Grave, indotta da specifici batteri, per lo più streptococchi o stafilococchi, merita un approccio tempestivo. A carico soprattutto degli arti inferiori, può svilupparsi in qualsiasi sede corporale

Una patologia seria, da non sottostimare per le possibili implicazioni dovute a uno stato progressivamente ingravescente in caso di mancato trattamento, tempestivo e adeguato. È la grande caratteristica che differenzia la cellulite batterica, una condizione clinica vera e propria, dalla classica cellulite, un’alterazione estetica, clinicamente nota come panniculopatia edemato-fibrosclerotica.

Il giusto nome

Nonostante il termine “cellulite” che spartiscono, traendo in inganno, cellulite e cellulite batterica sono due condizioni distinte e ben differenti per severità, manifestazioni cliniche e approccio terapeutico. Unico elemento che le accomuna è l’interessamento del grasso sottocutaneo, ovvero del tessuto profondo della pelle. «Al pari della cellulite – spiega Leonardo Celleno, medico chirurgo, specializzato in dermatologia e venereologia – anche la cellulite batterica coinvolge nel suo processo evolutivo il derma e il tessuto sottocutaneo, quello che definiamo tradizionalmente grasso. L’interessamento di queste sedi è anche alla base della coniazione del nome “cellulite”, dato alla patologia, poi passato a definire in maniera più generica la panniculopatia edemato-fibrosclerotica.

Tuttavia, la semplice osservazione dell’area interessata evidenzia la diversità sensibile delle due condizioni. Un aspetto a buccia di arancia della cute, nella cellulite, espressione tipica dell’inestetismo che la caratterizza, e una sintomatologia clinica chiara ed evidente nella cellulite batterica che la connota, invece, come patologia. Infatti, quest’ultima è caratterizzata da una pelle che appare arrossata, gonfia, calda, tumefatta, dolente al tatto. Sintomi che sono talvolta accompagnati anche da febbre. L’aspetto della cute a buccia di arancia nella cellulite batterica è solo lievemente accennato».

La diagnosi e le cause

Le manifestazioni della cellulite batterica, chiaramente percepibili all’osservazione e al tatto, ovvero facilmente riconoscibili a un occhio esperto, rendono la diagnosi eminentemente clinica. «La patologia si innesca quando “comuni” batteri riescono a superare le difese dell’epidermide, marciare all’interno della cute, per poi localizzare nello strato profondo della pelle, nel tessuto sottocutaneo, e nell’ipoderma».

La patologia può avere una causa mulitfattoriale, la più comune è rappresentata dalla ferita, facile porta di accesso per i batteri, alla quale se ne aggiungono diverse altre, quali punture di insetti, ustioni, traumi meccanici, infezioni fungine, vesciche, punture da ago o alcune condizioni cliniche come l’insufficienza venosa e l’obesità. Inoltre, tra le variabili che ne possono indurre lo sviluppo, ci sono anche cluster specifici di pazienti: «La cellulite batterica – aggiunge il professore – è molto più comune nei diabetici, nelle persone anziane, negli immunodepressi o in presenza di specifiche condizioni cliniche, prima fra tutte, come anticipato, l’insufficienza venosa degli arti inferiori.

Normalmente, la pelle ha le difese per proteggersi e gestire l’attacco batterico, tuttavia, una ferita profonda o anche una piccola ferita che si richiude ne compromettono l’efficienza. Anche in questo secondo caso i batteri entrati nella cute, dove permangono protetti dalla cicatrizzazione e non ricevendo più ossigeno, sviluppano un’infezione».

Sono trigger della cellulite batterica proprio quei batteri che normalmente (con)vivono sullo strato superficiale della pelle. Si possono includere, per esempio, lo streptococco, lo stafilococco aureo e alcuni altri della stessa famiglia, l’agalactiae, più tipico dei pazienti con diabete. Di norma e nella gran parte dei casi, si tratta di batteri non patogeni ma che lo possono diventare in funzione della localizzazione nelle profondità della cute.

A questi si possono aggiungere altri batteri quali i bacilli Gram negativi, come Haemophilus influenzae che si riscontrano di preferenza in pazienti compromessi, lo Pseudomonas aeruginosa o ancora Enterobacter e Helicobacter più frequenti in pazienti immunocompromessi come soggetti con Hiv (Aids). Dunque, l’origine del battere è quanto mai diversa e dipende da tanti fattori.

Prevenzione

Sono poche, ma comunque efficaci, le azioni che possono essere impiegate nella prevenzione della cellulite infettiva: «L’igiene è la prima strategia da mettere in campo, mantenendo sempre la ferita ben pulita e disinfettando l’area interessata dalle diverse manifestazioni cliniche.

La seconda azione, sempre in un’ottica di prevenzione, è l’attenzione da prestare alla ferita. Al primo sintomo di rossore, gonfiore, alterazione della lesione/zona, è prioritario rivolgersi al medico. A questo obiettivo di prevenzione può contribuire efficacemente il farmacista, sia da punto di vista terapeutico, fornendo un primo approccio farmacologico, anche Otc, in caso di forme molto iniziali di cellulite batterica, gestibili anche con farmaci più “blandi”, sia avviando il paziente al medico, laddove, presa visione delle ferita/lesione/manifestazioni in atto, ravvisi che la condizione è meritevole di un approccio più aggressivo e mirato. Inoltre, può fornire al paziente indicazioni “educazionali” in relazione alla corretta gestione/pulizia della ferita» conclude Celleno.

Leggi l’articolo completo su Tema Farmacia di gennaio