L’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS, considera la violenza contro le donne uno dei principali problemi di salute pubblica: basti pensare che a livello globale 1 donna su 3 ha subìto violenza sessuale o fisica nel corso della propria vita. 

Il percorso protetto nei PS italiani

Le donne italiane vittime di violenza che arrivano in Pronto Soccorso possono trovare un percorso protetto che garantisce: cura, sicurezza e orientamento ai servizi antiviolenza per sè stesse e per i figli minori. In Italia si stima che circa l’8,6 % delle donne vittime di violenza che si rivolge al pronto soccorso, accede più di una volta.

Le Linee Guida sul Percorso per le donne vittime di violenza

Con il Dpcm del 24 novembre 2017 sono entrate in vigore le Linee Guida sul Percorso per le donne che subiscono violenza. Le stesse forniscono alle aziende sanitarie e ospedaliere strumenti operativi per riconoscere la violenza, identificarne aspetti e protagonisti, supportare la vittima, stimare il rischio per la sua tutela, documentare con precisione la violenza, informando e indirizzando la vittima ai centri parte della rete.

L’indagine condotta 

A distanza di cinque anni, il Ministero della Salute, al fine di verificare lo stato di attuazione delle Linee Guida, ha promosso un’indagine, condotta tra giugno e settembre 2023, attraverso la diffusione di un questionario rivolto a tutte le strutture sanitarie con Dea di I o II livello, pronto soccorso o pronto soccorso pediatrico.

Accessi in PS per violenza, dati in aumento

«Il nostro servizio sanitario mette a disposizione di tutte le donne una rete capillare di servizi sul territorio e il pronto soccorso è il luogo dove è possibile intercettare la vittima di violenza perché è qui che si cerca il primo intervento sanitario – ha sostenuto il Ministro della Salute, Orazio Schillaci intervenendo all’evento – Come emerge dai dati del Sistema Emur per il monitoraggio dell’assistenza in emergenza-urgenza, nel 2022 in Italia sono stati 14.448 gli accessi di donne in pronto soccorso con indicazione di violenza, con un aumento del 13% rispetto al 2021. E’ dunque fondamentale garantire percorsi di assistenza adeguati e una appropriata formazione degli operatori sanitari affinché possano riconoscere, assistere e indirizzare tempestivamente per la presa in carico nei percorsi delle apposite reti territoriali i casi di violenza sulle donne che si presentano al pronto soccorso».

I risultati dell’indagine

A rispondere al questionario è stato l’80% delle strutture, pari a 497 Pronto Soccorso su 618. Le tematiche indagate riguardavano l’accesso in PS, il trattamento diagnostico terapeutico, la dimissione, la rete territoriale per la presa in carico e la formazione.

I risultati hanno messo in luce che: il 77% delle strutture ha in uso i protocolli attuativi del percorso per le donne che subiscono violenza; nel 79% delle strutture con un referente del percorso e nel 59% dei casi con una équipe multidisciplinare dedicata.

L’83% dei pronto soccorso assicura procedure diversificate e modalità di dimissione protetta nel caso di valutazione a rischio alto.

Formazione, aggiornamento, comunicazione

Per quanto riguarda le attività di formazione e aggiornamento, le stesse sono presenti nel 79% dei Pronto Soccorso. Per quanto concerne la comunicazione, nel 98% delle strutture la donna viene informata della presenza di centri antiviolenza sul territorio e nel 99,6% è garantita una puntuale informazione sulla possibilità di sporgere querela, anche contattando direttamente le forze dell’ordine.

Inoltre, per donne originarie di altri Paesi che non conoscono la lingua, il 79% dei Pronto Soccorso assicura il supporto di mediatrici linguistico-culturali per via telefonica, mentre la loro presenza viene assicurata solo nel 44% delle strutture.

La gestione di figli minori

Ancora, la quasi totalità delle strutture, pari al 94%, garantisce, in presenza di figli minori, la possibilità che gli stessi possano restare con la madre e che siano coinvolti nel suo stesso percorso. Nel 62% delle strutture è presente un sistema per l’accompagnamento delle donne e degli eventuali figli a una struttura protetta esterna.

Elementi di criticità 

L’indagine ha evidenziato anche alcuni aspetti che necessitano di una ulteriore implementazione. Basti pensare che solo il 28% delle strutture che ha risposto al questionario ha dichiarato una presa in carico sociale attiva h24 e che solo il 39% prevede figure di supporto per le donne con disabilità.