progetti di valutazione di aderenza alla terapia che confermeranno il valore aggiunto della farmacia come esercizio sanitario più prossimo, in termini sia concreti sia figurati, alle esigenze di salute del cittadino.

I primi dati raccolti nelle Regioni che per prime hanno avviato la sperimentazione sono particolarmente incoraggianti, soprattutto in termini di prestazioni erogate attraverso telemedicina e teleconsulto, e l’apprezzamento da parte del pubblico decisore per la pronta e corposa risposta, lascia ben sperare che si possa ampliare sempre più l’offerta in tale area di intervento coinvolgendo via via, quindi, le farmacie in attività che, seppur legate al mondo della salute, allargano gli orizzonti verso competenze sempre più ampie in campo sanitario.

Tornando al campo tradizionale dell’erogazione di farmaci e presidi sanitari, invece, sappiamo quanta attesa vi sia per il nuovo modello di remunerazione che l’attuale Governo è pronto a varare nel 2024. Non intendo entrare nel merito esclusivamente economico, né su quale sarà il suo impatto sui bilanci delle nostre farmacie, vorrei piuttosto sottolineare alcuni aspetti di carattere generale che sono contenuti nella nuova norma. Di sicuro il passaggio da un margine percentuale legato al prezzo al pubblico a un riconoscimento di un compenso fisso, seppur variabile con il variare delle fasce di prezzo, per la dispensazione del farmaco, rappresenta un approccio radicalmente innovativo rispetto al passato e attribuisce, per la prima volta va detto, un valore all’atto professionale svolto dal farmacista nel consegnare il farmaco al paziente.

Come potete ben vedere, si tratta di un paradigma completamente nuovo che di sicuro potrà avere benefici più tangibili in futuro, sganciando le nostre distinte contabili dal progressivo impoverimento legato al calo costante del prezzo medio dei farmaci erogati in convenzione e, semmai, incoraggiando un graduale, auspicabile, passaggio di principi attivi attualmente distribuiti in Dpc o in diretta verso la forma di distribuzione canonica della farmacia territoriale. A tale scopo, è particolarmente apprezzabile l’attività del Governo che ha inserito nella norma chiari riferimenti a periodiche revisioni da parte dell’Aifa dei prontuari dei farmaci erogabili attraverso i diversi modelli distributivi.

In aggiunta, sembra essere ormai maturo un pieno coinvolgimento delle farmacie nell’accesso al fascicolo sanitario del paziente, garantendo così un ruolo sempre più attivo del farmacista nella sanità territoriale e con l’intento di garantire maggiore omogeneità ai livelli di servizio erogati da Regione a Regione, che fino a ora rappresentavano un ostacolo insormontabile a raggiungere standard nazionali comuni.

Va da sé che questo tipo di riconoscimento professionale per il farmacista non è frutto di particolari concessioni, ma è semplicemente l’intendimento di avere, in un periodo di evidenti carenze nell’arruolamento di professionisti sanitari per garantire i servizi offerti dal Ssn, un contributo importante dal personale che opera nelle circa 20 mila farmacie aperte sul territorio. L’importante è, come ci ha insegnato l’esperienza vissuta durante negli ultimi tre anni, farsi trovare pronti come categoria a raccogliere la sfida e rispondere concretamente alle esigenze di salute dei cittadini.

Come i percorsi appena descritti dovrebbero, meglio usare sempre il condizionale, portare a positive evoluzioni per la nostra professione, così un altro processo già avviato da qualche anno produrrà i suoi frutti che, per chi come me è ancora legato alla farmacia libera e indipendente gestita da un titolare farmacista, saranno solo frutti poco commestibili. Mi riferisco allo sviluppo oramai ineludibile delle catene di farmacie che, seppur legittimate da una legge risalente ormai al 2017, stanno ora progredendo a vista d’occhio, trovando facilità di crescita grazie a una categoria che non ha mai sviluppato l’unico antidoto che avrebbe potuto neutralizzare le catene: la cultura dell’aggregazione tra colleghi titolari, accomunati dalla necessità di generare modelli alternativi a quelli del capitale.

Su questo versante, vedo ancora troppe nubi addensarsi sul futuro della nostra professione, con troppi episodi di “resa ancor prima di combattere”, che si traducono in cessioni della propria farmacia anche quando ci sarebbe ancora da svolgere al meglio la propria attività professionale se solo ci si organizzasse in modo coordinato e concretamente unitario, per meglio fronteggiare le farmacie di proprietà di gruppi con le quali è oggettivamente impossibile competere da singoli.

Mi auguro solo che, anche in questo caso, come capitato in altre circostanze, il farmacista sappia reagire e attrezzarsi rapidamente se vuole garantirsi ancora un ruolo da protagonista e non da comprimario nel prossimo futuro. In ogni caso, buon 2024 alla farmacia italiana!