Il farmacista “knowledge worker”: diventare leader in farmacia

La vendita è un processo complesso, che richiede una  fusione tra  esperienza e teoria: unire le tecnologie disponibili alle richieste dei clienti è una sfida che la farmacia affronta da sempre e la figura del farmacista “knowledge worker” incarna chi si muove in questo ambito facendo aggiornamento continuo e riscoprendo, giorno dopo giorno, come cambia il mercato

Lo sviluppo scientifico e tecnologico produce a velocità crescente nuove conoscenze, nuovi strumenti, nuove tecniche e nuove possibilità e modalità di utilizzo dei mezzi informatici, nuovi modelli di comunicazione come, per esempio, attraverso i social. Per questo, oggi, la “cultura” professionale di un farmacista, anche se molto giovane, potrebbe  invecchiare rapidamente se non aggiornata e rinnovata di continuo. Oggi, la funzione del farmacista è quella di essere un professionista dalle competenze scientifiche, di vendita, di comunicazione  sanitaria, di management e di imprenditorialità. L’insieme di queste competenze è sempre più rappresentato ”dall’età della  conoscenza“ piuttosto che da quella “anagrafica”.

Al farmacista “knowledge worker” è richiesto un nuovo modello di “competenze” non più basate sulla sola conoscenza del prodotto e, in misura minore, sul servizio scientifico

Il modello know-how, letteralmente “sapere come”, esprime una conoscenza e un’abilità operativa per saper svolgere una determinata attività. Attraverso il modello know-how le aziende di formazione del personale distinguono tre tipi di conoscenza:

il sapere – conoscenze codificate del settore attraverso studi universitari, master, ECM e conoscenza della letteratura;
il saper fare – conoscenza operativa, abilità pratiche, capacità nella gestione del problem solving, esperienze professionali specifiche;
il saper essere – capacità di comprendere il settore in cui si opera, abilità nel creare interazioni tra le parti sociali presenti nel contesto.

La situazione attuale, dove il diffondersi del Coronavirus Covid-19 crea  ansia e preoccupazioni nella popolazione che gravita intorno alla farmacia, ha visto il farmacista nel ruolo di fornitore di consigli tecnici “mixati” con la praticità dell’esperienza, a differenti tipologie di pazienti, di cittadini, di persone. Non solo ha messo a disposizione le proprie conoscenze attraverso modelli comunicativi off line, ma anche attraverso strumenti ”on line“ che vanno dalla comunicazione telefonica a quella attraverso i social. Tutto ciò rappresenta un nuovo modello di “competenze” richieste al farmacista. Quindi, questa “comunicazione di frontiera” ha dimostrato le capacità a trecentosessanta gradi di questa categoria di professionisti per quello che riguarda il concetto di salute e di come salvaguardarla. In un mondo governato da convinzioni acquisite attraverso le comunicazioni social media, analisi e commenti web, la risposta della  popolazione è stata quella di cercare nei “professionisti della salute “, soggetti esperti e disponibili ai quali poter porre una domanda, una rassicurazione. In pratica, dove la comunicazione scientifica istituzionale ha avuto un eccesso di informazione, spesso comunicativamente contrastante, con buon senso, il farmacista ha saputo ritornare a essere punto di riferimento territoriale della salute, così come il medico di medicina generale.

Dalla pianificazione del servizio alla qualità

Anche per la salute, ognuno di noi, sia esso cliente-paziente sia esso operatore sanitario, vive tre realtà: quella che conosce, quella che sa di non conoscere e quella che non sa di non conoscere. Di quest’ultima non c’è consapevolezza ma è da essa che si possono attingere idee e sulla quale poter apportare i cambiamenti più inattesi. Partendo dal presupposto che per le imprese i costi dell’attività di “vendita basati su personale specializzato” sono sempre più rilevanti, è assolutamente  necessario che questo personale aumenti il “valore” delle attività svolte. Quindi, emerge la necessità di staccarsi dal ruolo tradizionale e di  solista. Il farmacista  moderno non può più limitarsi a essere solamente un cultore delle tecniche scientifiche, della persuasione, delle attitudini e dell’empatia. Non può essere solo impegnato a scoprire i punti deboli del proprio interlocutore e servirsene per concludere una vendita. Piuttosto, è costretto a un’evoluzione che va dalla vendita di farmaci  a quella di operare nei servizi, allo studio della  vendita di soluzioni, a quella di idee e di conoscenze. In una sola parola, dall’improvvisazione si deve passare alla pianificazione. Ci si orienta al marketing, inconsapevolmente, quando si passa alla progettazione, alla programmazione e alla qualità. Il farmacista  assiste i clienti durante il loro processo di acquisto, quando è  convinto che le risposte vadano cercate insieme durante il processo di vendita (counselling). Si ispira a valori di collaborazione, ascolto, servizio, rispetto e fiducia. Si immerge, quindi, in una profonda evoluzione di competenze, esigenze, metodologie di lavoro e, quando ne prende  consapevolezza, lavora meglio ed è più soddisfatto. Quindi, deve impegnarsi per acquisire, fidelizzare e sviluppare nei clienti la soddisfazione di  almeno  parte delle loro esigenze.

Formare la professionalità

La “vendita” in farmacia  si sta trasformando da mestiere che si apprende facendo, la professione, a un modello pratico sempre più  guidato da basi teoriche. La professione del farmacista  ha una parte di conoscenze codificate e una parte di conoscenze implicite e soggettive accumulate via via dalla persona attraverso l’esperienza quotidiana. Quanto più la conoscenza codificata è rilevante rispetto a quella implicita, tanto più facilitata è la trasferibilità di una professione. Le conoscenze basate sulla clientela devono essere “proiettate” nel mercato di riferimento che i farmacisti  acquisiscono durante la propria esperienza lavorativa nell’area di riferimento della farmacia.  Questo vuol dire che il turn-over dei farmacisti obbliga l’azienda ad aspettare i tempi di apprendimento di un nuovo collaboratore, che  si inserisce nel contesto e ricostruisce la conoscenza della clientela caratteristica dell’impresa. Questa “ricostruzione” può perdere alcuni tasselli molto importanti posseduti dal farmacista precedente. Ne risulta che la messa a regime del nuovo farmacista sia rallentata e certamente è fondamentale ricomporla. Quindi, la proprietà della farmacia dovrebbe  avere un ruolo determinante nella formazione del nuovo. Questo è possibile  se conosce bene tecniche e competenze del predecessore. Quindi, la proprietà dovrebbe aver procedurizzato il piano di comunicazione aggiornandolo continuativamente perché caratterizzante l’azienda. Un esempio: aver creato cluster di clientela, da richiamare volta per volta per una comunicazione efficace e specifica, permette di non ripartire da zero. Chi svolge una “vendita professionale“ ha  un ruolo chiave nelle imprese dove la vendita personale è alla base del lavoro. È necessario far conoscere ai clienti tutti i possibili vantaggi che potrebbero trarre dall’acquisto di quel prodotto, i benefici, ma anche far presente gli effetti collaterali. La consapevolezza completa aumenta il valore della professionalità del farmacista. Va bene la persuasione del cliente, ma il valore aggiunto del farmacista è la produzione di “conoscenze” e la gestione dei flussi informativi. Il termine “knowledge worker”, coniato da Peter Drucker, calza bene con il lavoro del farmacista. Quest’ultimo andrebbe valutato in funzione delle conoscenze sviluppate e trasmesse non solamente attraverso le vendite realizzate. Da parte del farmacista sarà importante, quindi, valorizzare l’accrescimento del proprio ruolo, l’arricchimento delle proprie capacità di persuasione e trasmissione delle conoscenze. Solo il “farmacista know” aumenta, sviluppa e progredisce le proprie capacità  di ricerca.

Il professionista moderno non può più limitarsi a essere solamente un cultore delle tecniche scientifiche e della persuasione ma è costretto a un’evoluzione che va dalla vendita dei farmaci allo studio della vendita di soluzioni.

Le competenze del farmacista “knowledge worker”

Professionista intellettuale, leader professionale, imprenditore professional dotato di conoscenze teoriche strutturate e spesso certificate, significative esperienze e competenze applicative: queste le capacità e le attitudini del farmacista ideale. Il quadro generale delle competenze, da cui discendono i comportamenti che il “farmacista knowledge worker“ dovrebbe  sviluppare-potenziare per migliorare le proprie prestazioni, sono riconducibili alle capacità di:

• intraprendere: decidere, in funzione delle opportunità di mercato, impiegare al meglio le proprie risorse di tempo, di energia, di conoscenza, scegliendo in funzione degli obiettivi da raggiungere (skills da imprenditore);
• consigliare: individuare i problemi e i bisogni del cliente che possano essere soddisfatti con il prodotto-servizio offerto (skills da consulente);
comunicare: far accettare ai clienti i propri suggerimenti, spingendoli all’azione (skills da comunicatore della salute).

Il farmacista knowledge-worker dovrà sviluppare competenze tipiche dell’imprenditore, del consulente e del comunicatore contemporaneamente.

Le competenze da imprenditore

L’imprenditore nasce per creare innovazione e la misura del suo successo è la quantità di profitto generato. Farmacista  e imprenditore nel proprio lavoro, quindi, condividono le competenze per:

1. attuare un atteggiamento positivo nel gestire le relazioni e le attività;
2. studiare il mercato della domanda e dell’offerta – nella strategia di marketing vengono proposti dalla letteratura quattro punti base da seguire:
segmentazione: definizione dei confini del mercato all’interno dei quali è economico e conveniente operare;
posizionamento: è una lettura del processo di offerta;
vantaggio competitivo: cerca di capire quanto sono difendibili le idee dell’azienda da quelle dei competitori;
marketing mix: è come si presenta complessivamente la domanda dell’azienda;
3. organizzare le informazioni per facilitarne il reperimento e l’utilizzo;
4. decidere come impiegare il tempo per assicurarsi di raggiungere gli obiettivi;
5. pianificare le attività per accelerare l’apprendimento.

Le competenze da consulente

Il consulente aiuta il proprio cliente a individuare, capire e intervenire sugli eventi che si verificano. Coinvolge il cliente-paziente  nella fase diagnostica perché, per esempio, solo egli sa cosa è fattibile e cosa funziona nel contesto culturale della propria famiglia. Il processo di consulenza ha vari punti di contatto con quello di vendita. In entrambi il cliente-paziente necessita di un aiuto e solo un atteggiamento del farmacista improntato alla disponibilità e alla cooperazione può dare un concreto aiuto al cliente-paziente nel trovare soluzioni. Il “farmacista  know” analizza gli obiettivi che il cliente intende ottenere e i problemi che vuole risolvere, verifica se la propria proposta lo può aiutare a conseguire questi risultati e, in caso positivo, si impegna per convincerlo ad accettare e ad attuare la propria strategia.

Le competenze da comunicatore

Il “farmacista know”, che ha già verificato i punti di vista dei clienti-pazienti, vuole spingerli a prendere una decisione, impegnarli a svolgere delle attività. Le sue competenze da comunicatore consentono di svolgere un’opera di convincimento, influenzando la decisione del cliente  nella direzione voluta. La comunicazione trasmessa dal “farmacista know” è caratterizzata da un contenuto (parole, frasi, argomento), da un messaggio vocale (tono, velocità, ritmo, volume) e da un messaggio analogico (gestualità, mimica, postura). Il messaggio vocale e quello analogico hanno un impatto molto più forte sui propri interlocutori. Il “farmacista know” ha la padronanza di tutte e tre le tipologie di comunicazione e, quindi, sa evitare che i propri messaggi vengano compresi in modo distorto dal cliente-paziente. Inoltre, è in grado di:

1. suggerire le soluzioni posizionandole sui criteri decisionali più importanti del cliente paziente;
2. spingere il cliente-paziente all’azione;
3. mantenere la relazione con il cliente-paziente seguendo l’evoluzione dei suoi bisogni nel tempo.

In conclusione, in un contesto in cui il costo del personale risulterà superiore a quello di qualsiasi altro “media”, sarà impellente l’esigenza di reinventarsi da parte del “farmacista knowledge worker”, non solo perché in una farmacia la sua presenza è obbligatoria. Chi si mette in discussione, accresce la propria cultura personale e affronta con resilienza il passaggio dall’attività di dispensatore di farmaci a quella di  “life science professional”. Il sistema salute lo richiede, i pazienti lo richiedono. Quando pazienti e Istituzioni lo richiedono, è  il mercato della salute che va soddisfatto.